Decise anche 2 assoluzioni totali e una prescrizione. Il processo vedeva alla sbarra gli esponenti del clan che gestivano furti, traffico di droga e le slot machine imposte dai La Valle.
Si chiude con 11 condanne e 2 assoluzioni il processo di primo grado dell’operazione Dominio, l’inchiesta sul nuovo clan di Mangialupi. La I sezione penale del Tribunale (presidente Micali) ha emesso il verdetto nel tardo pomeriggio di ieri, decidendo condanne pesanti per alcuni, facendo cadere per altri pesanti accuse, e scagionando totalmente dalle accuse due persone.
Ecco il dettaglio della sentenza: 10 anni a Giovanni Aspri, 15 anni e mezzo a Giuseppe Giunta, 15 anni a Nunzio Corridore, 4 anni e 3 mesi a Francesco Crupi, 3 anni e 4 mesi a Francesco Russo,4 anni a Mario Schepisi, 1 anno e 10 mesi a Francesco Benanti. Infine 6 mesi di arresto per Giovanni Aloisi, Rosario Aloisi, Salvatore Arena e Salvatore Utano. Per questi ultimi quattro la pena è sospesa.
Esce del tutto scagionato dalle accuse contestate Antonino Scimone, assolto dalle due accuse contestate con formula “perché il fatto non sussiste” e perché il fatto non costituisce reato. Assolto del tutto anche Nunzio Cangemi. Per loro il Tribunale ha deciso che gli deve essere restituito tutto quanto era stato sequestrato. Incassano assoluzioni parziali anche Corridore, Rosario e Giovanni Aloisi, Salvatore Arena e Salvatore Utano. Infine, esce dal processo per la prescrizione dell’unica accusa contestata Francesco Alleruzzo.
“E’ stata accolta del tutto la nostra impostazione”, commenta l’avvocato Isabella Barone, difensore di Scimone, soddisfatta del risultato del processo. “Era quanto meno anomalo che il mio cliente, al quale era contestata l’intestazione fittizia di alcuni beni”, fosse imputato ma che figurasse anche come vittima di un’estorsione, svelata dalle indagini.
Insieme all’avvocato Barone, componevano il collegio difensivo gli avvocati Domenico Andrè, Giuseppe Donato, Salvatore Silvestro, Alessandro Trovato, Alessandro Billè.
E ‘ questa quindi la decisione dei giudici alla fine del processo di primo grado, che vedeva alla sbarra quella parte di indagati che aveva scelto di affrontare il rito ordinario, definendo la loro posizione attraverso il vaglio del dibattimento. Alla sbarra c’erano soprattutto i nomi storici del clan, che gestivano in particolare il giro di droga. Poi alcuni gestori delle sale giochi dove erano piazzate le macchinette imposte dallo stesso clan, oppure i fedelissimi che coadiuvavano chi tirava le fila nel fiorente business delle scommesse on line e in sala giochi.
Infine, i pregiudicati coinvolti nella trance delle rapine.
Un’altra parte degli indagati aveva scelto il rito abbreviato, chiuso con 13 condanne lo scorso febbraio.
In quel troncone c’erano i “principali protagonisti” dell’inchiesta del GiCo della Guardia di Finanza, sfociata in 21 arresti nel marzo del 201, ovvero i La Valle, che avevano riorganizzato il business come “reggenti” del boss storico Antonino Trovato, riciclando soprattutto nel business delle sale giochi i proventi di droga, rapine ed estorsioni. I profitti crescevano imponendo poi ai locali della zona le loro slot machine, spesso truccate.
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