Grande successo di pubblico per la prima di “Aida”

Grande successo di pubblico per la prima di “Aida”

Giovanni Francio

Grande successo di pubblico per la prima di “Aida”

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sabato 10 Febbraio 2024 - 19:00

Una produzione del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, eccellente sul piano musicale e scenografico

MESSINA – L’attesissima rappresentazione, una produzione Ear Teatro di Messina, con l’allestimento Opera production C.D. Gmbh – Austria, per la regia di Carlo Antonio De Lucia, è stata eccellente, sia sotto il profilo musicale che sotto quello scenografico.

La recensione

È una grande emozione assistere alla rappresentazione di “Aida” al Teatro Vittorio Emanuele di Messina, l’ultimo momento di vita e di bellezza nella città, prima della catastrofe del 1908, e ciò è stato ricordato nell’ultima immagine sullo sfondo del palcoscenico – il Teatro fra le macerie del terremoto – nella spettacolare resa dell’Opera verdiana che ha avuto luogo venerdì sera, davanti ad un pubblico numerosissimo ed entusiasta.

Composta nel 1870, su libretto di A. Ghislanzoni, basato a sua volta su una trama dello scrittore francese C. du Locle, ma con ampia partecipazione, nella sua stesura, da parte di Verdi stesso (tanto che quest’ultimo può considerarsi l’autore principale del libretto), l’opera fu rappresentata per la prima volta al Cairo, il 24 dicembre del 1871, (pare per celebrare l’apertura del Canale di Suez, ma non ci sono fonti certe), con un anno di ritardo rispetto alla sua programmazione, a causa della guerra franco prussiana. La prima rappresentazione in Italia ebbe luogo nel 1871, a Milano, e fu un enorme successo.

 Si tratta di una delle ultime opere composte da Giuseppe Verdi (seguiranno Don Carlos, Otello e Falstaff) e una delle più popolari e amate della storia dell’opera. Indubbiamente è un melodramma di grande effetto, per via dell’alta spettacolarizzazione delle scene, dei costumi esotici, della maestosità delle scene corali (in primis ovviamente la celebre marcia trionfale). Ma, a dispetto di tale spettacolarità, Aida costituisce invece uno dei capolavori verdiani più intimi e psicologicamente analitici: il sentimento di amore della schiava etiope (Aida), ricambiato, nei confronti di Radames – il guerriero prescelto dai sacerdoti per sconfiggere l’esercito di Etiopia, la sua patria, il cui re, Amonasro è proprio il padre di Aida – contrasta in maniera lacerante con l’amor di patria  e del padre; l’amore per Aida di Radames, che prima cederà al dovere di sposare Amneris, la figlia del re, ma poi, confessato il suo involontario tradimento (svelerà ad Aida, sentito da Amonasro, il luogo in cui l’esercito egiziano attaccherà gli etiopi), sceglierà di scontare la tremenda pena, rifiutando di discolparsi; l’amore di Amneris verso Radames, anch’esso puro e assoluto, e la sua rivalità con Aida: Amneris cercherà fino alla fine di salvare Radames, nonostante la consapevolezza del suo amore non ricambiato, arrivando a maledire i sacerdoti che lo condanneranno a morte; infine la straziante morte di Radames, seppellito vivo, che si ritrova accanto Aida, che sceglie di nascosto di morire con il suo amato, in un ultimo meraviglioso abbraccio (ancora una volta l’indissolubilità di amore e morte), costituiscono molteplici aspetti e sfaccettature psicologiche forieri di grandi conflitti interni, che rappresentano il focus dell’opera e che Verdi, con la sua musica, ha saputo rendere mirabilmente, in equilibrio con le scene sfarzose, anch’esse fortemente caratterizzanti questo capolavoro.

Il carattere estremamente intimista dell’opera d’altronde è confermato dallo splendido Preludio iniziale, lirico, sviluppato dagli archi, di sapore quasi wagneriano, composto da due temi, veri leitmotiv nel corso dell’opera, che rendono meravigliosamente il dramma della schiava Aida, innamorata dell’uomo destinato a sconfiggere l’esercito del padre, e l’intransigenza ottusa dei sacerdoti, che condanneranno a morte Radames, il più fulgido condottiero egiziano, per un tradimento involontario.

La rappresentazione andata in scena al Teatro messinese ha saputo restituire in maniera eccellente la dicotomia di intimo e spettacolare che caratterizza il capolavoro verdiano.

