Cassa integrazione alla casa di cura Cristo Re, l'Orsa non ci sta

Cassa integrazione alla casa di cura Cristo Re, l’Orsa non ci sta

Francesca Stornante

Cassa integrazione alla casa di cura Cristo Re, l’Orsa non ci sta

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giovedì 21 Febbraio 2013 - 17:26

Il sindacato si oppone alla richiesta avanzata dall'azienda che gestisce la casa di cura che ha chiesto ai sindacati confederali l'avvio della cassa integrazione in deroga per i suoi dipendenti. Per il segretario Massaro è tutto frutto di una gestione poco oculata

La Casa di Cura Cristo Re decide di mettere i suoi dipendenti in cassa integrazione in deroga, si rivolge a Cgil, Cisl e Uil per dare il via alle procedure, c’è però un altro sindacato che non ci sta e alza la testa. L’Orsa, con in testa il suo segretario regionale Mariano Massaro, prende posizione e attacca la gestione aziendale che negli anni ha permesso di arrivare a questo punto.

“Come sempre accade alla lunga i nodi vengono al pettine, anche nel caso della Casa di Cura Cristo RE che dopo anni di gestione discutibile, mirata prevalentemente al profitto a discapito della qualità del servizio, ammette il fallimento e si rivolge alle segreterie di CGIL, CISL e UIL per l’attivazione della cassa integrazione in deroga, come se gli ammortizzatori sociali fossero un pozzo senza fondo a disposizione delle aziende per coprire i buchi realizzati da gestioni poco oculate”.

Il sindacato ricorda di aver denunciato per anni tutto ciò che non andava all’intero della casa di cura. “I tagli volti al recupero del bilancio, senza valutare le ricadute sulla qualità dell’assistenza offerta all’utenza, hanno prodotto il calo delle entrate denunciato dall’azienda, la struttura è stata retrocessa in fascia “C” all'Assessorato alla Sanità ed estromessa dall'associazione datoriale AIOP, tutto ciò ha portato all’inevitabile riduzione delle sovvenzioni pubbliche” spiega il segretario Massaro che non accetta l’ennesimo tentativo dell’azienda di mettere una pezza chiedendo la collaborazione dei sindacati per accedere, ancora una volta, alle risorse pubbliche, sotto forma di cassa integrazione.

Secondo l’Orsa sono diversi i motivi che hanno portato la clinica al collasso economico e forse, prima di scaricare sulle casse collettive il reddito di altri incolpevoli lavoratori si dovrebbero chiarire alcune “inusuali” prese di posizione. Ad esempio perché si è scelto di fare ricorso a personale infermieristico a "chiamata" occasionale in sostituzione del personale in organico con relativo

calo della qualità dell’assistenza o a personale della ditta di pulizie anch'esso a "chiamata" in sostituzione del personale ausiliario. Massaro chiede spiegazioni di un personale amministrativo che definisce “multiuso”, evidentemente per i tanti e diversi servizi svolti, parla poi di addetti alla fisioterapia anch'essi in parte a "chiamata" costretti ad effettuare doppi turni e personale medico costretto a sdoppiarsi tra reparti, ambulatori e sala operatoria. Tutto questo ha determintato non solo l’attuale situazione economica ma anche una grande insoddisfazione nell’utenza che nel tempo ha visto ridurre la qualità offerta nella clinica.

L’Orsa dunque non ha dubbi. “Dopo anni di improvvisate soluzioni che hanno condotto alla condizione odierna, sarebbe deleterio assecondare, ancora una volta, le iniziative di un’azienda che ha dimostrato scarsa dimestichezza nella gestione, è indispensabile la cura d’urto, la cassa integrazione sarebbe come un pannicello caldo sulla ferita in cancrena, nell’interesse dei lavoratori e dell'azienda stessa, bisogna valutare seriamente l’opportunità di intervenire con ogni strumento disponibile per orientare l’azienda verso un’inversione di rotta nelle scelte Organizzative/Amministrative che alla luce dei fatti si sono rivelate fallimentari”. (Francesca Stornante)

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