Filippo Gamba ed Erica Piccotti eccellenti interpreti della più celebre delle sonate per violoncello di Beethoven

Filippo Gamba ed Erica Piccotti eccellenti interpreti della più celebre delle sonate per violoncello di Beethoven

Giovanni Francio

Filippo Gamba ed Erica Piccotti eccellenti interpreti della più celebre delle sonate per violoncello di Beethoven

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domenica 07 Aprile 2019 - 19:31

Sabato u.s. la stagione musicale dell’Associazione V. Bellini ha ospitato una violoncellista poco meno che ventenne (diplomatasi in violoncello ad appena 14 anni), Erica Piccotti, interprete, insieme al noto pianista Filippo Gamba, di un programma “importante”, che ha compreso, tra l’altro, un monumento di questo genere musicale, la celeberrima Sonata op. 69 di Ludwig Van Beethoven. Il concerto è stato offerto dall’Associazione “Musica con le Ali” presieduta da un mecenate dei giorni nostri nel campo musicale, Carlo Hruby. Il concerto si è aperto con il Fantasiestucke op. 73 di Robert Schumann, un affascinante brano romantico, che potrebbe definirsi un notturno – ed infatti il titolo originario era “Soirée-stucke” (pezzo notturno) – composto da tre movimenti: “Zart und mit Ausdruck” (Delicato e con espressione), “Lebhaft, leicht” (Animato, leggero) e “Rasch und mit Feuer” (Rapido e con fuoco). Questo piccolo capolavoro fu composto originariamente per clarinetto e pianoforte – ed infatti la prima rappresentazione vide esibirsi il clarinettista Johann Kotte accanto a Clara Schumann al piano – ma può essere eseguito sia dal violino che dal violoncello. Ricchi di spunti melodici – in particolare il primo movimento – questi tre brevi brani sono strettamente connessi fra di loro e si caratterizzano dal continuo alternarsi delle tonalità maggiore e minore. In essi Schumann riversa tutta la poesia che aveva ispirato le sue precedenti composizioni per piano solo. Ha fatto seguito l’esecuzione di “Pohàdka” (fiaba, racconto) di Leos Janacek, una breve composizione per violoncello e pianoforte composta dal musicista moravo nel 1910, pertanto un’opera della maturità, nonostante dal catalogo della musica da camera del musicista risulti essere la prima opera compiuta. È ispirata alla fiaba dello zar Berendej, poema epico in versi ottocentesco del poeta russo Vasilij Andreevič. I tre brevi movimenti di cui si compone l’opera – “Con moto. Andante. Allegro”; “Con moto (sol bemolle maggiore). Adagio poco rubato”; “Allegro” – presentano insieme spunti melodici e brillanti. Nel primo movimento, dal carattere di preludio, il violoncello sviluppa un canto dai toni inquieti e drammatici, mentre il secondo movimento è basato più sull’accentuazione ritmica. Il terzo movimento infine assume le vesti di una danza di chiare origini slave. La Sonata in la maggiore op. 69, nei suoi quattro tempi: Allegro ma non tanto; Scherzo: Allegro molto; Adagio cantabile; Allegro vivace, rappresenta una delle creazioni più prodigiose di Beethoven. Il musicista di Bonn può considerarsi a buon diritto il re insuperato nel genere della Sonata per violoncello e pianoforte: ha infatti composto cinque sonate fondamentali sotto il profilo storico musicale, in quanto per la prima volta nella musica da camera il violoncello assume dignità pari allo strumento con cui dialoga, e non si limita ad accompagnare il piano solista. Come giustamente afferma Carli Ballola, con queste sonate “ha inizio, praticamente, un nuovo capitolo della storia della musica da camera”. Le sonate però sono anche importantissime per il loro sommo valore estetico, e l’op. 69, come le ultime due (op. 102) sono rimaste praticamente ineguagliate. L’op. 69 in particolare, la terza delle cinque sonate per violoncello e pianoforte, dedicata all’amico barone Ignaz von Gleichenstein, è un capolavoro ricco di poesia, dove tutto e nobile e luminoso. In tutti i quattro movimenti il suono caldo del violoncello dialoga con il pianoforte in continua domanda e risposta, cantando molteplici temi uno più bello dell’altro, tutti tipicamente beethoveniani, e l’intera sonata sembra infondere un senso di gioia e serenità, appena velata da qualche ombra di malinconia. Eccellente l’interpretazione dei due artisti, sempre attento e preciso Filippo Gamba, particolarmente efficace nei passaggi più lirici delle intense composizioni eseguite; di stupefacente maturità artistica Erica Piccotti, che ha sfoggiato notevole sicurezza tecnica ma anche una profonda empatia con il suo strumento – un violoncello Ruggeri (Cremona) del 1692, che ha suonato con grande intensità interpretativa, come una veterana dello strumento. Certo alcune acerbità proprie della giovinezza si sono avvertite, un eccesso d’impeto in taluni passaggi (i “pizzicato” della Sonata beethoveniana, per esempio), una generale frammentarietà del discorso musicale, ma sono tutti aspetti appunto dovuti alla giovanissima età e destinati ad un sicuro superamento. Degna di nota anche l’ottima intesa fra i due musicisti. Dopo la serenità e gioia infusa dalla sonata di Beethoven, i due bis concessi dalla coppia di artisti, richiesti a gran voce da un pubblico entusiasta, “Aprés un reve” di Faurè e la prima Romanza di Schumann – composta originariamente per oboe e pianoforte – di carattere serio e mestamente malinconico, hanno dato modo alla giovane violoncellista di esibire le sue straordinarie (per la giovane età) doti interpretative. Le aspetta sicuramente un fulgido futuro.

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