Prosegue il processo di secondo grado ai consiglieri comunali della scorsa legislatura condannati per i lavori lampo delle commissioni consiliari. Ieri hanno parlato i difensori.
E' andata ai difensori, ieri, la parola al processo d'appello sulla così detta Gettonopoli. Una lunga udienza, interrotta solo per osservare un minuto di silenzio, quando è arrivata la notizia della morte del professore Vincenzo Scalisi, emerito dell'Università di Messina.
La Corte ha ascoltato gli avvocati della difesa, come quelle di Libero Gioveni (al quale viene contestato un unico episodio e non relativo alle presenze lampo e per il quale lo stesso Procuratore generale ha chiesto l'assoluzione) e Piero Adamo. Tutti hanno puntato soprattutto su una questione fondamentale: per quanto il funzionamento dei lavori delle commissioni consiliari sia da riverdere, per quanto intascare il gettone di presenza per sedute quanto meno poco utili e a volte "lampo", possa essere sbagliato o riprorevole, in realtà il reato penale contestato dalla Procura non c'è.
La linea dei difensori, quindi, è incentrata su questioni puramente tecniche di diritto, e che mettono in luce alcuni punti di illogicità e contraddittorietà della sentenza di primo grado.
Ieri ha parlato anche l'avvocato Carlo Taormina, difensore dell'ex consigliere comunale Santi Daniele Zuccarello – una delle posizioni più contestate, almeno a livello politico, ed anche il suo intervento è stato dello stesso tenore. "Il sistema va certamente rivisto", ha detto Taormina "ma il reato non c'è".
Si torna in aula il prossimo 12 dicembre e se gli altri difensori concluderanno, e il Procuratore Generale non vorrà replicare, i giudici potrebbero riunirsi in camera di consiglio per la sentenza.
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