Chieste pesanti condanne per gli allora vertici del Cas e l'imprenditore che eseguì i lavori
MESSINA – E’ il giorno dell’Accusa al processo sui lavori di messa in sicurezza della frana di Letojanni, finiti sotto i riflettori della Procura di Messina per i reati di disastro ambientale in concorso, peculato e falsità ideologica in atti pubblici, contestati a vario titolo.
Proprio in questi giorni è stata annunciata la ripartenza dei lavori sulla A18, invasa e minacciata dalla frana di Letojanni.
Le condanne che rischiano gli imputati
Il Pubblico Ministero oggi ha invocato la condanna di tutti gli imputati: 7 anni e 10 mesi per l’allora direttore generale del Cas Salvatore Pirrone e il dirigente tecnico Gaspare Sceusa, 6 anni e 10 mesi per l’imprenditore Francesco Musumeci di Piedimonte Etneo, titolare dell’impresa che eseguì i lavori, 7 anni per il responsabile della sicurezza Antonino Spitaleri, 5 anni per l’ingegnere Francesco Crinò e il geologo Giuseppe Torre, consulente esterno del Consorzio.
L’accusa di non aver vigilato sui lavori
Ora la parola passa ai difensori, gli avvocati Giovanni Calamoneri, Alberto Gullino, Antonio Pillera, Rosario Trimarchi e Francesca Bilardo, che dovranno difenderli dall’accusa – in sostanza di aver effettuato lavori non adeguati, pur attestati come tali, e non aver vigilato a dovere sull’impresa, per il Cas. Nel processo l’ente di contrada Scoppo si è costituito parte civile, assistito dall’avvocato Domenico Andrè.