Innamorata della sua città, l'artista non la dimentica e malgrado la distanza spera di poter contribuire alla sua rinascita.
Un viaggio intimo di ricerca interiore ed un omaggio alla sua amata città, questi i due poli tematici intorno ai quali gravità la prima personale della fotografa Isabella La Fauci, messinese, trapiantata giovanissima Firenze per inseguire il sogno coltivato fin da bambina. "La scuola mi ha dato le competenze tecniche, ma la fotografia è sempre stata la mia passione", ci racconta Isabella, che dopo aver concluso il primo triennio si accinge a completare il percorso di studio dell'Accademia delle Belle Arti. Innamorata della sua città, non la dimentica, nonostante la distanza, e spera anzi di poter contribuire alla sua rinascita.
L'esposizione, ospitata da La Stanza dello Scirocco, raccoglie due gruppi di opere della giovane autrice. Il primo è "Contaminazioni ", nato dalla personale interpretazione di un progetto scolastico su questo tema. Rientrando in città dopo un periodo di assenza, Isabella rimane colpita dalla metanorfosi delle banchine del tram, trasformate dal progetto "StreetArt " da brutture architettoniche ad opere d'arte che raccontano, tra storia e leggende, l'identità di Messina. Decide dunque di dedicare un servizio fotografico a questo soggetto, con una serie di scatti che seguono il percorso della linea tranviaria che attraversa la città. "Vorrei che queste immagini, il gesto stesso dei ragazzi che hanno omaggiato la loro terra in questo meraviglioso modo, contaminasse il pensiero dei cittadini, così da poter migliorare, ognuno nel suo piccolo, una città già splendida, ma che ha bisogno di essere rispettata maggiormente", ha detto l'artista. "Venendo da fuori si percepisce una maggiore apertura verso il nuovo, una volontà rinnovata di andare avanti. Stiamo cominciando ad accettare di dover cambiare, ma si fa ancora fatica". "Contaminazioni" è il terzo lavoro di Isabella La Fauci dedicato a Messina. In passato ha già realizzato due progetti sulla città antica, con una particolare tecnica che si serve dell'acetato (un tipo di carta semi-trasparente ) per sovrapporre scatti d'epoca di scorci della città, a fotografie degli stessi punti fatte in epoca attuale. Il secondo gruppo di opere, dal titolo "Melanconica allegria ", è invece di natura diversa. Si tratta di una serie di autoritratti, molto suggestivi, pensati dall'autrice come una sorta di viaggio introspettivo. "Volevo indagare su me stessa per scoprire aspetti di me ancora sconosciuti, ma al tempo stesso volevo prendere le distanze dalla moda contemporanea dei selfie, che rappresentano una mania di protagonismo fine a se stessa".
Negli scatti, tutti in bianco e nero, l'autrice non appare mai in primo piano. Si intravedono solo frammenti della sua figura, in un gioco di vedo/non vedo che non lascia mai trapelare i tratti del viso. Anche la scelta espositiva è molto particolare. L'autrice ha scelto infatti due diversi formati, parimenti suggestivi. Uno è quello degli ingrandimenti (in formato A4 o poco più), sospesi amezz'aria ad altezze diverse, al centro della stanza ed immersi in un particolare (voluto?) gioco di luci e movimenti, che coinvolge piacevolmente lo spettatore; il secondo è un diario, che lo spettatore è invitato a sfogliare, che raccoglie oltre alle immagini, anche pensieri, riflessioni e documenti, che narrano sottovoce la storia dell'autrice. L'insieme risulta molto particolare, ed è reso ancora più suggestivo dalla scelta della location, una sorta di bottega delle meraviglie, in cui ogni oggetto sembra raccontare una storia. L'esposizione resterà aperta al pubblico fino al 30 luglio.
Laura Giacobbe