Oggi è la Giornata mondiale delle vittime della strada. In 6 anni gli incidenti mortali si sono ridotti del 20% ma è ancora una percentuale troppo bassa. L'obiettivo è il rispetto della vita, valore assoluto non contrattabile.
Oggi faccio una deroga. Niente politica, niente satira, niente polemiche.
Oggi il mio pensiero va alle migliaia di fiori nell’asfalto che continuiamo a vedere, con dolore e sgomento, nonostante i dibattiti, nonostante la legge sull’omicidio stradale, nonostante i processi, le campagne informative e di prevenzione.
Nonostante tutto, ogni giorno c’è una vita che finisce di essere vita perché un’altra persona gira armata di una pistola che non è pistola e non è caricata a salve.
Oggi è la GIORNATA MONDIALE DELLE VITTIME DELLA STRADA. In Italia l’AIFVS, presieduta dalla messinese Pina Mastrojeni, ha posto l’attenzione sull’obiettivo europeo del decennio 2011-2020, ovvero ridurre del 50% la strage stradale.
Un traguardo attualmente molto lontano: stando all’Istat, dal 2011 ad oggi, in sei anni, la riduzione delle stragi in strada è stata del 20%. Manca ancora quel 30% per arrivare non alla meta, che sarebbe l’azzeramento delle morti per incidenti stradali, ma il dimezzamento al 50%.
E’ quindi oggi la giornata del Ricordo, che non può risolversi solo in questo. Il Ricordo per piantare semi deve essere attivo, deve farsi azione.
Mi sgomenta continuare a vedere automobilisti che alla guida hanno una mano al cellulare ed una sul volante. Parlano, o peggio, mandano messaggi. Mi sgomenta vedere quanti ancora non rispettano le più elementari regole del codice stradale. Mi sgomenta sapere quante migliaia e migliaia di giovani si mettono alla guida in stato di ebbrezza o ricercano quell’ebbrezza nella corsa. Quanti cercano il brivido o semplicemente pensano di essere immortali.
Sono soprattutto i giovani le vittime delle ultime stragi.
La storia di Lorena Mangano, tranciata in una folle notte di folli corse e di folli comportamenti, è quella che negli ultimi decenni mi ha sconvolto maggiormente. Non riesco a cacciar via dalla mente la “determinazione” del comportamento.
Da mamma penso spesso alle mamme, ai papà, che ogni sabato sera non riescono a chiudere occhio finchè non sentono la chiave nella porta ed il figlio o la figlia che rientra. Fanno finta di dormire per non sembrare apprensivi, ma ogni minuto fino al rientro è un’angoscia. Il sonno arriva solo dopo.
Valeria Mastrojeni è stata uccisa 20 anni fa da un automobilista che correva in una stradina laterale del centro. Andava a folle velocità. La piccola Rebecca Lazzarini è stata tranciata di ritorno da una serata con la famiglia da chi guidava ad alta velocità. Era ai bordi della strada, camminava fianco a fianco alla sua famiglia. Ora non c’è più, la sua adolescenza non è mai sbocciata. Non le batterà il cuore per un ragazzo, non piangerà né riderà per amore, non abbraccerà mai un figlio, non avrà un lavoro, non sarà più. Camminava sul ciglio della strada. A 14 anni.
Lorena Mangano stava rispettando le regole, come gli hanno insegnato in famiglia ed a scuola. Era al semaforo, con la sua Panda, ha aspettato che scattasse il verde. Era stata fuori, con gli amici. Lei ha rispettato le regole come la comunità gli ha insegnato. Chi l’ha uccisa no. Gaetano Foresteri STAVA FACENDO UNA GARA DI VELOCITA’ in pieno centro, in una strada che a quell’ora, di sabato sera, è trafficata ed anche se fosse stata deserta non è una pista da rally. Al processo (attualmente in appello, in primo grado ci sono state le condanne) è coinvolto anche l’altro partecipante alla gara, Giovanni Gugliandolo.
Non è stato un incidente stradale causato dalla disattenzione, dall’alcool, da un malore alla guida, da un problema nell’asfalto, da un colpo di sonno, dalla droga.
Lorena è morta perché qualcuno, deliberatamente, ha utilizzato la sua auto per fare del male. Come un’arma.
