Il diritto alle pari opportunità, e non stiamo parlando di quote rosa

Il diritto alle pari opportunità, e non stiamo parlando di quote rosa

Rosaria Brancato

Il diritto alle pari opportunità, e non stiamo parlando di quote rosa

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domenica 06 Ottobre 2013 - 06:47

L'operazione Pacta servanda sunt che ha portato all'arresto di due docenti universitari, riapre il dibattito sulla parentopoli e sulle pari opportunità per tutti, per quanti non sono figli di....Stiamo assistendo al furto non solo del futuro, ma anche del presente. Il problema non è quanto sia divenuto "sistema" ma anche come viene vissuto dalle vittime,ovvero gli studenti.

Ho trascorso l’ultimo decennio a dire a mio figlio che non appena presa la maturità l’avrei messo su un treno a lunga percorrenza. Pochi giorni fa mi ha annunciato che l’anno prossimo andrà a studiare fuori. Mi si è spezzato il cuore, 18 anni volano in fretta. Poi, due giorni dopo l’annuncio, hanno arrestato il preside della facoltà di farmacia, Giuseppe Bisgnano, e il professor Giuseppe Teti per un concorso truccato a favore di Carlo Bisignano, figlio di Giuseppe. E mi sono vergognata d’aver desiderato, anche solo per un’ora, che mio figlio restasse qui e cambiasse idea. Ho avuto vergogna del mio egoismo. E’ vero, 18 anni passano in fretta, ma il tempo è fermo nella tomba della meritocrazia.

L’hanno chiamata Pacta servanda sunt, l’operazione che ha svelato soltanto uno dei tanti casi di omicidio del merito che avvengono nel nostro Ateneo da decenni e non è un caso che l’abbiano chiamata così: i patti sono obblighi, una lunga catena di favori, oggi ne faccio uno io a te così tu domani nei fai uno a me. Da questo orrendo patto scaturiscono una serie di reati invisibili, e che non riguardano semplicemente, come si pensa il furto del futuro, ma anche del presente. Perché è oggi che noi costruiamo il domani. Il furto è avvenuto oggi e non mi riferisco a come una normativa statale ed una procedura concorsuale vengono asservite ad una logica baronale, ma alle conseguenze immediate che la furbizia causa alla città. Condivido la proposta del consigliere comunale Piero Adamo che ha chiesto all’amministrazione comunale di costituirsi parte civile al processo. E’ l’intera comunità che paga le conseguenze di una classe dirigenziale scelta con la logica della famiglia e del favore. E qui entra in gioco il concetto di pari opportunità. E’ probabile, anche se non statisticamente certo, che sull’elevato numero di ricercatori, professori, docenti, vertici dirigenziali, medici, biologi, dottoroni e luminari, assunti con questo criterio, ovvero essere figli di, parenti di, amanti di, amici di e via discorrendo, vi siano anche persone capaci e competenti.

Il problema non è la qualità del singolo, per quanto io possa dubitarne, perché se cresci sapendo che la pappa pronta ce l’avrai comunque e per sempre, difficilmente impari l’arte del vivere e dell’impegnarti. Il problema è quello delle pari opportunità tra uguali ed è per questo che in Italia e nel mondo intero esistono le procedure di selezione. Altrimenti saremmo ancora nel feudalesimo. Tra due persone ugualmente brave il concorso si fa per scegliere la migliore. Solo così un Ateneo diventerà il migliore, quell’albero che fa frutti dolcissimi e rari, quella comunità che crea i migliori figli, che andranno magari all’estero, ma per scelta personale e per ottenere riconoscimenti per la città. Solo così avremo i migliori medici, i migliori professori, i migliori avvocati e ingegneri, solo così avremo i migliori che insegneranno ai futuri figli a volare da soli. Se il gioco è verso il basso paga l’intera comunità. Quando uso il termine pari opportunità non mi riferisco solo alle borse di studio ma a quell’essere esattamente sulla stessa linea al nastro di partenza, tutti, belli e brutti, intelligenti e asini, raccomandati e non, gente che paga e morti di fame. E’ quando parte lo start che il progresso va avanti, che qualcuno inventa la ruota e il vaccino per la poliomelite. Se quando parte lo start hai sparato agli altri concorrenti o gli hai legato le gambe, il tuo protetto vincerà la gara ma tu hai perso il campionato. Il trucco non è squallido solo perché garantisce uno stipendio sicuro a un familiare, è squallido perché evita alla comunità di diventare grande. L’omicidio avviene oggi, domani è già tardi. I migliori avranno studiato altrove e trovato lavoro altrove.

