"Mostrocaligola", intervista a Roberto Bonaventura

“Mostrocaligola”, intervista a Roberto Bonaventura

Lavinia Consolato

“Mostrocaligola”, intervista a Roberto Bonaventura

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mercoledì 29 Luglio 2015 - 09:11

Roberto Bonaventura ha curato la direzione artistica del Forte Teatro Festival al Parco ecologico San Jachiddu, organizzato dal Castello di Sancio Panza, ed è regista dell’ultimo spettacolo del Festival, ovvero “Mostrocaligola”, in scena il 30 e il 31 alle ore 21.

Il Forte Teatro Festival sta per concludersi: il 30 e il 31 ci sarà l’ultimo spettacolo, “Mostrocaligola”, diretto da Roberto Bonaventura, direttore artistico del Festival, che ha condiviso le sue considerazioni sul lavoro svolto finora e i progetti futuri; inoltre ci ha tolto qualche curiosità sul “Mostrocaligola” e sul lavoro molto particolare che lui e gli attori hanno svolto per la preparazione allo spettacolo.

Insieme a Stefano Barbagallo hai curato il Forte Teatro Festival 2015 come direttore artistico. Credi che il Festival sia riuscito e che il pubblico abbia risposto bene?

Credo di sì, non amo autocelebrarmi. Possiamo essere soddisfatti, perché abbiamo avuto sempre una media di un centinaio di spettatori – che per un Festival è una buona misura -, con il picco di trecento persone per Ascanio Celestini. Gli artisti, il personale, i volontari sono stati tutti disponibili e felici del risultato.

Quali sono i prossimi progetti del Castello di Sancio Panza, che ha curato l’organizzazione?

Nell’immediato abbiamo l’ultimo spettacolo, “Mostrocaligola”, il 30 e il 31. Poi stiamo cercando di espanderci, e di progettare una rassegna, una specie di festival invernale in città. Per cui cercheremo di organizzarci tecnicamente ed economicamente; gli spettacoli poi già ce li abbiamo, tra cui “Un uomo a metà” con Gianluca Cesale. E vorremmo anche girare in Italia.

Parlando del tuo “Mostrocaligola” che chiude il Festival. Nello spettacolo ci sono attori e registi noti, come Giovanni Boncoddo e Gianluca Cesale. È presentato come uno spettacolo di cabaret, ma sembra anche molto drammatico, è così?

Sì, in realtà è una provocazione, anche un po’ assurda. Il “Caligola” ovviamente è un testo drammatico, ma lui è uno showman, che uccidendo cerca di fare spettacolo. La lettura è anche quella dello spettacolo: un artista che uccide con le sue performance. Per questo cabaret, anche perché ci sarà musica dal vivo, gli attori balleranno e canteranno. Ogni parola drammatica di Camus avrà il suo peso in mezzo alla spettacolarità che cercheremo di dare. Tra l’altro c’è anche un altro sottotitolo, oltre “Uno spettacolo di cabaret”, ovvero “Tragedia in quattro atti con musica anni ’60 e ‘70”, perché è un tutt’uno: una tragedia trattata con leggerezza.

“Mostrocaligola” è tratto da testi di Svetonio e da Albert Camus. A Caligola viene ricordato che deve pensare allo Stato. C’è molta politica dentro, desiderio di parlare del presente anche?

Il testo si presta a varie interpretazioni: c’è politica, c’è lo Stato e c’è anche l’amore, il personale. Noi siamo voluti partire dal personale di ognuno di noi. Il punto di partenza del Caligola è l’amore, la fine di un amore, la morte dell’innamorata. Da lì parte tutto, dal contrasto tra l’amore e le finanze. Caligola allora comincia un gioco al massacro, che porta ovviamente alla solitudine. Più che politica, ci abbiamo messo la perdita, i sentimenti e l’amore. Non ci interessa la figura di un dittatore, lui è un anarchico, uno che vuol far capire che è importante partire dall’amore.

Come sei riuscito a coniugare le fonti storiche di Svetonio e la modernità di Camus che ha scritto il testo nel ’41?

Le fonti di Svetonio sono servite per studiare il personaggio storico, per confrontarlo con Camus, e lo abbiamo tenuto come traccia, come studio, ma per distaccarcene in realtà, per andare incontro alla poesia, al poeta che c’è in Caligola. E la paura che hanno i senatori, gli altri personaggi è data perché al potere c’è la poesia, troppa poesia e questo spaventa la gente, anche nella vita reale. Per quanto riguarda gli attori ( Monia Alfieri, Giovanni Boncoddo, Raimondo Brandi, Gianluca Cesale, Ferruccio Ferrante, Lucilla Mininno), ci siamo formati assieme, c’è stato un percorso comune e che ci ha uniti per questo lavoro, dopo dieci anni. E anche qui c’è il discorso “amore e tesoro”, perché è uno spettacolo difficile da “vendere”, ci siamo riuniti per l’amore per il teatro.

Lavinia Consolato

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