I sanitari erano stati accusati di omicidio colposo per la morte di Orazio Urzì Brancato, stroncato da una perforazione intestinale dopo 10 giorni di ricovero. Il giudice li ha assolti perché il fatto non sussiste.
Era il 27 agosto del 2010 quando Orazio Urì Brancato morì, dopo 10 giorni di ricovero all’ospedale Papardo. Ci sono voluti più di otto anni per scagionare il medici che lo assistevano.
Ieri in tarda serata il giudice monocratico Curatola ha assolto perché il fatto non sussiste i camici bianchi Teresa Mazzola, Silvio Tommasini, Umberto Maisano, Sarina Niosi e Antonina Ripepi. Il collega Carmelo Signorino era già stato prosciolto in udienza preliminare
Agli imputati era stato contestato di non essersi accorti, nonostante ve ne fossero i sintomi, che il paziente, reduce da un intervento chirurgico per la presenza di un aneurisma dell’aorta addominale, aveva una perforazione intestinale. Diagnosi tardiva che ha fatto sì che si intervenisse solo il 26 agosto, quando ormai la situazione era compromessa.
I familiari della vittima, la moglie e le figlie di Orazio Urzì Brancati, si erano costituite parti civili con l’assistenza dell’avvocato Fabio Petrucci.
Ma il dibattimento ha stabilito che i medici si erano comportati correttamente e che la morte del paziente non è dipesa dal loro approccio terapeutico. Il giudice ha quindi accolto le richieste dei difensori, gli avvocati Bonaventura Candido, Giancarlo Foti, Maurizio Germanà e Giuseppe Picichè e li ha assolti con formula piena, perché il fatto non sussiste