Due intense pagine della musica da camera ottocentesca nella mirabile interpretazione dell'Ars Trio
I musicisti dell’Ars Trio di Roma, il pomeriggio del 30 ottobre hanno offerto al pubblico del Palacultura, per la stagione concertistica della Filarmonica Laudamo, due pagine preziose e raffinate della musica da camera dell’ottocento. Protagonista ancora una volta Brahms, come è avvenuto per il concerto inaugurale, stavolta insieme a Ludwig Van Beethoven. I musicisti che compongono questa bella realtà nel panorama della musica da camera internazionale, Laura Pietrocini al pianoforte, Marco Fiorentini al violino e Valeriano Taddeo al violoncello, hanno eseguito, nella prima parte del concerto, il trio op. 70 n. 2 in mi bemolle maggiore di Beethoven.
Pubblicato nel 1809 insieme al suo più celebre gemello (op. 70 n. 1, detto Trio degli Spiriti) è immeritatamente meno famoso ed eseguito del primo. Di indole totalmente diversa, tanto il primo presenta caratteri demoniaci, misteriosi e inquietanti, quanto il secondo è solare e impregnato di quella grazia ed eleganza che preludono all’ultima maniera di Beethoven. Infatti, dopo un’introduzione “Poco Sostenuto” al primo movimento “Allegro ma non troppo”, lenta e pensierosa, subito le ombre si dissipano nell’allegro, ricco di meravigliosi spunti melodici, di luce e serenità. Se il secondo movimento, “Allegretto”, presenta qualche aspetto di drammaticità nelle modulazioni dalla tonalità maggiore a quella minore, si può affermare tuttavia che l’intero Trio è pervaso di una atmosfera bucolica, perfino il terzo movimento, costituito, in luogo del solito movimento lento, da un “Allegretto non troppo”, dal carattere tenero e affettuoso, definito dal critico Carli Ballola “più schubertiano dello stesso Schubert”. Il movimento, come del resto tutto il Trio, che si conclude con un sereno “Finale: Allegro”, pare anticipare quegli stupendi capolavori del musicista di Bonn che vedranno la luce alcuni anni dopo, l’ultima Sonata per violino e piano op. 96 in sol maggiore e la Sonata per piano op. 90 in mi minore, opere che traghettano il percorso artistico di Beethoven verso le ultime, straordinarie e avveniristiche composizioni (le ultime sonate per piano e gli ultimi quartetti). Impeccabile l’esecuzione del Trio, che ha mostrato nel complesso un notevole affiatamento e soprattutto il piacere di fare musica insieme. Nella seconda parte è stato eseguito il Trio op. 8 in si maggiore di Johannes Brahms. Si tratta di un’opera singolare, un unicum nella letteratura della musica da camera, in quanto il trio, giovanile – la prima composizione per musica da camera di Brahms, poco più che ventenne – fu riveduto dallo stesso autore ben trentacinque anni dopo, nel 1854. La prima versione ebbe già notevole successo, tuttavia Brahms volle depurare la composizione di quegli eccessi di esuberanza giovanile, riducendo anche in lunghezza il capolavoro, e riconducendolo ad una rigore classico, proprio dell’ultimo Brahms, conferendogli così maggior equilibrio, ma, secondo alcuni, a discapito di quell’ardore giovanile così entusiasmante e immediato della versione originaria. È un fatto comunque che la seconda versione abbia ormai soppiantato la prima sia nelle esecuzioni concertistiche che nella discografia. Il primo dei quattro movimenti “Allegro con brio”, presenta un tema principale appassionato, bellissimo, che si impone per il forte carattere e dal quale scaturiscono anche gli altri temi. Lo “Scherzo – Allegro molto. Trio: Meno Allegro“ risulta curiosamente praticamente identico alla versione originaria, a riprova che il suo valore musicale era già elevato; delizioso il Trio, ispirato alla musica popolare, a ritmo di valzer. Segue il movimento lento, un “Adagio”, dal sapore quasi religioso, profondo, molto ispirato, ed infine il “Finale: Allegro”, il più rimaneggiato nella seconda versione, traboccante di ottimismo.
Anche Brahms è stato interpretato in maniera eccellente dall’Ars Trio, come confermato anche dall’attenzione e dal gradimento del pubblico in sala. Performance infatti molto apprezzata dal pubblico presente – numeroso se consideriamo che i trii solitamente non attirano il grande pubblico ma solo gli iniziati – che ha mostrato di gradire alquanto l’interpretazione dei bravi musicisti, invocando con forza il bis. L’Ars Trio ha eseguito allora una Miniatura Viennese di Fritz Kreisler, celebre violinista viennese della seconda metà dell’ottocento, ma anche compositore, un brano che ricorda appunto le spensierate danze viennesi, allegro e trascinante, un piccolo anticipo del Capodanno, una vera ventata di allegria in un giorno tristissimo per questo paese, scosso dalla violenza dei terremoti.
Giovanni Franciò