In Sicilia l'1 e il 2 novembre vi sono tradizioni analoghe alla festa di Halloween. Ecco quali
C’è un’ipocrisia rampante riguardo alla tanto stigmatizzata festa di Halloween in Sicilia. Cristianisti e tradizionalisti si uniscono in una sola voce per urlarle contro, quelli come se vi vedessero dentro Satana in persona, questi perché affermano che la lugubre visione “anglosassone” deturpa la spensieratezza della Festa dei Morti siciliana. Niente di più falso: tante cose, una in particolare, dimostrano che le due feste sono in realtà identiche, anzi la stessa festa con due nomi diversi (e date).
Dovete sapere che in Sicilia si crede(va) fermamente nel ritorno dei Morti durante la notte tra l’1 e il 2 Novembre, proprio come si dice riguardo al 31 Ottobre: si chiama il Viaggio, e vede i defunti tornare dalle tombe e invadere le città. Che brutta festa Halloween, eh?
Qui sono descritte le usanze dei varî abitati della Sicilia in un’unica esposizione al presente, per creare un’idea unitaria ed estemporanea di questo stravagante Viaggio.
Un portale tra i mondi
Quando l’1 Novembre cala la sera, le campane vengono suonate con un tocco funebre e così vanno avanti tutta la notte, in concomitanza con il momento in cui si ritiene che i Morti, risvegliati, varchino la porta di questo mondo (Salaparuta).
Si crede che l’ora dei Morti sia a notte fonda ma nessuno sa indicarla con esattezza, ma c’è chi dice che l’apparizione sia decretata dal primo canto del gallo (Modica); un’altra voce vuole che il Viaggio avvenga soltanto ogni sette anni (Casteltermini).
L’ora dei Morti
È un punto preciso quello dal quale sbucano i Morti nella notte spettrale, in ogni città. Originariamente è il luogo in cui tutte le salme sono inumate, ma anche coloro che non sono ivi sepolti si raduneranno comunque sul posto, probabilmente perché è là che si aprono le porte dell’oltretomba. Usualmente si tratta di distaccati monasteri dei Cappuccini adibiti anche a luoghi d’inumazione, come si usava un tempo; ma in qualche caso sorgono da vecchie necropoli (Baucina, dal monte Falcone), tant’è vero che sembrano più corporei che eterei (Milazzo). Appena risorti, i Morti gridano: “Comanda, comanda!”, ma a chi si rivolgano non si sa, poi tacciono, sembrando svaniti (Francofonte).
Mentre i rintocchi infrangono il silenzio e nel buio avviene l’adunata, è compito delle vecchie sagge istruire i nipoti sui misteri di quella notte, raccontando loro le gesta degli antenati e guidandone la preghiera in loro onore (Salaparuta); dopodiché i pargoli vengono messi a letto, perché assolutamente nessuno deve vedere i Morti.
Le ordinate schiere dei morti
Dai racconti emerge che i Morti che appaiono durante questa notte hanno delle divise, abiti e colori specifici che devono indossare e accessorî che devono portare con sé. Le testimonianze non sono concordi: a volte sono tutti vestiti di bianco (Baucina), a volte di bianco è il lenzuolo funebre che portano e pure i calzari di seta che li rendono silenziosi (Aci Reale), ma altre vanno a piedi nudi, penitenti (Borgetto). La testimonianza più significativa tuttavia li vede, ordinati a due a due, suddivisi in tre squadroni: prima vengono coloro che morirono in stato di grazia, con abiti bianchi, poi coloro che permangono nella dannazione, con abiti neri, e infine coloro che subirono una morte violenta, con abiti rossi (Modica).
Ma la cosa più assurda è che spesso fanno cose inspiegabili, apparentemente insensate. Infatti recitano quasi sempre litanie, ma spesso sono formule completamente incomprensibili (Baucina), oppure il Rosario (Catania); c’è chi li ha visti camminare con nella mano destra un rosario che sbattono continuamente contro un pitale che sorreggono con la sinistra (Baucina), comportamento apparentemente blasfemo, mentre altri li avrebbero sentiti recitare insistentemente: “Meu meu catameu”, chiaramente una formula misteriosa forse latina non compresa dall’ascoltatore (Francofonte).
Se qualcuno si dovesse affacciare per guardare il passaggio dei Morti e dovesse riuscire a osservare, non è certo cosa vedrebbe, giacché potrebbero essere invisibili (Francofonte), o se sono visibili non si capirebbe bene se questi siano spiriti eterei e intangibili o se siano fisicamente risorti dalle tombe, come talvolta si descrive la loro sembianza scheletrica (Milazzo).
