Chiamato in causa dai pentiti, Vinci aspetta ora il processo bis in appello per la morte del ventisettenne, freddato a colpi di pistola nel febbraio 2005 all'area di servizio dell'Annunziata alta.
La Corte d'Appello di Messina ha scarcerato Rosario Vinci, accusato dell'omicidio di Stefano Marchese, ucciso il 18 febbraio 2005 al distributore di carburanti dell'Annunziata alta. Vinci era stato condannato in primo grado e in appello, ma la Corte di Cassazione lo scorso aprile ha annullato il verdetto rinviandolo ai giudici di secondo grado. In attesa del processo bis, quindi, visti i rilievi della Suprema Corte, i giudici d'appello hanno accolto la richiesta dell'avvocato Salvatore Silvestro e lo hanno rimesso in libertà.
Ad aprile invece la Cassazione aveva respinto il ricorso sull'ergastolo per Marcello D'Arrigo, rendendo la condanna definitiva.
D'Arrigo è accusato di aver dato l'ordine di eliminare il giovane Marchese, uscito di galera da poco e impiegato al distributore della zona nord.
Era in auto, in attesa che aprisse il distributore, nel primissimo pomeriggio, quando i killeri gli si avvicinarono in moto e gli puntarono la pistola addosso. Stefano Marchese ha cercato di scappare, ma la raffica di colpi non gli ha lasciato scampo. Quando era già a terra, il killer gli ha inferto un ultimo colpo alla testa.
La decisione di uccidere il giovane non era solo di D'Arrigo, secondo i pentiti, che hanno chiamato in causa anche Rosario Vinci e il padre Giovannino, che controllavano la zona dell'Annunziata, dove Marchese stava cercando di "allargarsi" a scapito dei vecchi referenti.
A fare luce sul delitto è stata la Squadra Mobile di Messina. Da subito gli investigatori avevano sospettato il movente, inquadrandolo nella guerra di mafia che in quegli anni produsse altri morti, in città, nello scontro interno tra i gruppi della zona sud e di Giostra. Le dichiarazioni di Barbera confermarono il quadro già tracciato.