Per il suo primo lungometraggio, Quentin Tarantino, che aveva già avuto successo come autore – vendendo per cinquantamila dollari la sceneggiatura di Una vita al massimo (True Romance) e per ben quattrocentomila dollari quella di Assassini nati – Natural Born Killers, diretto poi da Oliver Stone nel 1994 – si apprestava a confrontarsi con un budget di soli trentamila dollari, che avrebbe causato, tra le altre conseguenze, l’uso di attori non professionisti anche per i ruoli principali. La sceneggiatura di Reservoir Dogs però, finì in mano ad Harvey Keitel, che aveva alle spalle una carriera più che ventennale – fatta di film come Mean Street, I duellanti e Taxi driver – e che, reputando convincente il progetto di Tarantino, decise di partecipare al film sia come attore che come co-produttore. Con il budget finale salito a un milione e duecentomila dollari, e girato appena in cinque settimane nell’estate del 1991, Reservoir Dogs fu ammesso al Sundance Film Festival, ottenendo immediatamente consensi – più dalla critica che dal pubblico, all’inizio. In Italia il film venne distribuito dapprima con il titolo Cani da rapina, ottenendo scarso successo, e successivamente col titolo definitivo Le iene, con ben altri risultati.
La storia inizia con sette uomini seduti in una tavola calda. Parlano di musica e della convenzione di dar la mancia – negli USA, molto meno arbitraria che da noi. Potrebbero essere comuni colleghi di lavoro, e in un certo senso lo sono, anche se il loro lavoro è tutt’altro che comune. I sette, infatti, stanno organizzando una rapina ai danni di un grossista di diamanti. Non sono dei disperati che non riescono a sbarcare il lunario e tentano il colpo che gli cambi la vita; sono dei professionisti del crimine. Joe Cabot è il capo di quella che intuisce essere una organizzazione criminale molto potente, e di “affari” del genere, affidandosi a gente esperta, ne organizza spesso. I sei esperti (interpretati da Harvey Keitel, Tim Roth, Michael Madsen, Steve Buscemi, lo stesso Tarantino ed Edward Bunker) sono stati scelti proprio perché esperti del mestiere. Non si conoscono e hanno l’obbligo di non farlo, con seguente divieto di parlare di loro stessi e anche di usare i propri nomi. Per il pubblico, infatti, saranno Mr. White, Mr. Orange, Mr. Blonde, Mr. Pink, Mr. Brown e Mr. Blue.
Il fatto che si tratti di gente esperta non eviterà che il colpo non fili liscio come era stato programmato, e le iene – o cani da rapina che dir si voglia – sfogheranno la propria aggressività l’uno contro l’altro, come anticipa lo slogan promozionale: amici prima… iene dopo… finiranno per sbranarsi tra loro.
“Non penso che il pubblico fosse pronto. Non sapevano cosa fare con Le iene. Fu come il primo film muto, quando la gente vide il treno che arrivava verso la telecamera e uscì dalla telecamera” scrisse il critico Jami Bernard. Tarantino, infatti, diede vita a una pellicola sorprendente, certamente cinica e violenta, ma anche attenta a approfondire i desideri e le paure umane.
Rispetto a tante “americanate” che puntano su costosi effetti speciali per coinvolgere il pubblico pur presentandogli un’opera priva di veri contenuti, Tarantino, con pochissima azione e un film quasi interamente girato in interno, ci mostra una volta di più che per arrivare sul serio al cuore e alla mente degli spettatori – e soprattutto per restarci dentro – servono più di ogni altra cosa fantasia e talento.
La citazione: “Fate Mezzogiorno di fuoco in una gioielleria e vi sorprendete perché arrivano gli sbirri?”
La curiosità: Pur risultando assolutamente credibile nella scena in cui tortura il poliziotto prigioniero, Michael Madsen ebbe grandi difficoltà nel recitarla. Madsen, all’epoca diventato padre da poco, faticò molto a sopportare l’implorazione “ho un bambino piccolo” pronunciata proprio dall’attore che interpretava il poliziotto.
I due ruoli minori: Tra i sei componenti della banda creata ad hoc per il colpo, i ruoli minori – praticamente dei camei – sono quelli di Mr. Brown e Mr. Blue, interpretati rispettivamente proprio da Quentin Tarantino – quando si trova davanti alla macchina da prese le scene sono girate da Frank Rodriguez – e Edward Bunker, scrittore amatissimo da Tarantino. Bunker, autore di romanzi e soggetti per il cinema – tra cui Vigilato speciale, acquistato e interpretato da Dustin Hoffman – ha trascorso parte della propria vita davvero come un criminale, scontando lunghe pene detentive, come racconta nel meraviglioso Educazione di una canaglia.
La scena cult: Tutte quelle di dialogo – anche se ciò in fondo equivale a dire tutto il film. Tarantino è probabilmente il regista più discusso degli ultimi trent’anni, e raramente suscita posizioni di indifferenza. In genere, i suoi film o si adorano o non piacciono per nulla. Considerato da alcuni un autentico genio e l’inventore di un genere a sé stante, e da altri semplicemente un furbo utilizzatore di scene altrui, il regista originario di Knoxville in Tennessee ha sicuramente un modo di raccontare caratterizzato da connotati ben definiti, e uno di questi sta proprio nel modo in cui i personaggi parlano tra loro. Molti autori considerano i dialoghi l’elemento più difficile da scrivere, perché si rischia di usare un modo di parlare che il pubblico non riconosce, e quindi di allontanare gli spettatori. Bisogna dire che spesso, sentendo parlare i personaggi di Tarantino, viene da chiedersi chi parli davvero così, eppure, allo stesso modo, si rimane ad ascoltarli col fiato sospeso anche quando parlano di quali stazioni radio passino le migliori canzoni degli anni ’70.
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