Autentiche ovazioni del pubblico per un concerto indimenticabile nel segno di Mozart
MESSINA – Un concerto di eccezionale livello è andato in scena domenica al Palacultura, per la stagione musicale dell’Accademia Filarmonica, sicuramente destinato ad essere uno dei più entusiasmanti concerti dell’intera stagione concertistica.
La Filarmonica del Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo, orchestra di giovani musicisti di talento, diretta dall’eccellente maestro Pier Carlo Orizio, direttore da tempo affermato in campo internazionale, ha interpretato alla perfezione due straordinari concerti per pianoforte di Wolfgang Amadeus Mozart. Grande protagonista della serata il noto pianista Giuseppe Albanese, straordinario virtuoso dello strumento, già in passato ospite acclamato della nostra principale sala da concerto.
Mozart contribuì come nessun altro all’evoluzione della storia del concerto per pianoforte e orchestra, componendo ben 27 concerti per tale organico, dei quali uno per tre ed uno per due pianoforti, durante tutto il corso della sua vita, e innovando totalmente il genere con il raggiungimento di un perfetto equilibrio fra piano e orchestra, lasciando ai posteri una serie di capolavori, pietre miliari che hanno elevato questo genere musicale a vette inaccessibili. Il pianoforte nei concerti mozartiani non ha più il ruolo di solista protagonista (pretesto per sfoggiare il virtuosismo del pianista di turno, mentre l’orchestra si limitava ad un discreto accompagnamento), ma diventa parte integrante dell’orchestra stessa, con la quale ora dialoga, ora si alterna secondo lo schema di domanda e risposta, ora suona all’unisono con essa.
Il concerto n. 18 in Si bemolle maggiore, K 456, primo brano eseguito, costituisce il penultimo di una serie di n. 6 concerti, tutti di eccezionale spessore artistico, composti a Vienna nel 1784. Dedicato alla pianista cieca Maria Theresia Paradies, molto famosa all’epoca, il concerto presenta una straordinaria varietà di modulazioni maggiore/minore nel primo tempo, mentre il secondo movimento è costituito da una serie di variazioni, desolate e sofferte, di grande impatto emotivo, su un tema in sol minore. Il terzo movimento è rappresentato da un brillante ed elegante rondò, genere del quale Mozart è stato indiscusso e insuperato maestro.
Una breve ma interessante composizione giovanile di Benjamin Britten, “Young Apollo, op. 16 per pianoforte, quartetto d’archi e orchestra d’archi” ha concluso la prima parte della serata. Si tratta di una sorta di fanfara trionfale, dalla scrittura però sempre elegante, con una breve parte centrale più lenta, quasi una pausa di riflessione prima della conclusione a carattere eroico. Britten scrisse questo brano, un inno al dio mitologico della bellezza, a soli 26 anni, nel 1939, in procinto di partire per l’America, vista l’aria di guerra che spirava in Europa.
La seconda parte della serata è stata dedicata interamente al brano più atteso, il Concerto per pianoforte e orchestra n. 21 in Do maggiore, K 467, uno degli ultimi concerti composti da Mozart, e sicuramente uno dei più amati.
Il primo movimento, “Allegro”, dal tono lievemente maestoso, di estrema eleganza, è ricchissimo di temi tutti bellissimi, che si aprono uno derivazione dell’altro; è un brano sereno e positivo, ma sempre velato di ombre e chiaroscuri. Il movimento si svolge con una miracolosa naturalezza, tuttavia leggendo una lettera del padre Leopold, che definisce il concerto “terribilmente difficile” aggiungendo che “alcuni passaggi non sono armonici fino a che non si sentono suonare tutti gli strumenti insieme” ci si rende conto di quale straordinaria perizia e padronanza di mezzi avesse raggiunto Mozart nella tecnica compositiva.
Il secondo movimento, “Andante”, non ha bisogno di presentazione, tanto è famoso, e la sua fama è direttamente proporzionale alla sublime bellezza di questo brano, con il quale il grande musicista austriaco ci trasporta in un’atmosfera onirica, una sorta di lied intimo e spirituale, in cui il pianoforte canta il celeberrimo tema con l’orchestra che ora accompagna in sordina ora a sua volta riprende il canto, definito da Einstein “un’Aria ideale, finalmente libera da tutte le limitazioni della voce umana”.
Il terzo movimento, “Allegro vivace assai”, è più leggero e spensierato, anche se, come in tutti i rondò mozartiani, non mancano i momenti di inquietudine, con le modulazioni tonali da maggiore a minore; una ventata di freschezza, in cui si respira già l’atmosfera del Figaro, di un anno successivo.
Giuseppe Albanese, pianista di straordinario talento tecnico e artistico, ha eseguito i concerti di Mozart con grande personalità; preciso e nitido nell’esecuzione dei rapidi fraseggi mozartiani (trilli, scale e arpeggi etc.), ricco di pathos nei passaggi più profondi e caratterizzati da quella velata malinconia tipica del musicista di Salisburgo, come nei movimenti centrali dei due concerti. Originale nelle cadenze (gli assolo eseguiti ad libitum dal pianista prima della conclusione del movimento), suppongo composte da Albanese stesso, ove, in particolare, nel primo movimento del concerto n. 21, ha accennato anche al famoso motivo della Sinfonia n. 40 dello stesso Mozart. Probabilmente Mozart avrebbe gradito, avendo anche lui fatto uso di questo espediente, come, ad es., nel Don Giovanni, ove utilizzò un motivo del suo Figaro.
Davvero pregevole la prova dell’Orchestra, diretta saggiamente daPier Carlo Orizio, una raffinata e moderna interpretazione dei concerti mozartiani, e un perfetto dialogo con il pianoforte.
Albanese e la Filarmonica del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo hanno strappato autentiche ovazioni del numeroso pubblico presente.
Il pianista ha concesso tre pregevoli bis, il commovente “Pas de deux”, dalla trascrizione per pianoforte di Michail Pletnev della Suite dallo Schiaccianoci, di P.I. Cajkovskij: musica sublime caratterizzata nella versione originaria orchestrale dall’accompagnamento in arpeggi delle arpe, sostituito da splendidi arpeggi al pianoforte. Si tratta di una trascrizione che presenta difficoltà tecniche davvero ardue, che il pianista ha affrontato e risolto con brillantezza e sicurezza, sfoggiando un eccellente virtuosismo. Gli altri due bis, richiesti con insistenza dal pubblico, il “Perpetuum mobile” dalla Sonata n. 1 di Weber e il terzo “Etincelles” di Mozskowsky, sono dei veri e propri pezzi di bravura, adatti a permettere al pianista di sfoggiare tutta la sua abilità tecnica.
Un concerto entusiasmante, di eccezionale levatura, peccato non aver assistito anche a un bis dell’Orchestra, il pubblico avrebbe sicuramente apprezzato.