L’omicidio stradale è una grandissima battaglia di civiltà. Era una norma necessaria ed urgente per prevenire. Se pensi che uccidere un essere umano quando sei alla guida possa valere molto meno che farlo con un fucile a canne mozze, perché le pene sono inesistenti, allora non baderai molto alla prevenzione. Quindi sì, era urgente e necessaria. Ma non basta.
Quello che mi sconvolge nel caso di Lorena è la premeditazione generica. Se io, alla guida di un’auto faccio una gara nella via più centrale e trafficata della città, senza rispetto alcuno di nessuna regola del codice stradale, incurante di segnaletica e semafori, è evidente che ho intenzione di uccidere qualcuno. Non quella singola persona, ma una qualsiasi, quella che può capitare.
Un’anziana donna che attraversa la strada, due ragazzi che tornano a casa a piedi, una comitiva in auto, un signore che ha appena gettato i rifiuti nel cassonetto.
Se fai una gara in pieno centro o pensi di essere dio e puoi fare quel che vuoi della vita degli altri oppure sei pericoloso per la comunità. In entrambi i casi devi essere fermato.
Hai un’arma puntata, come nella roulette russa. Non sai verso chi sarà lanciata la pallottola reale.
Fin quando ognuno di noi, dall’alunno di terza media all’anziano che guida da una vita, dall’imprenditore indaffarato al neo patentato, dal ragazzo che vuol far colpo sulla fidanzata alla donna in carriera che scrive messaggi ai suoi collaboratori, non imparerà che guidare può essere come avere una pistola in mano, nessuna campagna informativa potrà ridurre i fiori sull’asfalto.
I genitori di decine di vittime della strada, erano sereni, sapevano d’aver insegnato ai figli il rispetto delle regole. Purtroppo non basta sapere di essere cittadini rispettosi delle regole. C’è qualcuno al di là della strada che non lo fa. E’ un problema reale, ce ne dobbiamo fare carico come comunità, con un senso di responsabilità collettivo.
C’è un altro aspetto che va sottolineato ed è la complicità silenziosa, come nei casi di bullismo. La strage di una gara di velocità la eviti se invece dell’applauso allo spaccone di turno gli dai una fraccata di legnate, se lo lasci solo, se scendi da quell’auto, se lo denunci, se lo isoli. Il bullo deve essere isolato dal branco.
Ai nostri figli e prima ancora a noi stessi dobbiamo insegnare questo, che la verità ed il rispetto della vita sono VALORI ASSOLUTI non contrattabili con niente.
La famiglia, la scuola, la società, deve insegnare alle nuove generazioni il rispetto della vita e delle regole, deve insegnare l’anticonformismo del branco.
La morte di Lorena qualcuno l’avrebbe potuta evitare. Mi riferisco a quanti erano più vicini al suo omicida. Se l’avessero lasciato solo, se gli avessero tolto le chiavi dell’auto, se in altre occasioni lo avessero denunciato, se avessero fatto azione di educazione civica e stradale, se fossero scesi altre volte dall’auto e avessero detto: io cammino a piedi perché non voglio essere complice neanche di un tamponamento.
La morte di Valeria, 20 anni, si sarebbe potuta evitare se solo chi era in auto avesse intimato a chi guidava di smettere. Se invece del consenso, degli applausi, fossero scesi dalla macchina, se non quel giorno, la prima volta che si sono accorti che caricava l’arma.
Non importa quante volte spari a salve. Prima o poi la pallottola che uccide la spari.
In occasione della Giornata mondiale delle vittime della strada l’AIFVS ha diffuso nelle chiese due frasi da leggere durante la Messa di oggi al momento della preghiera dei fedeli. Mi ha colpito la seconda frase e la riporto: “Perché la giustizia sia sempre un efficace strumento di alleanza tra l’uomo e la verità, e perché Dio trasformi gli uomini timorosi in coraggiosi testimoni, preghiamo”.
Onoreremo davvero il ricordo se ci facciamo testimoni attivi del cambiamento con le nostre azioni, diventando coraggiosi in nome della verità. Testimoniare con la propria vita ed i propri no la battaglia contro i comportamenti contrari al rispetto della vita è l’unico modo per ricordare migliaia di fiori sull’asfalto.
Rosaria Brancato