Hikikomori, la storia di Luca: "Mi sento protetto nel mio mondo virtuale"

Hikikomori, la storia di Luca: “Mi sento protetto nel mio mondo virtuale”

Elisabetta Marcianò

Hikikomori, la storia di Luca: “Mi sento protetto nel mio mondo virtuale”

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martedì 21 Marzo 2023 - 08:00

In primo piano la storia di un ragazzo reggino. In Italia il numero dei giovani che sceglie di isolarsi dal resto del mondo si aggira intorno ai trentamila

REGGIO CALABRIA – Una scelta di vita che ha un nome difficile: hikikomori letteralmente “stare in disparte, isolarsi“. Un fenomeno sociale che arriva dal Giappone, ma che negli ultimi anni ha coinvolto il resto del mondo arrivando anche in Italia in cui i dati di crescita sono sempre più preoccupanti. In Italia, infatti, cresce ad una velocità allarmante, il numero complessivo si aggira intorno ai 30.000 ragazzi colpiti. Ma chi sono gli hikikomori? Sono giovani che hanno scelto di ritirarsi dalla società per vivere in isolamento totale.

Lontani, però, dal credere che si tratti di semplici reclusi sociali o di persone che scelgono di vivere da soli. I soggetti che fanno questa scelta individui sono completamente disconnessi dal mondo esterno e dalle relazioni sociali. Secondo uno studio accademico del 2015, gli Hikikomori sono spesso caratterizzati da una bassa autostima, ansia sociale e una mancanza di abilità sociali. Questi individui hanno difficoltà a stabilire relazioni significative con gli altri e a sentirsi accettati dalla società. Questa mancanza di relazioni sociali può portare alla depressione e all’isolamento.

Possibili cause

Abbiamo approfondito l’argomento con il nostro esperto, il dottor Vincenzo Maria Romeo, psichiatra e psicoterapeuta, che oltre a fornirci alcuni informazioni e spunti interessanti ci ha anche raccontato la storia di un giovane ragazzo reggino che chiameremo Luca. “Gli Hikikomori possono essere divisi in due categorie: quelli che scelgono volontariamente di ritirarsi e quelli che sono costretti a farlo a causa di pressioni esterne. In entrambi i casi, la causa principale sembra essere lo stress sociale e lo stress per adattarsi alle aspettative della società; spesso vivono in famiglie in cui ci sono conflitti, scarsa comunicazione e forti aspettative legate al successo. Tutti questi fattori possono contribuire alla decisione di ritirarsi dalla società e isolarsi. Spesso utilizzano internet e i social media come forma di comunicazione e connessione con il mondo esterno. Tuttavia, questi strumenti possono anche essere una forma per evitare le relazioni sociali reali, tant’è che per lo più si sentono inadeguati e incapaci di adattarsi alle aspettative della società”.

I dati del Sol levante

Studi più recenti hanno rilevato che il 34% degli Hikikomori giapponesi soffre di depressione e che il 40% di questi individui soffre di disturbi d’ansia. In Giappone è stata stimata dal governo giapponese al 1,2% della popolazione, ovvero circa un milione di individui, la percentuale di ragazzi e adolescenti che hanno questo comportamento. Il fenomeno ha travalicato i confini Giapponesi, e si è occidentalizzato. All’interno del nostro tessuto sociale, tanti ragazzi “funzionano” con queste modalità, e alcuni hanno cominciato a chiedere aiuto a professionisti e servizi territoriali.

La testimonianza

“Mi chiamo Luca e ho 24 anni. Sono un hikikomori da circa 3 anni. All’inizio, ho iniziato a ritirarmi dalla società perché mi sentivo a disagio con le situazioni sociali e avevo difficoltà a comunicare con gli altri. Ho smesso di uscire di casa, trascorrendo la maggior parte del mio tempo a guardare film, giocare ai videogiochi e navigare su internet. All’inizio, mi sembrava un po’ strano, ma col passare del tempo ho iniziato ad abituarmi alla mia vita isolata. Adesso, non ho più alcuna voglia di uscire di casa e non mi importa della mia vita sociale. Mi sento al sicuro e protetto nel mio mondo virtuale. Mi rendo conto che questo non è normale, ma non riesco a uscire da questa situazione. Ho provato a cercare aiuto, ma mi sembra che nessuno capisca davvero quello che sto passando. Ho paura di essere giudicato e criticato dagli altri. Spero che un giorno troverò la forza di uscire da questa situazione, ma per adesso mi sento bloccato. Vorrei poter comunicare meglio con gli altri e avere un rapporto più sano con il mondo esterno, ma non so da dove cominciare”.

I rischi

Spiega lo psichiatra e psicoterapeuta: “La testimonianza di Luca ci fa capire che serve ridefinire limiti e confini di sovrapponibilità tra mondo reale e mondo virtuale. Gli adolescenti oggi “esistono” con più facilità e si sentono “visti” all’interno di spazi in cui possono modellarsi in termini di contenuti. Il loro avatar corrisponde alle loro aspettative, sublima i loro bisogni, e permette loro di presentarsi schermando quel che non va e mostrando solo quel che è desiderabile socialmente. Tutto questo però ha conseguenze sulla percezione di sé e del ruolo sociale. In una società dove tutto è performance, marketing e vetrina bisognerebbe riportare le radici su quello che siamo, dando dignità e significato alla possibilità che identità sia accettarsi nel proprio mondo interno, senza che il modello “imposto” dalla società diventi la cartina di tornasole dell’essere riconosciuti. Una via necessaria psicologica ed educativa verso la quale il mondo scientifico deve provare a guardare con attenzione. Accanto a questo occorre il coraggio di trovare nuovi strumenti e risposte coerenti per la tutela dei giovani”, conclude Romeo.

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