La nuova edizione del Festival di Capo Peloro, continua ad escludere la realtà israeliana dai propri progetti culturali sul medioriente. E' davvero questa la maniera corretta per comprendere il mondo mediorientale?
Ai nastri di partenza l’edizione 2011 dell’Horcynus Festival che si terrà a Capo Peloro dal 20 al 28 agosto. Quest’anno il tema cardine sarà «(Desideri/Utopie)… Libertà» con particolare attenzione tanto alla difficile situazione del mondo Mediorientale che ai progetti di economia sostenibile da porre in atto. Il tutto sarà condito da musica dal vivo, reading, proiezioni cinematografiche e spettacoli teatrali.
Tuttavia è bene sottolineare chiaramente che per l’ennesima edizione, l’Horcynus Festival continua nella sua politica monodirezionale rispetto al mondo arabo, portando giustamente alla ribalta la cinematografia siriana, egiziana, tunisina, giordana… ma dimenticando in toto la realtà israeliana. Eppure a livello cinematografico e letterario certo non mancano gli esempi di scrittori e cineasti israeliani impegnati seriamente sul tema del dialogo, della protesta civile e della necessaria presa di coscienza del mondo mediorientale, sino ad oggi ostaggio di posizioni egoistiche e ricche di pregiudizi. Ma tutto questo sembra non scalfire minimamente i programmi della Fondazione (presieduta da Gaetano Giunta), decisa a trascurare l’altra metà della mela, come se fosse possibile parlare con completezza di un “Mare di Cinema Arabo”, di “MigrAzioni”, di “Economia Sociale” semplicemente escludendo il principale attore sulla scena mediorientale.
Bisogna senz’altro lodare l’intento dell’incontro del 26, “Le Piazze dell'indignazione” circa le difficili situazioni mediorientali ma vale la pena chiedersi perché si escluda a priori la presenza israeliana non solo dalle proiezioni cinematografiche o dagli incontri letterari ma soprattutto, e in modo assai più colpevole, dall’incontro sulla finanza etica. Possibile che “i rappresentanti della micro finanza e della finanza etica ed alternativa di Italia, Francia, Palestina, Libano, Tunisia, Algeria” non abbiano interesse a dialogare con rappresentanti israeliani? E anche qualora questi non facessero parte del suddetto gruppo di paesi, la Fondazione Horcynus Orca non poteva rimboccarsi le maniche e provvedere ad aprire nuovi spazi di concertazione e di dialogo? Del resto, almeno sulla carta, queste sembrano essere le sue intenzioni dichiarate da oltre cinque anni…
Ovviamente è difficile credere che il programma dell’Horcynus Festival possa porre concrete basi per la necessaria soluzione del conflitto arabo-israeliano ma forse sarebbe necessario fermarsi a riflettere su cosa accadde al Salone Internazionale del Libro di Torino nel 2008 quando si decise di invitare esclusivamente Israele come paese ospite. Ebbene ricorderete che le vie di Torino furono invase da manifestanti, più o meno civili, che contestavano l’ingiustizia di invitare/celebrare/dialogare solo con Israele e non con la Palestina. Il risultato fu un patetico boicottaggio che venne ampiamente stigmatizzato ma il messaggio, anche se attuato in modo discutile, era chiaro. Son passati gli anni e si sono invertite le parti ma a Messina non è cambiato nulla.
Eppure a Messina questo dialogo sarebbe davvero necessario ed inevitabile nonché proficuo vista la presenza di un circolo ARCI attivo e la numerosa rappresentanza palestinese ormai radicata sul territorio. Un dialogo necessario quanto colpevolmente assente. Ma non servono proprio a questo le iniziative “multiculturali” tanto in voga nella nostra città? Purtroppo la sensazione è che spesso si preferisca servire sempre la minestra riscaldata senza mai affrontare temi spinosi, senza mai sporcarsi le mani.
Ma forse in mancanza di una folla rivoltosa, la Fondazione Horcynus Orca non si deciderà mai a mettere da parte un programma per aficionados e nostalgici di sinistra, virando verso un progetto che permetta di conoscere davvero la reale situazione mediorientale senza pregiudizi né preconcetti. Non resta che sperare nella prossima edizione.
di Francesco Musolino