Giornate Fai d'autunno 2023. Ecco i luoghi aperti a Messina e provincia

Giornate Fai d’autunno 2023. Ecco i luoghi aperti a Messina e provincia

Redazione

Giornate Fai d’autunno 2023. Ecco i luoghi aperti a Messina e provincia

giovedì 05 Ottobre 2023 - 09:00

Tre a Messina, uno a Taormina e uno a Santo Stefano Camastra

Sabato 14 e domenica 15 ottobre 2023 tornano, per la dodicesima edizione, le Giornate FAI d’Autunno, l’amato e atteso evento di piazza che il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ETS dedica ogni anno al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese. Durante il fine settimana – animato e promosso dai Gruppi FAI Giovani, assieme a tutti i volontari della Rete Territoriale della Fondazione – saranno proposte speciali visite a contributo libero in 700 luoghi straordinari in oltre 350 città d’Italia, spesso inaccessibili o semplicemente insoliti, originali, curiosi, poco conosciuti e valorizzati.

LUOGHI E RITROVAMENTI DI SANT’ANNIBALE

La basilica santuario minore di sant’Antonio da Padova e sacro cuore di Gesù è un luogo di culto che si trova in una zona centrale della città di Messina, in via Santa Cecilia 121.

L’edificio attuale è stato realizzato dopo il terremoto del 1908, dopo la distruzione del vecchio edificio, grazie a padre Annibale Maria di Francia, fondatore dei Padri Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo, con cui si dedicò alla cura degli abitanti del quartiere Avignone di Messina. Dopo il sisma del 1908, papa S. Pio X fece dono a padre Annibale di una chiesa–baracca, che venne distrutta da un incendio nella notte tra il 26 e il 27 aprile 1919. Si dice che una donna esclamò: “Non vi preoccupate, padre Francia la farà tutta d’oro!”. Oggi il santuario, eretto al ruolo di basilica minore nel 2006 da papa Benedetto XVI, è attiva testimonianza per la città dello zelo di padre Annibale.

La costruzione della nuova Basilica venne avviata il 3 aprile 1921 e il progetto venne affidato all’ing. Letterio Savoja, che lo realizzò in stile eclettico, mescolando insieme elementi classici ed elementi rinascimentali, creando un ambiente unico nel suo genere. L’esterno è realizzato in pietra calcarea di Melilli, dal delicato colore ocra che dona al prospetto dell’edificio un aspetto monumentale, mentre all’interno un tripudio d’oro e colori vivi accoglie i fedeli per le celebrazioni. La pianta della basilica è a tre navate sulle quali si innestano le tre absidi, di cui quella centrale maggiore. Gli affreschi ricoprono tutta la superficie delle pareti e del soffitto, eseguiti dal palermitano Rosario Spagnoli, con scene della vita di Sant’Antonio da una parte e scene della vita della Madonna ed episodi biblici dall’altra. Di recente è stato ricollocato il Crocifisso di Sant’Antonio all’interno, che ha subito diversi lavori di restauro. Il restauro, eseguito dalla Soprintendenza ai Beni Culturali della città di Messina, ha permesso di restituire alla pubblica fruizione un’opera dal grande valore devozionale e al contempo unica nel contesto della scultura rinascimentale siciliana.

Nonostante si tratti di un luogo di culto pubblico e normalmente aperto, spesso siamo frettolosi nel guardarci intorno, giusto il tempo di una funzione religiosa o una celebrazione. Le giornate FAI permettono di approfondire luoghi anche noti della nostra città per riscoprirli sotto una nuova luce, potendoci dedicare il tempo necessario e, perché no, risvegliare la nostra curiosità. Per le giornate FAI di autunno la visita partirà dal restaurato Crocifisso ligneo del di fine XV secolo, per poi proseguire nella Basilica di cui si potrà apprezzare la decorazione e alcuni manufatti artistici, come la Madonna delle Grazie dei Tedeschi, statua marmorea del XVII secolo collocata nell’istituto dopo il 1908. E ancora il museo “Annibale Maria di Francia – Quartiere Avignone”, la sala ex voto, la cripta con il corpo di padre Annibale e il Tesoro della Basilica, per immergersi appieno nella storia della Basilica. Visite a cura degli Apprendisti Ciceroni dell’IIS “La Farina-Basile” di Messina, del Liceo Statale “E. Ainis” di Messina, dell’IIS Minutoli di Messina e dell’Istituto Comprensivo “Pascoli”. Aperture Sabato: 16:30 – 18; Domenica: 9:30 – 12:30 / 16:30 – 18.

