Nel corso dell'inchiesta i finanzieri hanno verificato centinaia di conti correnti. Quantificata in oltre 2 milioni di euro la somma distratta. Circa 5 milioni e 500mila euro il controvalore dei tributi evasi.
Avrebbero svuotato le casse di una società edile che fatturava circa 1 milione e 500mila euro all’anno, dirottando i soldi verso i propri conti correnti o altre ditte a loro vicine, per poi dichiararne il fallimento.
È di bancarotta fraudolenta l’accusa per un imprenditore messinese di 67 anni operante nel settore edile, finito adesso ai domiciliari, e per un altro imprenditore, sempre messinese e di 56 anni, per cui invece è stato disposto il divieto
temporaneo di esercitare attività imprenditoriali per 12 mesi. A siglare il provvedimento è stato il Gip Salvatore Mastroeni a conclusione di una serie di indagini certosine portate avanti dalle Fiamme Gialle di Messina. Oltre ai due imprenditori, a finire nel calderone sono stati altri due messinesi per cui il Giudice ha disposto un obbligo di dimora ed uno di presentazione alla polizia giudiziaria. Finiti sotto sequestro anche i conti correnti intestati a quattro società, l’intero complesso dei beni aziendali, nonché quote di capitali ed azioni intestate agli indagati, per un valore complessivo di circa due milioni di euro.
Le indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore Antonio Carchietti, hanno permesso di accertare che i quattro messinesi, insieme ad altri cinque compiacenti, avrebbero portato via grosse somme di denaro dal patrimonio di una Società operante nel settore delle costruzioni, sia con lavori affidati da Enti pubblici che privati, per favorirne la bancarotta.
“Uno strutturato progetto criminoso” che sarebbe stato portato a termine attraverso svariate operazioni commerciali nonché attraverso il dirottamento dei lavori pubblici appaltati ad altre imprese.
L’attenzione degli investigatori, in particolare, si è concentrata sulla simulazione di atti quali la cessione di “rami d’azienda”, sistematici prelievi di denaro contante dai conti societari, alterazione della contabilità, costi fittizi, annotazione di meri giroconti e storni privi di qualsiasi giustificazione economica, nonché distrazione di risorse finanziarie e mezzi aziendali di valore.
È anche emerso che, in alcuni casi, i beni e le somme stornate venivano nascoste nei conti personali o nelle casse di altre società coinvolte, grazie anche alla compiacenza di alcuni dipendenti e collaboratori che adesso risultano indagati.
Per danneggiare la Società e procurarne il fallimento, gli imprenditori avevano anche rinunciato a grossi appalti pubblici a favore di altre società consenzienti.
I provvedimenti di oggi giungono al termine di una complessa attività investigativa che ha infine permesso ai finanzieri di spulciare centinaia di conti correnti e quantificare in oltre 2 milioni di euro la somma distratta ed in circa 5 milioni e 500mila euro l’importo dei tributi non versati all’Erario.
(Veronica Crocitti)