Giovanni Calcagno e il suo Polifemo innamorato: "L'amore trasforma"

Giovanni Calcagno e il suo Polifemo innamorato: “L’amore trasforma”

Emanuela Giorgianni

Giovanni Calcagno e il suo Polifemo innamorato: “L’amore trasforma”

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venerdì 25 Agosto 2023 - 16:00

Intervista all'attore siciliano, protagonista all’alba del 28 agosto della rassegna “Interpretare l’Antico” al Parco Archeologico di Naxos

Il Mito torna protagonista al Parco Archeologico di Naxos, per la terza edizione della rassegna teatrale “Interpretare l’Antico”, diretta da Gigi Spedale per la Rete Latitudini.
La rassegna è parte integrante del più ampio progetto Comunicare l’Antico, organizzato dal Parco Archeologico Naxos Taormina, diretto da Gabriella Tigano, con il Festival NaxosLegge, diretto da Fulvia Toscano; con il contributo della Regione Siciliana e dell’Ersu Messina, il patrocinio del Comune di Giardini Naxos, la collaborazione del Cospecs e del Dams dell’Università di Messina.

Polifemo innamorato

Nella suggestiva cornice del Teatro della Nike, tra la magia dell’alba, lunedì 28 agosto il grande protagonista è il “Polifemo innamorato” di e con Giovanni Calcagno (produzione La Casa dei Santi/Statale 114, con il contributo del Parco Archeologico di Naxos).

Lo spettacolo – tratto dall’idillio di Teocrito, la riscrittura del quale si arricchisce anche del confronto con le Metamorfosi di Ovidio – va in scena alle ore 6,00 del mattino, con ingresso libero dalle 5,30 e racconta la storia dell’amore non ricambiato di Polifemo per la ninfa Galatea che lo porterà a dimenticare il lavoro di pastore e vivere di poesia, la sola capace di alleviare le sue pene.

Giovanni Calcagno

Attore siciliano (di Paternò), autore, regista, formatore, gli interessi – e i talenti – di Giovanni Calcagno è noto siano numerosi e variegati: dal teatro di strada da cui parte (nel 1998 fonda il Gruppo Batarnù) al cabaret negli anni di formazione catanesi; dalla televisione (tantissimi titoli, tra gli ultimi Anna di Niccolò Ammaniti e Buongiorno, mamma!) al cinema d’autore (approda al cinema con Buongiorno, notte di Marco Bellocchio – con cui continua a collaborare per tutta la sua carriera, nel 2019, per esempio, è in Il traditore – tra i suoi ultimi titoli cinematografici, invece, Spaccaossa di Vincenzo Pirrotta) e, sempre, tantissimo teatro, come interprete e come regista. Ha pubblicato, anche, Principuzzu Nicu, riscrittura in siciliano de Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry e Tre mele cadute dal cielo, traduzione italiana di 56 fiabe armene.
Alla sua vastissima attività artistica aggiunge da tempo anche la riscrittura delle grandi opere classiche.

Calcagno si è raccontato Tempostretto, presentando il suo Polifemo innamorato.

L’intervista

Iniziamo con il “Polifemo innamorato” che porterà in scena nel Parco archeologico di Naxos. Cosa dobbiamo aspettarci dal racconto di un’immagine diversa da quella che più comunemente attribuiamo al Ciclope?

“Il Polifemo innamorato al Parco Archeologico di Naxos è una prima nazionale. È una riscrittura de “Il Ciclope innamorato”, uno dei più begli Idilli di Teocrito, un mio cavallo di battaglia. Gli ellenisti avevano il vizio di prendere i miti molto famosi e declinarli in modi poco usuali. L’amore non ricambiato di Polifemo per la ninfa Galatea lo rende, infatti, un poeta. In dialetto dorico, la bella scrittura di Teocrito vuole sottolineare che ogni uomo, anche il più rozzo, se abitato dal sentimento dell’amore può trasformarsi. Lo rappresento solitamente in una doppia interpretazione: in lingua originale, il Greco, e in Siciliano.
A Naxos il Polifemo innamorato si arricchisce ulteriormente del confronto con la narrazione di Ovidio. Cinque secoli dopo, nel libro XIII delle Metamorfosi, il poeta latino, partendo proprio dall’idillio di Teocrito, ci presenta un Polifemo divorato dalla gelosia verso il pastore Aci, anche lui innamorato, e ricambiato, da Galatea. Polifemo, adirato, scaglia contro Aci un grande masso di pietra lavica, schiacciandolo. Dalla sua morte, però, Aci si trasformerà in un picciolo fiume che dall’Etna sfocia nel mare (nel tratto dove si incontravano i due amanti), potendo così ricongiungersi con la ninfa marina e celebrare il loro amore.
Il mio Polifemo innamorato, come una suite, si sviluppa in sei quadri e sei lingue. Al greco antico e al siciliano, si aggiungono parti in italiano, ovviamente, ma anche in veneto, in romanesco e in napoletano”.