Molto elegante e di grande suggestione l’ambientazione scenica in cui si sviluppa il dramma. Diversi elementi dell’antico Egitto, come gli obelischi, i due leoni con la testa di ariete, lo scarabeo sacro, la statua del dio Ftah, e nello sfondo suggestive immagini del Nilo e di templi egizi (anche se il libretto, che ambienta la storia a Tebe, parla di un tempio di Vulcano, dio estraneo alla religione egizia), hanno impreziosito, insieme agli splendidi costumi, la messa in scena davvero spettacolare, ma mai pacchiana, dell’opera.

Di grande suggestione anche i balletti – le danze consacratrici di Radames, prescelto dai sacerdoti per sconfiggere l’esercito etiope, e quelle celebrative della vittoria della battaglia contro gli Etiopi – eseguiti da un superbo corpo di ballo femminile (il Corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Odessa, con l’inserimento di un ballerino in duetto), aggraziati ed eleganti, dal carattere esotico, ove le danze sono sempre eseguite con i palmi delle mani rivolti verso l’alto, fedeli alle rappresentazioni figurate nei templi egizi.

Spettacolare la scena più nota, a conclusione del secondo atto, la Marcia trionfale, con i due trombettieri in costume che suonano in scena le note della famosissima marcia, così come prescritto da Verdi, che per l’occasione ideò un tipo particolare di tromba lunga e dritta (detta appunto tromba dell’Aida).

 Eccellente il cast di cantanti: il soprano Oksana Dyka, voce molto bella e chiara, è stata una sofferta Aida; il mezzo soprano Sanja Anastasia , nel ruolo di Amneris, applauditissima, ha saputo rendere alla perfezione il difficile personaggio, nel quale albergano sentimenti di amore puro, ma anche di rabbia e di rivalsa nei confronti della rivale in amore, e infine di totale condanna verso i sacerdoti che decreteranno la morte del suo amato; il tenore Walter Fraccaro, un ottimo Radames, dalla voce potente e sicura, forse un po’ rigido in scena.

Chiara e sicura anche la voce del basso Giuseppe Altomare, un Amonasro efficacemente in parte. Molto bene anche i comprimari: Dario Russo, una superba prestazione nel ruolo del sacerdote Ramfis; Paolo Peccghioli, un eccellente Re d’Egitto, molto applaudito; il Messaggero, Davide Scigliano e Oleksandra Chaikovska, bravissima e delicata sacerdotessa.

La rappresentazione è stata altresì arricchita dal Coro lirico “Francesco Cilea” diretto dal Maestro Bruno Tirotta, praticamente perfetto, importantissimo protagonista dell’opera, al quale Verdi ha riservato pagine fra le più famose della sua intera produzione operistica.

Un plauso, infine, all’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, diretta da Carlo Palleschi, dal gesto sobrio e appassionato ad un tempo, che ha fornito una interpretazione di grande livello, restituendo con sapienza ed equilibrio i contrasti fra intimo lirismo e potente orchestrazione, entrambi, come detto, presenti nell’opera verdiana. Una direzione attenta e precisa, già nel Preludio, eseguito con estrema raffinatezza, ma soprattutto nel meraviglioso finale, ove la musica piano piano sembra dissolversi, accompagnando il canto dei due amanti morenti, l’ultima invocazione di pace di Amneris, e l’inno dei sacerdoti al dio Fthà, tre elementi così diversi psicologicamente fra di loro, uniti dalla musica di Verdi che conclude in pianissimo, così come era iniziata, la memorabile opera.

Un commento

  1. Lo ammetto : ogni volta che assisto alla rappresentazione di quest’ora, provo una grande emozione. E’ dall’età di 8 anni che mi succede, ma tengo duro. Particolarmente nel IV ATTO, nel finale del quale, nel quale il canto del coro dei sacerdoti, di Radames, Aida, si mescolano in dolorossimo e sentito intreccio (tecnicamente : una vera e propria concatenazione di voci di timbro diverso) sottolineato, alla fine da Amneris , col suo “Pace, Pace”. (qui ogni volta, mi viene da piangere, ma riesco, finora a contenermi), forse perchè percepisco l’atroce componente del lutto, del dolore umano. Bene, non succede per caso : c’e’ un motivo reale, che rende il Cigno di Busseto in grado produrre questa musica indimenticabile ed unica : quando il Verdi scrisse queste pagine aveva perso moglie e figli (a quei tempi, di tetraciclina , manco a parlarne) , era povero in canna e prossimo allo sfratto. Peggio di cosi’ …. Con quest’opera si risollevo’, altre ne seguirono e poi …. avrebbe conosciuto la Stepponi .. Potenza della musica, vero ? Un consiglio : quando andate a Teatro, spegnete i cellulari e godetevela tutta, scena e musica . VIVA V.E.R.D.I !

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