Il Tribunale del Riesame accoglie la richiesta della Procura di disporre il carcere per l'ex consigliere comunale del Pd e l'ex assessore della Giunta Buzzanca. Rigettata per tutti gli altri la richiesta. Intanto in vista del 17 dicembre emergono alcune novità sul quadro delle accuse contestate. Mentre a Catania tiene ancora banco il blitz Pandora sui fondi destinati all'Iraps, ente che a Messina è guidato dai figli dell'ex consigliere comunale Giovanna Grifò
Il secondo vaglio del Tribunale del Riesame sull'inchiesta "Corsi d'oro" non è andato a vuoto. I giudici del collegio presieduto dalla dottoressa Maria Militello hanno infatti accolto una parte delle richieste avanzate dalla Procura di Messina per le persone finite nel blitz denominato Corsi d'oro.
Il Riesame ha detto sì alla richiesta di custodia cautelare in carcere per Elio Sauta, ex consigliere comunale del Partito Democratico e patron dell'Aram, e Carmelo Capone, l'assessore della giunta Buzzanca. Per loro, secondo il Riesame, doveva essere disposto il carcere, e non i domiciliari come invece deciso dal gip Giovanni De Marco, nel luglio scorso. Rigettate nel resto le richieste della Procura, che avrebbe voluto un pò per tutti gli indagati misure cautelari più severe rispetto a quelle effettivamente adottate da De Marco. Rigettata, per esempio, la richiesta di misura per Elena Schirò, responsabile dell'ente Lumen e cognata del "rais" locale del Pd, l'onorevole Francantonio Genovese. Secondo il Riesame il Gip De Marco ha ben deciso, nel non mandarla ai domiciliari. Per alcune posizioni, invece, era stata la stessa Procura a rinunciare all'appello ai giudici della Libertà: l'aveva revocato per Natalino Natoli, ad esempio, che all'interrogatorio di garanzia aveva rilasciato parecchi verbali. Non l'aveva avanzata affatto per la moglie di Genovese, Chiara Schirò, oggi ancora ai domiciliari.
La disposizione del Tribunale del Riesame non è ovviamente operativa: deve prima andare al vaglio della Corte di Cassazione, che potrebbe ribaltare nuovamente la decisione o confermarla. Solo in quel caso, e solo per Capone e Sauta, si aprirebbero le porte del carcere.
Intanto entrambi affronteranno l'udienza, il 17 dicembre prossimo, davanti ai giudici della II sezione Collegiale. E per entrambi anche nel decreto di citazione diretta a giudizio ci sono alcune novità, rispetto al provvedimento di arresto. Vengono infatti qualificati come "capo" delle rispettive "associazioni" che dragavano i fondi della formazione professionale, facevano riferimento ai due maggiori schieramenti, Pd e Pdl, e distribuivano le risorse in base alla parentopoli ben ricostruita dalla Guardia di Finanza di Messina.
Altra novità: il reato più grave, l'associazione a delinquere, non viene più contestata a Natalino Natoli ed Elena Schirò per i quali, scrive il giudice, si procede separatamente. Un cenno che sembra preludere ad una richiesta di archiviazione o comunque ad un iter processuale diverso dal giudizio immediato, disposto per tutti gli altri. Vanno a processo, quindi, tutti i destinatari di provvedimenti disposti dalla magistratura, compresi gli enti coinvolti e le persone in capo alle quali erano stati disposti i sequestri. (Alessandra Serio)
ma il figlio si Sauta come si chiama ? Sautino forse ?
grazie per non avere pubblicato….ci sono pietre nella lenticchia ?
SCUSATE SONO SOLDI PUBBLICI SE E’ COSI. PERCHE NON CI COSTITUIAMO TUTTI PARTE CIVILE CONTRO QUESTI SIGNORI…..
BUONA FORTUNA A TUTTI I COMMENTATORI