Eventi meteo estremi che colpiscono Messina Sud e lo Jonio: dinamiche e sviluppo

Eventi meteo estremi che colpiscono Messina Sud e lo Jonio: dinamiche e sviluppo

Daniele Ingemi

Eventi meteo estremi che colpiscono Messina Sud e lo Jonio: dinamiche e sviluppo

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giovedì 08 Ottobre 2020 - 07:33

Gli ingredienti meteorologici che causano gli intensi eventi precipitativi che colpiscono la zona ionica e i villaggi della zona sud

La città di Messina, assieme a buona parte dei comuni della fascia ionica, a sud dell’area dello Stretto di Messina, da sempre risulta particolarmente avvezza ai fenomeni alluvionali di una certa portata, con evidenti tracce fin dai tempi antichi. Non per caso la città, come molti comuni limitrofi, poggia su un tipo di suolo alluvionale, composto principalmente da materiali di riporto, spinti a valle dalle varie alluvioni che si sono succedute nei secoli.

Dal 1500 al 1800 l’area del messinese è stata interessata da numerosi eventi alluvionali lampo, con tanto di morti e disgrazie ogni qual volta che si verificavano violente manifestazioni temporalesche lungo la zona peloritana. Dal 1700 al 1800 si contano almeno più di una ventina di gravi alluvioni, alcune delle quali talmente tremende da aver cagionato decine e decine di morti fra le popolazioni dei casali della zona sud della città, in seguito alle imponenti colate di fango dalle colline circostanti. Nella maggior parte dei casi questi eventi alluvionali si concentravano nell’area a sud, fra le borgate di Tremestieri e Giampilieri, fino all’intera fascia ionica.

Del resto, sia per un fattore di esposizione ai venti da sud (quelli che portano le masse d’aria più calde che possono caricare più vapore acqueo) che morfologico (colline a strapiombo sul mare), spesso le alluvioni che colpiscono la parte sud di Messina e i comuni della costa ionica messinese, da Scaletta Zanclea fino a Giardini Naxos, sono causate da fenomeni precipitativi a sfogo temporalesco, particolarmente “estremi” e “localizzati”, che nel giro di poche ore riescono a scaricare al suolo ingenti quantitativi d’acqua, in qualche caso fino ad oltre i 250-300 mm in meno di 3-4 ore, come accaduto nel recentissimo evento del 1 Ottobre 2009.

Il temporale autorigenerante responsabile dell’alluvione del 1 ottobre 2009

Tale fenomeno prende il nome di “onda temporalesca peloritana”, visto la peculiare configurazione che lo genera. Per avere questo tipo di manifestazioni temporalesche bisogna aspettare che si realizzi una determinata “configurazione barica” che mette le basi per lo sviluppo di pericolosi temporali “pelocosta” (prossimi alla costa) sottovento al versante ionico peloritano. Stando alle statistiche, gli eventi alluvionali che flagellano il messinese avvengono nel periodo autunnale, tra i mesi di settembre, ottobre e novembre, quando le temperature dello Ionio sono ancora abbastanza elevate, punte di +25°C +26°C, da consentire il trasferimento di molta energia termica alla colonna d’aria sovrastante, sotto forma di calore latente e tanto vapore acqueo.

Una rarissima foto del temporale del 1 ottobre 2009 ripreso dalla zona sud di Messina da Giacomo Rizitano

Un elemento indispensabile per la genesi di questi eventi precipitativi estremi e l’attivazione di un potente flusso sciroccale nei bassi strati, a seguito dell’approfondimento di un vortice depressionario tra le coste nord-africane e il Mediterraneo centro-occidentale. Data la particolare disposizione della dorsale dei Peloritani i venti da sud e sud-est addensano una fitta nuvolosità cumuliforme lungo i versanti orientali dei monti Peloritani per lo “stau” (sbarramento orografico), favorendo la nascita di un tappeto di nubi basse, con base anche sotto i 400 metri, che contribuiscono a dare la stura alle prime precipitazioni lungo la costa ionica e sulle vallate sopravento dei monti Peloritani.

I venti di scirocco (flusso pre-frontale) provenienti dalla costa libica, transitando sopra lo Ionio, particolarmente caldo nei mesi autunnali, si umidificano notevolmente raggiungendo le coste del messinese e l’area sud dello Stretto di Messina come correnti molto umide e calde (si tratta pur sempre di aria sub-tropicale). L’aria umida incontrando i ripidi pendii dei Peloritani orientali tende a salire bruscamente di quota, raffreddandosi e agevolando la formazione di imponenti addensamenti a sviluppo verticale, come grossi cumuli e cumulonembi, spesso carichi di piogge e rovesci molto localizzati nel territorio.

