Attesa per i risultati dell'esame medico legale, intanto si indaga sugli ultimi giorni di vita di Ravidà e i suoi rapporti
MESSINA – Sarà il dottore Giovanni Andò a sciogliere ogni dubbio: sono ferite d’arma da fuoco quelle trovate sul corpo di Riccardo Ravidà, ucciso e bruciato nella sua auto, nelle campagne di Fiumedinisi? Il medico legale ispezionerà il cadavere domattina, su incarico della Procura di Messina. E’ stato lui a intravedere segni di pallottole, al primo esame sul posto, quando i carabinieri hanno fatto la macabra scoperta.
Ad avvalorare l’ipotesi che sia stato ucciso, i resti di spari trovati nei dintorni dell’auto dai Ris, che il giorno dopo hanno lavorato fino a tarda sera in contrada Ferrera, sulla scena di quello che ormai è, senza troppi dubbi, un omicidio. Il medico potrà comunque confermare o smentire l’ipotesi dopo l’ispezione di domani, che non si annuncia affatto facile visto che il corpo è completamente carbonizzato.
Sarà esaminata nei laboratori anche l’auto al cui interno il 34enne è stato trovato senza vita, anche questa parecchio danneggiata dalle fiamme. La ricostruzione sin qui ipotizzata dal pool di investigatori che si occupa del caso, coordinati dal sostituto Giulia Falchi e dall’aggiunto Vito Di Giorgio, è che Ravidà sia stato freddato proprio in auto, poi il veicolo dato alle fiamme per coprire quante più tracce possibili.
L’auto è stata trovata lungo il percorso che compie regolarmente dal caseificio dove lavora verso il carcere di Gazzi, dove sta scontando una pena residua in semi libertà. Ma perché è stato ucciso? I suoi precedenti non sembrano rilevanti. I carabinieri indagano perciò anche nella vita privata, oltre che nel contesto di rapporti tra pastori, tradizionalmente molto “caldo” in quelle zone.