Il furto è del presente, perché è oggi che i figli devono avere le pari opportunità di restare, è oggi che questa classe dirigente insegna, esercita, opera. E’ oggi che siamo scesi di un altro gradino. Piano piano rischiamo di farceli tutti questi gradini, fino al sottoscala. E qui andiamo alla seconda considerazione, quella fatta dal Senato Accademico e cioè che si tratta di casi isolati. A prescindere dalle precedenti inchieste che in questi anni hanno portato l’Ateneo messinese nelle prime pagine di tutti i quotidiani, a prescindere dal servizio delle Jene lo scorso febbraio (che potete rileggere in allegato giusto per rinfrescarci la memoria) il problema non è l’unanimità del metodo, ma il rischio di creare un sistema. A far paura sono le parole della vittima dell’ultimo concorso, quel Salvatore Papasergi che quanto a punteggio risultava più del doppio del figlio di Bisignano che poi ha vinto. Papasergi, contattato da Teti, decide di rinunciare a presentarsi agli orali, in cambio di una promessa per una futura sistemazione. “Benchè la scelta di non presentarmi alla discussione finale possa apparire illogica ed auto lesiva- spiega ai finanzieri che lo interrogano- ritengo che ciò può aver avuto un senso perché non faccio parte di un certo giro e devo stare a quel che mi viene consigliato”. E’ la stessa vittima del furto (lo hanno scippato di una carriera, di uno stipendio, di un sogno) ad accettare il fatto perché crede di avere di fronte un sistema inattaccabile. Che un intera comunità di studenti abbia accettato lo status quo è provato dal numero dei partecipanti al concorso: tre. Lo stesso dicasi per altri bandi, a riprova di come gli studenti vivano il sistema stesso. Quando un sistema viene vissuto come inattaccabile la conseguenza è la rassegnazione, quel dire “io neanche ci provo”, quell’andare via.

Non ho dubbi che il nuovo corso intrapreso dal’Ateneo porterà i suoi frutti, per quanto radici appena piantate abbiano bisogno di anni per crescere ed a volte, i danni causati da un sistema malato e parassitario sono enormi. Non mi piace generalizzare e ci sono docenti, ricercatori, professori,assistenti, di grande spessore, competenza e qualità. Ma quando nel’immaginario collettivo degli stessi studenti spunta quella frase terribile “non faccio parte del giro”, quando un ragazzo di 25 anni si rassegna al punto di rinunciare a mettersi nei nastri di partenza, dobbiamo interrogarci. Non è un caso isolato, e lo sappiamo tutti. Prenderci in giro non servirà ad evitare che altri 18enni se ne vadano e non partecipino ad alcun concorso. Un Ateneo non può trasformarsi in una tribù di famiglie e affini, perché ogni società chiusa non ha futuro e non è competitiva. Buon lavoro professor Navarra, quanto a mio figlio, come direbbe il film non gli resta che dire: “io speriamo che me la cavo”.

Rosaria Brancato

10 commenti

  1. Le cronache nazionali ci dicono che questo sistema è italiano e unisce tutta la nazione. Ciò non ci può consolare.
    Tuttavia,se pensiamo che all’estero attirano le menti migliori e danno loro le opportunità di lavorare capiamo come mai siamo arretrati in tanti settori.

    Anche a Messina nei secoli passati l’Università chiamava i più illustri luminari del tempo (Pietro Castelli, Marcello Malpighi, Borelli, Giovanni Pascoli ne sono degli esempi).

    Oggi quale di queste menti troverebbe posto qui?

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  2. Carissima Rosaria BRANCATO, come al solito il tuo editoriale domenicale fa riflettere, e inseguendoti nella manifestazione della propria esperienza personale, scrivo della mia a otto anni di distanza dalle loro lauree. Due figli, uno laureato nella nostra Università, massimo dei voti e lode, il tempo delle vacanze e partenza immediata per Milano, poi formazione specialistica e libera professione nella citta meneghina. Alla domanda di quali e quanti professori ricorda la didattica, la risposta è netta: non più di tre quattro, gli altri non mi hanno lasciato traccia culturale nè il ricordo del nome. L’altro figlio laureato alla Statale di Milano, voto alto, master di specializzazione e poi libera professione in tre città del nordest. Alla stessa domanda la risposta è sicura: ricordo solo il rigore degli esami e gli effetti positivi dell’azione didattica, nessun nome di professore. Come vedi il risultato finale è lo stesso: una libera professione, che abbia le stesse difficoltà dei lori amici messinesi. Cara Rosaria BRANCATO, se me lo permetti, voglio suggerire ai tuoi figli, che molto dipenda dalla loro tenacia e serietà degli studi, e poi dalla buona didattica. L’ascensore sociale del secondo dopoguerra fino agli anni settanta è rimasto al piano di sotto, perché si sono perduti i ” calci nel sedere ” dei nostri padri, e per la tua età quella dei tuoi nonni, si poteva darli proteggendo con un cuscino il loro delicato culetto, almeno sarebbe rimasta nella loro mente la metafora del rigore educativo, senza di quello non si va da nessuna parte. Naturalmente i calci nel sedere anche ai professori, di cui gli studenti non ricordono nè il nome nè la didattica.