L’immagine satellitare del 01/10/2009 mostra chiaramente l’improvviso sviluppo della cellula temporalesca autorigenerante (indicata dalla freccia rossa) che ha scaricato in meno di 4 ore circa 300 mm d’acqua sui villaggi della zona sud di Messina. Un altro fattore indispensabile per lo sviluppo di questi fenomeni estremi è la presenza in quota, nella media troposfera (oltre i 5000 m di altezza), di una corrente particolarmente instabile e fredda da sud-ovest che scorre a gran velocità sopra i crinali della catena peloritana, sovrastando l’aria molto calda e umida messa in moto dai flussi sciroccali in azione negli strati più bassi.

Di solito, nelle situazioni tipo, abbiamo venti al suolo da S-SE o SE, molti caldi e umidi, mentre in quota i venti tendono a disporsi da SO o O-SO, nella media troposfera, oltre i 5000 metri di altezza. L’immensa quantità di umidità che i venti di scirocco e ostro addensano sulla costa ionica, sotto i versanti orientali peloritani, viene in qualche modo scalzata da questo potente vento freddo da sud-ovest in quota, determinando cosi insidiose turbolenze, esaltate dall’aspra orografia del loco.

Quando si verificano queste situazioni vanno a scontrarsi masse d’aria notevolmente diverse fra loro, per temperatura e stato elettrico, da tale scontro si vengono a creare fortissimi moti ascensionali (moti convettivi) a ridosso della dorsale orientale dei Peloritani che favoriscono la formazione e la crescita dei temibili “temporali autorigeneranti”, con imponenti nubi a sviluppo verticali capaci di apportare piogge torrenziali, accompagnate da lampi, tuoni e forti raffiche di vento.

Questi sistemi temporaleschi autorigeneranti tendono a rimanere semi-stazionari per diverse ore lungo l’area costiera, tra la costa ionica messinese e la fascia meridionale dello Stretto, specie quando sullo Ionio è presente un flusso sciroccale molto forte, scaricando veri e propri diluvi, rotti solo dalle innumerevoli fulminazioni, spesso sotto forma di autentiche tempeste elettriche, e dai tuoni fragorosi che l’accompagnano.

Nel caso tragico del 1 ottobre 2009 la cella temporalesca autorigenerante si espandeva verso l’imboccatura sud dello Stretto, portando veri e propri diluvi sulle vallate di Scaletta e Giampilieri. Ad ovest si vede l’avanzare di un vasto sistema temporalesco a mesoscala che ingloberà solo in tarda serata/notte il temporale peloritano. Alle volte il fenomeno dell’”onda temporalesca peloritana” viene preceduto da intense sciroccate, specie se in presenza di aree depressionarie profonde (sotto i 1000 hPa) sul Mediterraneo centro-occidentale, tra le Baleari e la Sardegna, accompagnate da severe mareggiate per onde di mar morto lungo tutti i litorali ionici del messinese, da Giardini Naxos fino a Capo Scaletta, e sul settore meridionale dello Stretto di Messina.

Non per caso le grandi mareggiate da levante e scirocco che flagellano l’area ionica sono accompagnate o seguite da intense fasi temporalesche che vedono la rotazione delle correnti dal quadrante occidentale o sud-occidentale. Durante le ultime alluvioni del 25 Ottobre 2007 e il triste episodio del 1 Ottobre 2009 è stato osservato che le “celle autorigeneranti”, sorte sottovento ai Peloritani, hanno preso un grosso sviluppo venendo toccate in alta quota da un ramo secondario della “corrente a getto”, di ritorno dalla costa nord-africana. Probabilmente questo avrà pure generato dei fenomeni vorticosi, tipo “funnel” o “trombe marine”, in seno alla massa temporalesca, anche se dalle cronache non risulta alcun tipo di avvistamento.

Quando lo scirocco, sia al suolo che in quota, raggiunge una certa intensità, con picchi di oltre 120 km/h, un fenomeno analogo, ma con dinamiche differenti, si può verificare lungo la costa tirrenica, fra l’area del barcellonese e il milazzese, con il famoso effetto “Alcantara-Agrò”. In questo caso la fascia ionica e lo Stretto vengono letteralmente “saltati” dal maltempo.

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