La Corte di Cassazione conferma il carcere a vita per il mandante boss della zona sud. Si riapre il processo di secondo grado, invece, per Rosario Vinci: per lui ergastolo annullato con rinvio.
Diventa definitiva la condanna all'ergastolo emessa per Marcello D'Arrigo, ritenuto uno dei mandanti dell'omicidio di Stefano Marchese, freddato il 18 febbraio 2005 al distributore dell'Annunziata Alta.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del pregiudicato considerato uno dei boss della zona sud cittadina, confermando il carcere a vita. Parzialmente accolto, invece, il ricorso alla Suprema Corte dell'avvocato Salvatore Silvestro, difensore di Rosario Vinci, per il quale la condanna è stata annullata con rinvio. Per lui la Corte d'Appello dovrà adesso riaprire il processo.
Marchese era giovanissimo quando fu ucciso, aveva 26 anni ed era da poco uscito dal carcere, impiegandosi presso il distributore. Erano le prime ore del pomeriggio e aspettava in auto che l'area di servizio aprisse per prendere servizio quando in due su una moto si avvicinarono, aprirono il fuoco addosso, finendolo con un colpo in testa quando era già a terra, dopo essere uscito di corsa dall'auto nel tentativo di fuggire.
A svelare i retroscena del delitto sono stati i pentiti, a cominciare da Gaetano Barbera, auto accusatosi di essere stato lui il killer sceso dalla Honda per uccidere il ragazzo. Il movente: il tentativo di Marchese di "scalare" il clan di Giostra e controllare parte del marcato della droga.
A fare luce sul delitto è stata la Squadra Mobile di Messina. Da subito gli investigatori avevano sospettato il movente, inquadrandolo nella guerra di mafia che in quegli anni produsse altri morti, in città, nello scontro interno tra i gruppi della zona sud e di Giostra. Le dichiarazioni di Barbera confermarono il quadro già tracciato.