Pino Falzea e Gianfranco Salmeri nella nota invitano la politica messinese a raggiungere i migliori obiettivi alla luce della oggettiva situazione dell'AP individuata con la riforma
Non si può che essere soddisfatti della riapertura del dibattito sull'Autorità portuale messinese, dopo la conferenza stampa del governatore Crocetta ed i recenti interventi dei parlamentari dei partiti di centro.
Si potrebbe obiettare che la discussione sia tardiva, ma non è mai troppo tardi per ragionare su argomenti così vitali per la città. Però il ragionamento va contestualizzato.
Ed è necessario essere realisti.
Nessuno sarebbe più soddisfatto di noi se Crocetta dovesse riuscire, grazie ad un ricorso in sede di Corte Costituzionale, ad ottenere il mantenimento dell'autonomia del sistema dei porti messinesi.
Così come ci piacerebbe che la futura sede dell'Autorità siculo-calabrese fosse la città dello Stretto, ma riteniamo l'obiettivo difficilmente raggiungibile: per la sede a Catania Crocetta giocava in casa, per spostare a Messina la sede di una autorità interregionale servirebbe il consenso del governatore calabrese, che non avrebbe motivo di concederlo. E d'altra parte sarebbe importante dal punto di vista identitario e politico, ma sul piano operativo più che la sede – in relazione alla si sarebbe dovuto lavorare tutti, sin dall'inizio, affinché potesse essere la città Metropolitana di Messina – riveste una fondamentale importanza la sua governance.
Infatti quand'anche avesse casa a Messina, l'organo di governo della futura Autorità di Sistema Portuale del Tirreno meridionale, sarebbe comunque sbilanciato a nostro sfavore.
Il comitato di gestione, oltre al presidente che si presuppone super partes, sarà a maggioranza calabrese, con tre componenti d'oltrestretto (uno indicato dal sindaco di Reggio, uno da Gioia Tauro ed uno nominato dalla regione Calabria) e due messinesi (uno indicato dal sindaco di Messina ed uno dalla regione Sicilia).
Non vuole essere questo ragionamento una concessione alla retorica campanilistica. Ma è dovere della politica tutelare anzitutto gli interessi del proprio territorio. Dovunque si usa fare così. Ed allora che si approfitti di questo momento di attenzione sul tema, per aprire un tavolo di concertazione con il Governo per la difesa delle prerogative della nostra città.
Tutti i protagonisti del dibattito politico, quelli pro e quelli contro l'accorpamento, senza distinzioni, alzino la voce a Roma per obiettivi raggiungibili e non velleitari. E le priorità a nostro avviso sono due.
La prima è quella di implementare una iniziativa legislativa che garantisca una qualche forma di autonomia amministrativa al costituendo ufficio portuale di Messina, come sostenuto di recente da personaggi politici di rilievo.
La seconda è quella di restituire le aree del demanio marittimo, non funzionali rispetto alle attività portuali, alla piena titolarità della città. Si tratta di avviare la richiesta di sdemanializzazione di parti del territorio quali la cittadella fieristica e la passeggiata a mare, la zona falcata, via Vittorio Emanuele, il lungomare del Ringo, le zone del Baby Park e villa Sabin.
Aree tra le più pregiate del nostro territorio, fino ad ora sotto la gestione di un Ente pienamente messinese e domani, condizione assolutamente inaccettabile, sotto la potestà dell'Autorità portuale di Gioia Tauro.