Corsi d'oro 2, è il giorno decisivo prima della sentenza per Genovese &co

Corsi d’oro 2, è il giorno decisivo prima della sentenza per Genovese &co

Alessandra Serio

Corsi d’oro 2, è il giorno decisivo prima della sentenza per Genovese &co

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domenica 22 Gennaio 2017 - 23:04

Dopo la replica dell'Accusa, la Corte andrà in camera di consiglio e la sentenza sul caso Genovese potrebbe arrivare in serata. La Procura ha chiesto 11 anni per l'onorevole. Tutto quello che c'è da sapere sull'indagine, il processo, i protagonisti.

E’arrivato il giorno decisivo al processo sul caso Genovese. Oggi si torna in aula, davanti la Corte della I sezione penale del Tribunale, presieduta dalla dottoressa Silvana Grasso, per dare nuovamente la parola all’Accusa. L’ufficio di Procura che ha seguito il processo, ovvero il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, affiancato dai sostituti Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, ha chiesto di contro replicare agli interventi dei difensori, susseguitisi tra settembre e fine dicembre. Poi la Corte entrerà in camera di consiglio per uscirne col verdetto. Quello che sarà deciso tra oggi e domani è la seconda tranche processuale scaturita dall’inchiesta sulle presunte truffe portate avanti attraverso gli enti di formazione professionale messinese, in particolare l’Aram, l’Ancol e Lumen.

L’INDAGINE parte da lontano, dai primi esposti dei lavoratori della formazione professionale siciliana, poi da un dossier segreto consegnato agli investigatori da un addetto regionale che operava nel settore. Il lavoro degli investigatori, però, entra nel vivo nel 2013.

Tre i reparti a lavoro sul caso: la Guardia di Finanza, che ha passato al setaccio soprattutto i conti e la galassia dell’ex consigliere comunale Elio Sauta, patron dell’Aram; la Polizia giudiziaria della Questura, che ha raccolto fiumi di verbali, rilasciati dai testimoni eccellenti, ed ha analizzato minuziosamente la normativa regionale, i bandi e le procedure adottate; infine la Squadra Mobile, che ha messo sotto intercettazione il variegato entourage politico e affaristico dell’onorevole Francantonio Genovese.

Proprio gli affari di Genovese, dalle sue società personali agli intrecci con l’ente di formazione professionale riconducibile ai più stretti familiari, ossia l’Ancol, si riferisce il processo Corsi d’Oro 2.

Gli ARRESTI risalgono al 19 marzo 2014. Il 15 maggio 2014 la Camera dei Deputati vota l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti e Genovese si costituisce a Gazzi, dove resta una manciata di giorni, poi gli vengono concessi i domiciliari. Torna poi in carcere, dopo 8 mesi, e ne uscirà per un nuovo periodo di domiciliari, per tornare libero in attesa di sentenza il 27 novembre 2015. Ha l’obbligo di dimora e nessuna delle richieste di revocare questa misura è stata accolta. Oltre al deputato ed al cognato onorevole Franco Rinaldi, sono imputate altre 10 persone e 5 tra società ed enti di formazione.

Lunga la lista delle ACCUSE mosse dalla Procura di Messina: associazione a delinquere finalizzata alla truffa, tentata truffa, peculato, riciclaggio, falso in bilancio, evasione fiscale. I giudici dovranno anche decidere sul corposo sequestro di beni operato dalla Finanza nel 2014 per circa 5 milioni di euro, Agli atti del processo, l’attività effettivamente svolta dai corsi di formazione professionale, le modalità con cui venivano conteggiate ed effettuate le forniture, l’acquisto e l’affitto degli immobili, poi la contabilità delle società personali di Genovese, in particolare la Cale Service, secondo la Procura una sorta di “lavatrice” personale dell’onorevole. Prestazioni simulate e spese “gonfiate” relative agli affitti, al noleggio delle attrezzature e alla pulizia dei locali in cui venivano tenuti i corsi di formazione avrebbero consentito di ottenere finanziamenti più cospicui per i corsi di formazione approvati dalla Regione e finanziati con fondi regionali, statali ed europei.

Fatture “gonfiate” fino al 600%, così gli enti di formazione si sarebbero accaparrati decine di milioni di euro di finanziamenti.I bilanci in apparenza erano a posto ma indagando gli inquirenti hanno scoperto un sistema di società parallele attraverso cui le spese venivano fittiziamente aumentate e i controlli sistematicamente aggirati. Dalle indagini sulle fatture è emerso che una gioielleria forniva arredamenti o importi di migliaia di euro per i servizi di pulizia delle sedi che poi, realmente, venivano eseguiti da quattro persone che guadagnavano 500 euro al mese. Tutto con società create ad hoc.