I LUOGHI DELLO SPIRITO

La chiesa e il monastero dello Spirito Santo sono “nascosti” allo sguardo dei cittadini per via dell’immensa struttura dell’Istituto delle suore dello Spirito Santo, prospicente la centralissima piazza F. Lo Sardo, nota ai più come Piazza del Popolo. Questo complesso è lontano dai classici circuiti turistici, in particolare quelli croceristici, ma rappresenta un’importante testimonianza storica, artistica e religiosa per la città di Messina.

Il monastero e la chiesa sorgono nella contrada detta delle “Camerelle”, piccoli locali che davano alloggio a pellegrini in transito nello Stretto. La costruzione risale al 1291, grazie alla nobildonna messinese Francesca Boccapicciola che fa erigere il monastero e l’annessa chiesa su un terreno di sua proprietà dopo la morte del marito, dove si ritirò in clausura insieme ad altre compagne. Quando la Congregazione delle Figlie del Divino Zelo venne costretta a lasciare palazzo Brunaccini, Padre Annibale chiese al Comune una nuova sistemazione e ottenne di occupare il Monastero, che a seguito delle leggi eversive del 1866 era passato di proprietà dello stesso Comune.

La chiesa dello Spirito Santo fondata insieme al monastero nel 1291, nel tempo venne abbellita grazie alle opere di grandi artisti: gli affreschi della volta di Antonio La Falce e quelli del coro di Giovanni Tuccari, dipinti di Antonello Riccio, Giuseppe Paladino e del Filocamo. Nel XVII secolo la chiesa divenne una delle più belle testimonianze del barocco messinese, con le sue pareti ricoperte da marmi mischi e stucchi. Distrutta nel 1908, fu lo stesso padre Annibale a curarne la ricostruzione, incaricando l’ingegnere Marino. La facciata della chiesa è semplice e priva di ornamentazioni, mentre all’interno esplode l’apparato decorativo, fatto di marmi policromi e stucchi candidi che annullano quasi l’architettura e sembrano sospesi sulla navata. Il Monastero, invece, perdendo la sua funzione di luogo di culto, assunse un aspetto sempre più degradato. Nel 1998 le suore Figlie del Divino Zelo, dopo un’attenta ricerca, eliminarono tutti gli intonaci esistenti riportando alla luce le antiche mura in pietra del monastero, il chiostro e due ambienti definiti camerelle. Nel chiostro sono stati esposti manufatti di argenteria e pitture legate alla storia del monastero, come la “Madonna del Latte”, di cui si narra che il volto della Vergine sia stato completato da una mano divina.

La visita si svolge a partire dalla Chiesa di Santa Maria dello Spirito Santo, per ammirare questa importante testimonianza del Barocco messinese, tra le poche ricostruire dopo il sisma del 1908. All’interno dell’Istituto, si prosegue nelle stanze di Padre Annibale, dove trascorse gli ultimi mesi della sua vita fino alla sua morte nel 1927 e dove le Figlie del Divino Zelo conservano i suoi cimeli. Una significativa raccolta iconografica del tempo e oggetti liturgici aiuta il visitatore a ricostruire la storia del fondatore dei Rogazionisti, unitamente a quella del luogo. Il percorso porterà il visitatore a scoprire l’antico chiostro medievale del Monastero, risalente al XIII secolo e conservato nella sua originalità. All’interno del Monastero vi è la Cappella in cui sono state collocate le tredici lampade d’argento, commissionate dallo stesso Padre Annibale in ricordo dei tredici religiosi e religiose che persero la vita durante il terremoto del 1908, che ardono davanti al SS. Sacramento. Visite a cura degli Apprendisti Ciceroni dell’IC “Mazzini” di Messina, dell’IIS “Maurolico” di Messina, dell’IIS Verona Trento di Messina e dell’XI IC “Gravitelli” di Messina. Aperture: Sabato e domenica ore 10 – 13.