Cosa può insegnarci Polifemo innamorato?

“Il Polifemo innamorato di Teocrito, ma anche quello Ovidio, portano un messaggio d’amore. La mia riscrittura vuole far dialogare stili e suoni diversi con uno stesso obbiettivo: quello di presentare l’amore come un sentimento di trasformazione, un vettore di cambiamento”.

Da un po’ lavora e mette in scena la riscrittura di classici della letteratura di ogni tempo. Carmelo Bene affermava che la drammaturgia si sarebbe potuta fermare ai classici greci. Sicuramente è un’affermazione opinabile, ma credo volesse sottolineare l’eternità di queste opere, il loro continuare sempre a dirci qualcosa su noi stessi e sul mondo. Secondo lei, da cosa nasce questa forza dei classici, la loro capacità di rivelare noi a noi stessi?

“Amo molto Carmelo Bene e penso che le sue affermazioni vadano prese quasi sempre come provocazioni. Ha lavorato tantissimo su Shakespeare e credo volesse dire che la scrittura dei classici ha un valore, una potenza, un simbolismo e una profondità difficili da eguagliare. I miti, in particolare, rivelano prospettive che riescono a superare il presente e mostrare l’uomo in una dimensione molto più ampia, soprattutto riguardo la sua struttura interiore e il rapporto con tutto ciò che lo circonda”.

Cosa si aspetta lei, invece, e cosa prova nel condividere un testo così importante nella magica atmosfera dell’alba nella sua Sicilia?

“Per quanto riguarda l’alba mi sento un po’ intimorito, in verità! Non vedo l’ora, però, di provare l’energia del sole che sorge dallo Ionio, è impossibile trovare una cornice più giusta per questa narrazione, con l’Etna imperiosa che ci sveglierà e ci farà sentire la sua voce. Per me, sarà una grande emozione. Quello che provo quando racconto queste storie è la gioia personale, lo faccio perché mi piace tantissimo e credo fermamente che questa condivisione possa regalare qualcosa al pubblico, un distacco dalle cose del presente a volte così piccole e limitate. In una cultura come la nostra, in cui tutto passa veloce, un bel racconto a voce in mezzo alla luce naturale e alla magia del Parco Archeologico può restituirci quella semplicità di cui abbiamo bisogno”.

Le chiedo, allora, che rapporto ha con la sua terra?

“Bello e molto importante. Ho una casetta in campagna nella zona a Nord dell’Etna, in cui andiamo spesso con mia moglie. Ho tantissimi amici qui, le mie radici; è, quindi, sempre speciale lavorare in Sicilia, sentirsi a casa”.

Con una carriera così ricca e variegata in cui ha fatto di tutto, dal teatro di strada al cabaret, poi, fiction, cinema d’autore, film comici, non posso non domandarle: cosa le piace di più? Ha una preferenza? E cosa accomuna tutte queste forme d’arte?

“Non ho preferenze, tutto ciò che è successo nella mia carriera è stato la diretta conseguenza di una curiosità, di una irrequietezza nel cercare qualcosa.
Trasmettere il rapporto con la Tradizione con la T maiuscola – non parlo della tradizione legata solo alla mia terra, ma quella in generale dei popoli – credo sia una funzione che posso assumermi e cui posso obbedire ed espletare in qualità di attore e narratore. Cerco sempre di portare storie che ci facciano vedere come la natura umana sia ovunque la stessa, pur nelle sue infinite sfumature, e quanto sia importante, per questo, lo scambio e il viaggiare delle storie stesse, l’incontro tra gli sguardi diversi”.

Ultima domanda: prossimi progetti?

“Un bellissimo ritorno al passato: parteciperò alla Disfida di Barletta, sia come narratore che come attore cavaliere. Questo mi dà grande gioia, dietro la mia voglia di recitare e fare arte c’è sempre il grande desiderio di giocare e giocare a fare il cavaliere sarà incredibile. Poi, aspetto l’uscita della fiction L’arte della gioia. Tratta dall’omonimo romanzo postumo della scrittrice catanese Goliarda Sapienza, racconta la storia incredibile di questa donna, con la regia di Valeria Golino”.

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