All’udienza dello scorso 20 luglio la Procura ha formulato le proprie RICHIESTE DI CONDANNA alla Corte: 11 anni di reclusione e 15 mila euro di multa per Genovese, 5 anni e mezzo per il cognato Franco Rinaldi, deputato all'Ars, 8 anni per Elio Sauta, ex consigliere comunale e patron dell'Aram, 3 anni e 8 mesi per l'ex assessore Melino Capone e il fratello Natale, responsabili dell'Ancol, 6 anni per Chiara ed Elena Schiró, 1 anno e 8 mesi per la sorella Giovanna, 7 anni per il commercialista Stefano Galletti, 6 anni e mezzo per Graziella Feliciotto, moglie di Sauta, 2 anni e mezzo per Cettina Cannavó, ex segretaria dell'onorevole e tesoriera del Pd, 2 anni e 2 mesi per Salvatore La Macchia, allora capo di Gabinetto dell'Assessore Regionale Mario Centorrino, 6 anni e 8 mesi per Lo Presti, 4 anni per Pozzi, 3 anni per Imbesi, 1 anno e 8 mesi per il costruttore Orazio De Gregorio, 6 mesi per Paola Piraino, 2 anni e 4 mesi per Buda, 4 anni per Natoli, 3 anni e 2 mesi per Domenico Fazio, 3 anni per Di Lorenzo, 3 anni e 8 mesi per Carmelo Favazzo. L'accusa ha chiesto la concessione delle attenuanti generiche soltanto per La Macchia e la Cannavó e l'assoluzione dal reato di associazione a delinquere per Giovanna Schiró e Natoli.

Poi le richieste per gli enti e le società di servizio: 300 quote da 200 euro ciascuno per l’Ancol; 500 quote da 400 euro per l’Elfi Immobiliare, 350 quote da 300 euro per Sicilia Service srl, 500 quote da 400 euro per il Centro Servizi 2000, 300 quote da 200 euro ciascuno per l’associazione Pianeta Verde

Il PROCESSO è durato circa due anni, ed è stato caratterizzato da parecchi episodi “movimentati”, con una dialettica tra accusa, difese e giudici che spesso ha assunto toni aspri. Quasi tutti gli imputati si sono sottratti all’esame. Hanno preferito rispondere alle domande della Procura, ed a quelle dei difensori, alcuni protagonisti chiave della vicenda, quelli che sostanzialmente hanno preso le distanze da Genovese.

In particolare l’ex segretario particolare dell’assessore regionale alla Formazione, Salvatore La Macchia, l’ex tesoriera del Pd e segretaria particolare della famiglia, Cettina Cannavò, Natale Lo Presti. Ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee Elio Sauta, che in tutti e due i processi che lo riguardano si è difeso strenuamente, rivendicando la regolarità delle procedure adottate. Hanno testimoniato molti personaggi chiave del mondo della formazione professionale, dal governatore Crocetta a Ludovico Albert, il manager voluto dall’assessore Centorrino per rimettere ordine nel settore, inizialmente indagato, adesso parte civile; poi tanti lavoratori, corsisti e dipendenti degli enti.

Non ha potuto testimoniare invece l’assessore Mario Centorrino, scomparso prematuramente, prima che il processo si aprisse. Ha però rilasciato un corposo verbale agli inquirenti, nel 2013, raccontando le molte pressioni subite sia quando si trattava di varare gli Avvisi per la formazione professionale, sia per il piano scolastico. Hanno deposto sul banco dei testimoni anche l’ex avvocato di Genovese e suo uomo di fiducia, l’avvocato Piero Cami, poi tanti fornitori e professionisti che hanno eseguito lavori per conto dell’onorevole, nella sua abitazione, o altro tipo di prestazioni, fatturate in maniera non regolare, secondo la Procura.

Alessandra Serio

2 commenti

  1. MessineseAttento 23 Gennaio 2017 12:23

    Beh è davvero sconcertante la coincidenza della nota di Fragale con questo interminabile elenco di scempi. Ma, a maggior ragione, fa una gran tenerezza l’accoramento con il quale il suddito difende il proprio sire. Addirittura, finisce il suo appello con la convinzione che il popolo messinese, xxxxxxxx dal suo mentore proprio nella sua parte più indifesa, i giovani, si sia ravveduto a tal punto da riconsegnare “ad una squadra non qualunque” la città. Beh, ai più potrebbe sembrare una barzelletta di cattivo gusto (scritta proprio oggi), e invece no, è tutta verità! Io, in tutta franchezza, capisco umanamente il dramma della cricca di “amici fraterni” passati a FI, rimasti con il deretano in terra.

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  2. MessineseAttento 23 Gennaio 2017 12:23

    Beh è davvero sconcertante la coincidenza della nota di Fragale con questo interminabile elenco di scempi. Ma, a maggior ragione, fa una gran tenerezza l’accoramento con il quale il suddito difende il proprio sire. Addirittura, finisce il suo appello con la convinzione che il popolo messinese, xxxxxxxx dal suo mentore proprio nella sua parte più indifesa, i giovani, si sia ravveduto a tal punto da riconsegnare “ad una squadra non qualunque” la città. Beh, ai più potrebbe sembrare una barzelletta di cattivo gusto (scritta proprio oggi), e invece no, è tutta verità! Io, in tutta franchezza, capisco umanamente il dramma della cricca di “amici fraterni” passati a FI, rimasti con il deretano in terra.

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