Sono registrati anche specifici rituali che avvengono in sostituzione della marcia sulle città: talvolta discendono in una certa grotta e là si riuniscono per uno scopo noto solo a loro (Baucina), oppure spariscono improvvisamente alla chiusura delle loro formule segrete (Francofonte).
Le strade che i morti percorrono
I Morti compiono il Viaggio per due motivi: espiano i peccati commessi in vita e visitano i vivi. Perciò, una volta usciti dal loro mondo e attraversata la distanza che li separa dai vivi, gli spiriti dilagano nella città. Le schiere dei defunti in ogni insediamento percorrono le vie processionali, quelle stesse che durante il Venerdì Santo sono gremite dei vivi che vi conducono le varette della Passione: è una lenta processione, affine a quelle delle festività. Non è infrequente, a quel punto che i Morti raggiungano il Calvario (Cianciana), ossia il luogo in cui tradizionalmente s’inscena la crocifissione di Cristo, per pregare, e da là poi ritornino; però c’è chi dice pure che rifuggano i crocifissi (Modica), segno di turbamento nella natura.
Nei luoghi più oscuri, dove non è stata fornita loro la luce dai vivi, questi fantasmi portano candele accese (Partinico), oppure si fanno luce in maniera davvero strana, con bracieri tenuti in equilibrio sulla testa (Modica).
Per chi li chiama “morticini”
Ci sono località in cui non seguono le vie cerimoniali ma usano stradine deserte (Erice), altre in cui vanno direttamente nei quartieri popolosi ove sanno d’incontrare i proprî cari (Milazzo), oppure sostituiscono il giro della città con un rituale importante, il banchetto dei Morti: si riuniscono nella piazza più spaziosa (Erice) e là siedono a mangiare e bere in una grande festa spettrale che potrebbe durare anche fino all’alba, motivo per cui i vivi evitano d’andarci prima che il sole sia sorto del tutto.
Nonostante la loro comparsa talvolta spaventosa e sebbene li si tema, i vivi hanno affetto per quella schiera tra la quale suppongono marcino i proprî cari, e quindi li chiamano Morticini o Morticelli. Perciò preparano del cibo prima che vengano, o dell’acqua (Messina), per placare la loro sete. In quasi tutti i luoghi, i Morti vengono a portare doni, soprattutto ai più piccoli.
Di modi per entrare nelle case ne hanno una miriade, uno di questi è divenire formiche per passare sotto la porta o dalla serratura (Milazzo). I doni, che sono frutta, dolci o giocattoli, sono lasciati ai piedi del letto oppure dentro scarpe appositamente lasciate all’esterno (Salaparuta).
Nonostante la considerazione generalmente benevola, in alcune città si ha molto timore della loro venuta, giacché sono pronti a: spezzare il collo con una testata, cavare gli occhi con delle crocette (Milazzo), martoriare le palme dei piedi con le grattugie; ovviamente sono attenzioni rivolte ai malvagi.
Ma resta una domanda: perché lo fanno, perché i Morti riappaiono proprio oggi? Forse perché vengono a riprendere la loro sempre giovane regina, Persefone, che lo sposo Ade attende nel loro regno infero, cosicché gli strascichi dell’estate e l’autunno cedano il posto al freddo inverno, il tempo del silenzio e della saggezza.
Venuta l’alba, sorto il sole, è il 2 Novembre: è il Giorno dei Morti, quando la visita va ricambiata dai vivi.
Perchè odiare Halloween?
In sintesi: “Ma che è, Halloween?” – Sì, è Halloween, fondamentalmente, solo che noi la chiamiamo Festa dei Morti. Sarà che sono stato traumatizzato da certe cose udite nelle scuole e nelle chiese, fatto sta che non ci riesco a tacere quando la disinformazione abbonda e perciò amo raccontare le usanze che spesso, chi disprezza Halloween in nome della tradizione siciliana, in realtà sconosce.
Queste credenze non le ho né inventate io, né le ho scritte basandomi su qualche sogno fatto durante la notte, men che meno sotto dettatura diabolica, ma le ho lette e riportate dal volume dodicesimo (Spettacoli e feste popolari siciliane) della Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane di Giuseppe Pitrè, che a suo tempo documentò per filo e per segno tutto quanto presente nel folklore gli capitò d’apprendere, ed era per giunta cattolico (come se fosse possibile non esserlo!).
Cari cattolici, cari tradizionalisti, se non vi fidate di me potete fidarvi di Pitrè?