Giuseppe Albanese entusiasma il pubblico nel concerto inaugurale della Filarmonica Laudamo

Giuseppe Albanese entusiasma il pubblico nel concerto inaugurale della Filarmonica Laudamo

Giovanni Francio

Giuseppe Albanese entusiasma il pubblico nel concerto inaugurale della Filarmonica Laudamo

martedì 26 Ottobre 2021 - 21:18

La Filarmonica Laudamo ha inaugurato la sua stagione concertistica domenica scorsa, al Palacultura, con un pianista, Giuseppe Albanese, di straordinario talento tecnico e artistico.

“Invito alla danza”, così era intitolato il concerto, sembra un augurio ad una vera rinascita musicale nelle sale da concerto, dal vivo, dopo il triste e oscuro periodo caratterizzato dalla pandemia, purtroppo non ancora del tutto debellata.

L’intitolazione fa riferimento ai brani in programma, tutti ispirati alla danza, al valzer soprattutto ma anche alla musica da balletto, eseguita in trascrizioni per pianoforte assai efficaci.

“Invito alla danza” è anche il titolo del primo brano eseguito, una brillante composizione di Carl Maria Von Weber, in una splendida trascrizione di Carl Tausig, famoso soprattutto per aver composto i difficili esercizi di tecnica pianistica, croce degli allievi di pianoforte. In realtà il brano fu composto originariamente per pianoforte, col titolo di “Invito al Valzer”, ma la trascrizione per orchestra che ne fece Berlioz, denominandolo “Invito alla danza” è di gran lunga più popolare ed eseguita. Si tratta di un rondò brillante, intriso di ritmi di danza, tutti in tre quarti, un vero omaggio al valzer.

Dopo il famosissimo Valzer da “Coppelia” di Leo Delibes, nella bella trascrizione di Erno Von Dohnanyi, Albanese ha poi eseguito una Suite dallo Schiaccianoci, terzo dei grandi balletti (dopo Il lago dei cigni e La bella addormentata), di P.I. Cajkovskij. Dai tre balletti sono state tratte delle Suite per orchestra, ancora oggi molto eseguite, e Cajkovskij stesso realizzò quella dallo Schiaccianoci. La geniale trascrizione per pianoforte di Michail Pletnev, tuttavia, non contiene gli stessi brani della Suite orchestrale. Troviamo, fra gli altri la famosissima Marcia, la danza Russa, la danza degli Zufoli, La fata Confetto, per finire con il commovente “Pas de deux”, musica sublime caratterizzata nella versione originaria orchestrale dall’accompagnamento in arpeggi delle arpe, sostituito da splendidi arpeggi al pianoforte.

Si tratta di una trascrizione che presenta difficoltà tecniche davvero ardue, che il pianista ha affrontato e risolto con brillantezza e sicurezza, sfoggiando un eccellente virtuosismo.

La seconda parte del concerto è iniziata con l’esecuzione di un’altra efficacissima trascrizione (di Guido Agosti) di un balletto: Suite da “L’uccello di fuoco” di Igor Stravnskij. Del balletto, commissionato da Serghei Diaghilev e che rese celebre il musicista russo, la Suite comprende la impressionante “Danza infernale di Kascei”, caratterizzata da fortissimi accordi martellanti sulla tastiera, cui segue, in assoluto contrasto, la “Berceuse”, lirica e dolcissima, per finire con il “Finale”, che include sia il momento lirico, uno splendido incipit, e quello festoso e trionfale con cui termina il balletto. Anche questo brano, in particolare la danza infernale, è ricco di passaggi tecnici di difficoltà trascendentale, eseguiti con assoluta padronanza dello strumento da Albanese.

È stata la volta del “Prelude a l’après-midi d’un faune” di Claude Debussy, nella trascrizione di Leonard Borwick. Questo capolavoro, destinato a cambiare e stravolgere la storia della musica da lì in avanti (siamo nel 1893), rappresenta il proposito del rivoluzionario compositore francese di illustrare liberamente le “impressioni” ispiratrici del poema di Mallarmè (così nasce quindi il c.d. “impressionismo” in musica). Lo stesso Mallarmè, entusiasta del brano, ebbe ad affermare “Non mi aspettavo una cosa simile! La vostra musica prolunga l’emozione dei miei versi e rende l’ambientazione con più passione ed efficacia di quanto non riuscirebbe a fare la pittura”. Tutto l’incanto che si sprigiona da questo splendido brano, ove il flauto è assoluto protagonista e l’orchestra produce meravigliosi effetti sonori, evocativi del fauno e dei suoi desideri erotici nei confronti di alcune ninfe, e del successivo assopirsi nel suono del flauto di Pan da lui stesso suonato, purtroppo nella trascrizione per piano viene a mio avviso quasi del tutto compromesso.

Il concerto ha avuto il suo apice nell’ultimo brano eseguito, “La Valse” di Maurice Ravel.

Il musicista compose questo straordinario capolavoro per pianoforte, tra il 1919 e il 1920, per poi trascriverlo nella più nota versione per orchestra. Intendimento del musicista era quello di rappresentarlo come danza di scena, ma Daighilev, al quale venne proposto il progetto, pur considerandolo un capolavoro, non lo ritenne adatto ad un balletto. Ravel voleva celebrare la stagione d’oro del valzer viennese, un vero e proprio omaggio a Johann Strauss, e così descrisse la sua composizione, nell’intento di vederla rappresentata in scena: “…alcune nuvole turbinose lasciano intravvedere attraverso qualche schiarita coppie di danzatori di valzer. Esse si dipanano a poco a poco: si distingue un’immensa sala, popolata da una folla vorticosa. La scena si rischiara progressivamente. La luce dei lampadari prorompe sul fortissimo”. È un brano intriso di drammaticità, a volte sinistro e angosciante, ove le sognanti melodie del valzer vengono continuamente frantumate in accordi dissonanti, fino al precipizio finale. Il musicista francese crea un’atmosfera che, come ha osservato Jankelevitch, “rispecchia la catastrofe che sconvolse il mondo ed aprì un baratro tra la vecchia e la nuova Europa”.

Di difficoltà inaudita, il brano è stato eseguito in maniera coinvolgente e travolgente da Giuseppe Albanese, che ha strappato le ovazioni del numeroso pubblico presente.

Il pianista, ringraziando i presenti e non nascondendo la sua gioia ed emozione per il ritorno in una sala finalmente con il pubblico presente, ha concesso due pregevoli bis, “Ottobre” da “Le stagioni” di Cajkovskij, un notturno malinconico e struggente, emblema della sensibilità artistica del musicista russo, e il famosissimo “The man i love” di George Gershwin.

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