Malgrado la buona ricostruzione e i tentativi di animare il paese colpito dall'alluvione, Giampilieri si svuota: mancano i servizi e gli abitanti si sentono sempre più soli a combattere con i brutti ricordi
In 10 anni a Giampilieri gli uomini hanno levato via il fango, ma hanno passato la rabbia sul lutto.
Impossibile dimenticare, per chi ha vissuto quella drammatica notte, quelle due sole ore di inferno che hanno cambiato per sempre la vita di tutti. Impossibile dimenticare i propri cari scomparsi, le proprie case cancellate, la paura che da quel giorno non passa più. Impossibile farsene una ragione, tanto più che al dolore si sono sommati la sconfitta e la sensazione di essere stati dimenticati.
E’ un anniversario più che amaro, per gli abitanti della zona jonica del messinese, questo decennale. Il processo penale si è chiuso senza colpevoli, senza condanne né per il dissesto, né per la gestione dell’emergenza e i morti, aprendo una strada tutta in salita per chi vorrà chiedere i risarcimenti civili. Gli aiuti promessi in questi anni sono arrivati soltanto in parte. E le polemiche non sono mancate, anche tra le stesse vittime.
Il decennale si annuncia sotto un sole quasi estivo che scalda la piazza bianca, il letto del torrente svuotato, il campanile della chiesa della Madonna delle Grazie che guarda il paese dall’altro. La collina sembra serena, le nuvole incombono al largo ma sono tenute lontane dal vento.
Risalendo il torrente, sulla sinistra appaiono i complessi nuovi di zecca del quartiere Santa Lucia e, più in alto, il plesso della scuola Simone Neri, che nei giorni dell’emergenza è stata base operativa dei soccorsi e centro di prima raccolta della popolazione.
A destra, Piazza Pozzo si apre brillante e via Puntale è tutta un’arrampicata di bianco e beige liscio che risale la collina a gradoni. Eccola, la ricostruzione di Giampilieri. I muri di contenimento grigi, la via Puntale trasformata in possente opera di scolo delle acque e della memoria, le colline imbragate.
Nel 2015 venne proposto di cambiare nome alla piazza in Largo Vittime dell’Alluvione. Nel paese c’è stata un’alacre raccolta di firme. Oggi la piazza ha ancora il vecchio nome, mentre via Puntale è via Primo Ottobre, con buona pace di tutti. Perché anche le parole hanno un senso, nella ricostruzione. E se c’è chi vuole tenere viva la memoria a tutti i costi, c’è al contrario chi delle tragedie non ne può più, vive il proprio dolore in maniera riservata e cerca di andare oltre le espressioni-parole d’ordine, che diventano ossessione.
A volte in questi anni questa diversità di sensibilità ha sfiorato la polemica feroce a colpi di attacchi a viso aperto ed esclusione dalle celebrazioni tra chi ha scelto la “commemorazione militante” e chi se n’è andato, fosse anche soltanto pochi chilometri più a nord.
Malgrado oggi Giampilieri sia un simbolo di buona ricostruzione, quindi, tutto ciò sembra non essere bastato a evitare che il paese si svuotasse. Risalendo via Primo Ottobre, a destra e sinistra si aprono i vicoletti che non vanno da nessuna parte. Poche le case realmente abitate, sono di più quelle rimaste ferme a quella notte. Senza porte, senza finestre, senza occhi dietro a spiare dietro le imposte.
D’altronde il colone di scolo che taglia in due via Primo Ottobre serve a convogliare le acque, e non in tutte le zone è stato possibile rientrare. Anche qualora fosse agibile, nella maggior parte degli angoli della zona intorno è impossibile ricostruire, i mezzi non arrivano, la via si risale fino alla fine soltanto attraverso una infinta sequela di scale. Intorno alla luccicante ricostruzione, quindi, c’è di fatto un borgo fantasma.
Il paese è ricresciuto tutto un poco più giù, a Santa Lucia, sopra sono in pochi ad essere rimasti. C’è lo sportello della posta, ha riaperto la macelleria, il tabacchino e il bar, altri esercizi commerciali. Il Comitato Salviamo Giampilieri ha portato avanti una incessante campagna di rinascita, tentando di riportare a casa quanta più gente possibile.
In tanti però hanno deciso di non tornare, anche chi abitava in zone non distrutte, anche chi avrebbe potuto ricostruire la propria casa. Perché non tutti riescono a fare quotidianamente i conti con i propri fantasmi, perché quelle case ancora abbandonate al centro del borgo sono una ferita insanabile, perché ognuno si da pace come può, e a volte per ricominciare bisogna partire, andare altrove, fosse anche a pochi chilometri.
Perché oltre la luccicante ricostruzione, qui, sembra davvero esserci stato poco. E anche chi vuole restare a tutti i costi, è sempre più solo. Accanto ai complessi di Santa Lucia ricostruiti ve ne sono aggiunti di nuovissimi, palazzi interi costruiti dopo il 2011. Ma un appartamento su tre è vuoto o in vendita. Nei villaggi di Molino ed Altolia abita pochissima gente, i servizi latitano, il paese si svuota, inesorabilmente, anche se si continua a costruire.
Il plesso della scuola Simone Neri oggi ospita circa 130 alunni provenienti da Alì, Scaletta, Giampilieri Marina, Santo Stefano, Altolia, Briga, Molino, Santa Margherita, i bimbi di Giampilieri Superiore sono pochissimi. Fino a due anni fa il Comune metteva a disposizione della scuola un pulmino a prenotazione, a un costo contenuto, adoperato dagli insegnanti per portare i ragazzi sul territorio. Oggi tutto è demandato alla possibilità e volontà economica dei genitori.