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  3. Mi domando quale sia la differenza fra chi impone con la forza e con le armi spianate il propio volelere razzolando nell’illegalita’ accumulando fortune, e fra chi sempre nell’illegalita’ usando mezzi finemente coercitivi impone il propio volere facendo di cosa pubblica cosa privata. Danneggiando irrimediabilmente il futuro dell’intera popolazione.

    I mezzi sono gli stessi unica differenza uso delle armi, ora visto che si tratta della sessa cosa perché ai primi gli si da associane a delinquere di stampo mafioso e il 41 bis, e ai secondi un paio di anni condonati una multa e via a casa a goderci la pensione ?

    Di sicuro non hanno commesso omicidi, ma come la mettiamo con la ricerca distrutta e uccisa, con il futuro nostro e dei nostri figli depredato e fatto sparire con la lupara bianca. Quante volte acora dobbiamo vedere in posti di alto livello e profilo personaggi assolutamente non all’altezza ? Siamo in tempi di crisi e francamente sono stanco di vedere salire il debito pubblico a fronte di stipendi inutili…..

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  4. Ladri di presente, di futuro…
    Si potrebbero coniugare tutti i tempi grammaticali semplici e composti non solo del modo indicativo ma anche quelli del condizionale e del congiuntivo passando dal modo imperativo!

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  5. Hombre de barro 6 Ottobre 2013 15:11

    Nessun commento, nessun luigi_1…Bummularu.. george e compagnia bella: Meno male! “Forse” stavolta non è colpa di Accorinti e sempre “forse” coloro, appartenendo alla becera e corrotta classe politica che ben conosciamo, hanno deciso di non infierire contro coloro che gli danno da mangiare.
    …Aspettando altri arresti!

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  6. Questo sistema è diffuso a livello nazionale, non solo negli atenei ma in tutti i settori pubblici e privati …..anche in politica. I padri aiutano e favoriscono i figli…..lo scopriamo adesso!!!!! E’come scoprire l’acqua calda…
    Il figlio di un mio amico, un ottimo meccanico, diplomato al nautico nel settore navale, non è stato assunto in una grande officina della città….è stato assunto invece il figlio del capo officina……Per quanto ingiusta, questa pratica è diffusa a qualsiasi livello.
    Esisteva, fino a poco tempo fà, una legge che nei concorsi dava ai figli dei dipendenti notevoli vantaggi… figli favoriti per legge……era sbagliato….sono le attitudini e le capacità del singolo il valore reale…..non la paternità.
    Il padre che si trova nelle condizioni di aiutare il figlio spesso si dimentica di questi valori…è più forte l’amore….aiuta il figlio a discapito di giovani meritevoli e capaci….. succede ovunque e comunque….Chissa quanti di noi sarebbero veramente imparziali….in determinate situazioni….i figli….sono figli.

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  7. Questa città sinché si ostina a non riconoscere il valore FONDAMENTALE della economia reale e produttiva, l’unica in grado di generare risorse pubbliche da dare in ” pasto ” ai docenti e tutta quella pletora di servitori dello Stato per il loro mantenimento…non centra il VERO problema. La ricchezza bisogna prima produrla per poi ..DISTRIBUIRLA. Si continuerà a criticare, lamentarsi, condannare sterilmente ed a ….EMIGRARE. La responsabilità storica di quasi tutta la classe dirigente messinese , inclusa l’università ( prima industria Messinese per fatturato ed occupazione) peserà come un macigno sulle nostre coscienze di cittadini. Urge una forte consapevolezza di tipo culturale e una mutazione di tipo …antropologico.

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  8. duole dirlo..ma è davvero dura smantellare questa massa di xxxxxx che ci xxxxxx giorno dopo giorno, è davvero un sistema ..diffuso e puzzolente, ma duro da sconfiggere 🙁

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  9. Esperienza personale: commissione d’esame di concorso (1 posto) costituita da 3 professori che avevano scritto, ciascuno, un saggio col candidato poi risultato vincitore. Università di Messina, qualche anno fa. 100 candidati hanno buttato inutilmente tempo e soldi per vedere questo schifo.

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  10. ” Combinare” o truccare i concorsi universitari e’ sempre stata pratica diffusa a Messina ed altrove. La disoccupazione galoppante , anche intellettuale che attanaglia la città e la spinge sull’orlo del fallimento e’ alla radice del problema. Accendere i fari sul fenomeno ” verminaio” e’ giusto!… ne enfatizza le “perversioni” sistemiche ma rischia di distrarre dai VERI problemi .

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