Giacomo, il signore delle api (nere): "Per salvarle bisogna che si estinguano"

Giacomo, il signore delle api (nere): “Per salvarle bisogna che si estinguano”

Alessandra Serio

Giacomo, il signore delle api (nere): “Per salvarle bisogna che si estinguano”

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domenica 23 Marzo 2025 - 08:49

Solo come simbolo di lotta per salvare il pianeta però. Parola di Giacomo Emanuele, apicoltore dei Nebrodi affermato a livello nazionale. Che spiega la crisi e svela i segreti delle api sicule

Galati Mamertino – Il miele di api nere sicule è una trovata pubblicitaria? “Affatto, e le api nere non sono una novità ma la reintroduzione in Sicilia di una antica specie autoctona. Sono più piccole e affusolate, più aerodinamiche direi, certamente più tenaci”.

Giacomo Emanuele è uno degli apicoltori con la testa dura che, da vero amante delle api e del suo prodotto, il miele, si è impegnato, una trentina di anni fa, per riportare in Sicilia l’unica vera ape siciliana. Una scommessa riuscita, che aiuta la produzione e la vendita del miele di qualità, quello che costa sempre più caro anzi tutto ai produttori. La sua oggi è una etichetta nazionale. Ma tutto è partito da una Golf non acquistata…

La provocazione

Oggi la scommessa è salvare le api e salvare quindi il settore. Una battaglia tutta in salita. “Solo che per salvarle, e salvarci noi produttori, bisogna che si estinguano”, afferma provocatoriamente. “Non le api, ma il simbolo che sono diventate per la lotta di salvaguardia del pianeta. Oggi vediamo api ovunque, in tutto gli spot e immagini che anche nulla hanno a che fare col miele. E le iniziative per tutelarle sono tante. Ma come in tutti i fenomeni, dietro i boom ci sono anche tante speculazioni. Quando queste verranno fuori, le pagheremo tutti. E sarà un conto salato, perché l’emergenza è vera”.

Oggi Emanumiele, l’etichetta di Giacomo, è una realtà riconosciuta a livello nazionale che conta su circa 400 alveari dislocati tra i Nebrodi, le isole Eolie e il Molise e collabora con università e centri di ricerca.

Quella Golf mai comprata

Eppure la strada di Giacomo poteva essere tutta diversa. “Erano gli anni ’90 e avevo deciso, con circa 10 milioni di lire che avevo accantonato, di comprarmi un’auto. Un servizio in tv mi ha fatto propendere per l’investimento in alveari. Ero già un appassionato di api e quel servizio sosteneva che in Italia si produceva soltanto il 10% del miele che si consumava. Ho pensato ci fosse mercato e ho presentato un progetto agli allora appena avviati Gruppi di azionale locale. Il progetto non è passato perché, paradossalmente, all’ultimo controllo i revisori si sono accorti che quello che avevo in piedi era già sovra stimato rispetto alla prima istanza. Insomma, niente aiuto pubblico ma io sono partito”.

Le api e il miele a rischio

miele giacomo emanuele

La produzione del miele però è drasticamente crollata e le api sono a rischio. “Se nel 2003 facevo tra i 60 e i 90 kg di miele, oggi la produzione media è di 3 kg, 3 anni fa era di 4, 5 anni fa ne ho fatti 11. L’inquinamento ormai ha raggiunto livelli davvero alti anche nelle aree meno urbanizzate e il cambiamento climatico impatta in maniera drastica. I cambiamenti sono troppo repentini ed è complesso, per gli apicoltori, “accordare” la massima resa degli alveari con quelle delle fioriture, per esempio. Siamo arrivati al paradosso, tra noi produttori un poco più accorti, che preferiamo non intervenire affatto in alveare. Noi non possiamo prevedere i cambiamenti climatici. Chi sa, forse le api, che sono sulla terra da milioni di anni prima di noi, possono invece trovare il loro modo di farvi fronte”.

In queste condizioni gestire una produzione per la commercializzazione è praticamente una scommessa. “Non si può programmare. Infatti miele di qualità ce n’è poco e costa caro. Per questo si cerca di mantenere le vendite con altri prodotti, a base di miele. Non avendo paura di sperimentare. Così, i consumatori cominciano ad apprezzare le birre aromatizzate al miele ma stiamo anche portando avanti un progetto per tornare a conservare i salumi con il miele, come si faceva un tempo”.

Le api nere sicule

E le api nere? “La maggior parte delle regioni italiane ha un clima diciamo “uniforme”, molto più rispetto a quello della Sicilia che ha una microdiversità spiccata, di valle in valle. Qui, spesso, quando mando i pollini ad analizzare mi chiamano dal centro per chiedermi se ho sbagliato, perché quelli che hanno trovato sono pollini di piante alpine. E io mi faccio ore e giorni di chilometri e foto per andarmi a cercare quelle piante “anomale” per la Sicilia. Il clima più mite, poi, spinge diverse fioriture e nascite di frutti in un periodo dell’anno più lungo, rispetto ad altre regioni di Italia. Ecco perché qui si è “specializzata” un’ape che lavora di fatto 10 mesi su 12 e che ha quindi caratteristiche particolari. Sono sempre state diffuse dalle nostre parti. Poi, negli anni ’60, con la conversione delle aziende agricole al turismo, sono state introdotti tanti alveari di altre regioni d’Italia che hanno soppiantato le nostre api. Questo perché per ottenere i contributi pubblici possedere alveari era un requisito che accordava punteggio. Da qualche decennio a questa parte io e qualcun altro ci siamo intestarditi per riportare le api nere in Sicilia. Ci prendevano per pazzi, qualche decennio fa”.

Una scommessa vincente? Probabilmente visto che, se le api sono sempre più fragili, fra queste forse le api nere hanno qualche chance in più.

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