POZZI E CISTERNE SULL’ANTICA VIA DEL DROMO

La noria ricade in via Minissale, del Comune di Messina, il cui nome ha origine dal latino dominus, cioè padrone, poiché dai terreni della zona si ricavavano delle rendite dominicali, il nome venne storpiato in “dominissale” e poi in “Minissale”. Fino a metà degli anni ‘50, era una contrada agricola, coltivata intensamente ad agrumeti, ortaggi e uliveti, e dove si allevava bestiame. La realizzazione della S.S. 114 e la costruzione di numerosi caseggiati hanno in breve tempo determinato una forte espansione edilizia.

Importante testimonianza di archeologia agricola rappresenta un raro esempio in Sicilia di ruota idraulica, utilizzata in agricoltura per sollevare acqua da grandi serbatoi interrati mediante una serie di secchie equidistanti fissate su un nastro senza fine, mossa dal movimento rotatorio di un animale, generalmente un asino, che girava attorno ad un’asse per portare l’acqua in alto e, attraverso condotti aerei in terracotta distribuirla nei campi per irrigarli. Per evitare all’animale di distrarsi, o di fermarsi o di sentirsi male durante il movimento rotatorio, si metteva una benda sugli occhi per non farlo vedere. Questo sistema a trazione animale, importato dagli Arabi, e ancora utilizzato in Nordafrica, è stato successivamente soppiantato dagli impianti a vapore con motore a scoppio.

La noria è una costruzione tipica in molte zone agricole del messinese: di solito sono costruzioni circolari, poste attorno a un pozzo, sulla cui copertura venivano installati dei macchinari per il sollevamento dell’acqua. La monumentale e preziosissima “noria” di Minissale è dotata di una rampa elicoidale esterna che consentiva agli animali, asino, mulo o cavallo, di poter salire in sommità per mettere in moto il nastro pescante senza fine ad attingere l’acqua dal profondo serbatoio. Questa è singolare sia per l’imponente struttura muraria alta circa cinque metri, che per la presenza di un’ampia rampa elicoidale che permetteva di far salire gli animali, che attivavano i macchinari. L’interno è costituito da uno spazio circolare coperto da una volta a botte realizzata in mattoni, all’esterno degli archi rampanti sempre in mattoni reggono la rampa. Un tempo nascosta tra i giardini, ne emergeva la sommità tra le chiome degli aranci e dei limoni. In occasione delle Giornate FAI d’Autunno sarà possibile scoprire questo sito di grande interesse storico ed architettonico, testimonianza e memoria storica delle nostre tradizioni. Saranno raccontate le origini, il funzionamento, e tanto altro, nel solco della tradizione e dell’impegno del FAI a far scoprire luoghi nascosti, o come in questo caso edifici di grande valore etno-antropologico, con l’obiettivo di accendere la curiosità e soprattutto recuperare una splendida testimonianza della nostra cultura contadina. Luogo solitamente chiuso. Visite a cura degli Apprendisti Ciceroni dell’ IC “Catalfamo” di Messina e della scuola secondaria di I grado “G. Martino” dell’IC Tremestieri di Messina. Aperture: Sabato e domenica: 10 – 13 / 14 – 17

GIARDINI VICTORIA – TRAPPITELLO (TAORMINA)

I Giardini Victoria sorgono in una zona collinare all’interno della tenuta agrumicola Pietraperciata vicino a Taormina. E’ difficile stabilire dove finisca il “giardino” dei limoni e delle arance, e dove abbia inizio l’altro “giardino” ornamentale: l’uno si fonde con l’altro con l’obiettivo di dare dignità e rispetto a un territorio fragile, facile preda d’incendi estivi e di frane alluvionali. La presenza dei Giardini permette la coltivazione per finalità didattiche e ornamentali complementari all’agricoltura.

