Messina, condannato ex commissario dei Vigili: sbrigava pratiche della moglie

Messina, condannato ex commissario dei Vigili: sbrigava pratiche della moglie

Messina, condannato ex commissario dei Vigili: sbrigava pratiche della moglie

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lunedì 01 Ottobre 2018 - 17:18

L'ex capo della sezione motociclisti dovrà pagare 2 mila euro al Comune. La Cassazione lo ha condannato per peculato d'uso continuato: sbrigava pratiche assicurative della moglie in ufficio.

E’ arrivata la condanna in via definitiva per l’ex commissario della polizia municipale di Messina accusato di peculato. La Sesta sezione della Corte di Cassazione ha confermato il verdetto d’appello, emesso dai giudici di II grado della città dello Stretto il 21 aprile 2017, per l’allora capo della sezione motociclisti, accusato di sbrigare pratiche assicurative in orario d’ufficio.

Giuseppe L, questo il nome dell’agente, sbrigava le pratiche di tre diverse società assicuratrici di cui la moglie era subagente, e qui riceveva un gran via vai di clienti senza che risultassero tra i visitatori. Per questa attività avrebbe anche usato l’auto di servizio, in qualche caso facendosi persino accompagnare dai colleghi. Il reato di cui è riconosciuto responsabile è peculato d’uso continuato.

L’uomo è stato assegnato ad altre mansioni dal luglio 2010, dopo le segnalazioni di una ispettrice che nel 2009, in un clima generale di omertà e tolleranza, aveva invece reagito e scritto una lettera di denuncia al Comandante dei vigili di Messina, e poi una nuova missiva nella quale si lamentava di non essere stata convocata e faceva cenni più specifici al doppio lavoro, con mezzi dello Stato, di Giuseppe L.

Questa la ricostruzione della vicenda, come si legge nel verdetto della Suprema Corte.

Durante l’indagine una decina di vigili andarono a testimoniare a favore del loro capo ma la Procura li ha ritenuti inattendibili e due di loro sono stati denunciati per falso al pm. Altri, al contrario, hanno confermato la denuncia della ispettrice lo aveva preceduto, raccontando delle trasferte con mezzi e in orari d’ufficio verso la sede della moglie e dal commercialista di famiglia. L’ex commissario si è sempre difeso ammettendo di collaborare all’attività della moglie ma sostenendo di non averlo mai fatto in orari d’ufficio.

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