Rappresentano il fulcro di diversificazione di una storica tenuta agricola. Qui veniva coltivato il gelso per la seta, la vite, gli olivi e successivamente aranci e limoni. Le colline che dominano la tenuta, erano interamente coltivate fino agli anni ‘60 con mandorli, olivi, vigne e cereali. L’attenta presenza umana e la saggia regimentazione delle acque piovane in inverno hanno permesso per secoli la creazione di un paesaggio collinare che si è degradato con l’abbandono dell’agricoltura collinare non più competitiva rispetto all’agricoltura meccanizzata di pianura. Sorti dal 2021 offrono percorsi naturalistici, caratterizzati da una macchia mediterranea rivitalizzata dalla messa a dimora di centinaia di cespugli e arbusti e dalla sua ricca collezione di piante ornamentali.

Il viale d’ingresso ha inizio con un bel cancello le cui decorazioni riproducono il logo dei Giardini e lo stemma dei San Martino del Pardo dai quali la tenuta agricola passò agli Alliata di Villafranca, attuali proprietari, nei primi del ‘900. Il viale d’ingresso si snoda lungo un percorso fiancheggiato da due carrubi, uno degli alberi più caratterizzanti l’ambiente mediterraneo, e da aranci e palme. Sulla destra è visibile una maestosa roccia detta “Pietraperciata”. Si tratta di una roccia le cui “grotte a botticelle” fungevano da sepolture probabilmente risalenti alle popolazioni sicule dell’età del ferro. I caseggiati sono composti da tre corpi principali: la grande casa ornata da merli, un palmento nello stesso cortile, e un ampio edificio addossato a una roccia. Si tratta di edifici che testimoniano l’antica tradizione agricola della Tenuta. La casa grande da semplice alloggio per i San Martino del Pardo durante la vendemmia, si trasformò in una dimora più elegante agli inizi del ‘900 quando alcuni degli ornamenti architettonici del Castello di Villagonia vi furono trasferiti. Il Castello espropriato nel 1917, fu demolito per far posto all’attuale stazione ferroviaria di Taormina. Una collezione di rose antiche, un pomario ed il biolago arricchiscono il percorso di visita. Le giornate FAI sono la migliore cornice per presentare i Giardini Victoria, nati con l’obiettivo di contribuire a ripristinare l’equilibrio pedo-biologico di un territorio collinare. I Giardini vogliono offrire un modello di come un terreno senza possibilità di reddito agricolo soddisfacente, e quindi suscettibile di abbandono e degrado, possa ritrovare una sostenibilità economica offrendo ai visitatori delle esperienze a contatto con la natura: fiori e piante ornamentali che cambiano con l’evolversi delle stagioni, escursioni a piedi o in bicicletta; partecipazione ad attività agricole tradizionali come la raccolta delle olive e degustazione di olio d’oliva e tanto altro. Il biolago, riempito con l’acqua del fiume Alcantara discendente anche dalle nevi dell’Etna, permette la crescita di piante acquatiche ed è un paradiso per libellule e damigelle. L’equilibrio biologico dell’acqua si mantiene con un sistema biologico di filtraggio con ghiaie e con l’ausilio di piante palustri e acquatiche e l’azione purificante di colonie batteriche “buone”. Le visite guidate saranno a cura della proprietaria e ideatrice Donna Vittoria Alliata dei Principi di Villafranca. VISITE A CURA DI Vittoria Alliata di Villafranca. Aperture: Sabato e domenica: 10 – 12 / 16 – 18. La visita dura circa 2 ore. Tenuta Pietraperciata, Via Fondaco D’Accorso, 98039 Trappitello di Taormina (ME).

CIMITERO VECCHIO DI SANTO STEFANO CAMASTRA

Il Cimitero Vecchio, protagonista dell’ultima edizione dei luoghi del Cuore, è ubicato sulle colline di Santo Stefano di Camastra, a circa un km dal centro storico, in via Mercè 22. Nella seconda metà del XIX secolo è stato luogo di sepoltura. Ha una superficie di 18 x 20 ed al suo interno sono collocate circa 96 tombe, tutte ricoperte da maioliche, a testimonianza dell’arte degli artigiani stefanesi. La sua unicità è rappresentata sia dalla struttura delle tombe, denominate alla cappuccina, sia dal rivestimento, costituito da mattonelle chiamate “ambrogette” decorate con motivi ornamentali su fondo bianco.

Con la denominazione di “cimitero vecchio” si intende indicare il sito sepolcrale di campagna utilizzato nel periodo 1878-1880. Tuttavia, non avere rintracciato nell’archivio comunale, le delibere di Consiglio del decennio compreso tra il 1870 ed il 1880, non ci consente di ricostruire i passaggi amministrativi che portarono alla decisione di istituire il Cimitero Comunale in quella località. Si ignorano anche il numero delle salme che vi vennero effettivamente sepolte. I lavori curati dalla Sovrintendenza BB.CC.AA. di Messina nel 1991, hanno portato alla luce ed in parte restituito all’antico splendore, complessivamente 89 sepolture di adulti e bambini.

La sepoltura tipo è data da una camera funeraria quasi sempre semi-interrata. La camera funeraria è chiusa da una volta a botte in mattoni pressati sulla quale veniva poi costruita una sovrastruttura in pietrame marnoso finita con intonaco e rivestita nella parte superiore con mattonelle maiolicate di produzione locale. Tutto lascia intendere che le tombe venivano costruite non ante-mortem ma post-mortem. Cioè la tomba veniva costruita attorno alla salma quando questa era già deposta in una fossa semi preparata. Il Cimitero Vecchio, per la varietà della composizione decorativa delle sue “ambrogette”, costituì allora ed in parte costituisce anche adesso un autentico campionario della produzione locale di mattonelle maiolicate dell’epoca del massimo sviluppo di questa attività artigianale (si deve rilevare che in molte sepolture le mattonelle utilizzate per la realizzazione del rivestimento appartengono alla primissima produzione – anni ’50 e’60 del XIX sec., solo successivamente evolutasi con l’uso delle cosidette “mascherine” che garantivano la riproduzione seriale estremamente definita del decoro utilizzato) . Questa circostanza attribuisce al sito un interesse ed una rilevanza etno-antropologica e storico-artistica che per quasi un secolo è del tutto sfuggita.

Immerso tra gli di ulivi di Piano di Sant’Elia, si trova un luogo inaspettato, che sorprende e meraviglia chi varca il cancello. A prima vista sembra insolito, quasi festoso, che la “funerea campagna” sia inondata dallo sfavillio di colori dei rivestimenti di mattonelle dei sepolcri – caldo abbraccio di luce in luogo di gelido sudario – perché tutto ciò esula dalla comune percezione estetica che la nostra cultura ha dei cimiteri: austeri campi di croci e cippi; monumentali strutture adorne di fredde statue marmoree evocatrici del supremo trapasso; anonimi colombari gelidi scaffali d’archivio delle vicende umane. Il “Cimitero Vecchio” è un luogo dell’anima, la genuina espressione della creatività degli artigiani stefanesi della seconda metà del XIX sec. – epoca del maggiore splendore dell’arte di produrre mattonelle decorate – artigiani che forse inconsapevolmente collocando le proprie realizzazioni vollero celebrare se stessi, e con semplicità la memoria dei defunti. La loro opera ci ha consegnato uno scrigno prezioso, un museo a cielo aperto delle loro creazioni che racconta l’epopea di un’arte in una comunità che ha saputo tramandarla conservandone intatto il fascino primigenio. Luogo chiuso al pubblico perché in corso di restauro. Aperture: Sabato ore 10 – 12 e 15 – 17.

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