Hotspot. Tornesi (Migrantes): “non è il luogo fisico il problema ma il sistema di protezione e accoglienza”

Hotspot. Tornesi (Migrantes): “non è il luogo fisico il problema ma il sistema di protezione e accoglienza”

Emanuela Giorgianni

Hotspot. Tornesi (Migrantes): “non è il luogo fisico il problema ma il sistema di protezione e accoglienza”

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giovedì 27 Agosto 2020 - 11:26

“La vera soluzione? Un’accoglienza diffusa”. Santino Tornesi di Migrantes interviene sulla questione Hotspot.

Non si ferma la discussione relativa agli Hotspot di Messina. Molte le opposizioni all’ordinanza di Musumeci del 22 agosto che prevede la chiusura dei centri di accoglienza, cui è seguito l’invito del Sindaco De Luca a guidare il popolo alla sommossa.

L’Ufficio Migrantes Messina non ha, allora, potuto far a meno di intervenire.

L’intervento di Migrantes

Migrantes denunciava, sin dalla nascita a luglio del 2016, le condizioni dell’Hotspot di Bisconte. Una prigione totalmente inadatta ad accogliere essere umani.

Una battaglia che non ha mai smesso di combattere e la cui posizione esprime, ancora una volta, e relativamente agli ultimi tristi eventi, con un post sulla pagina Facebook. Un post che vuole parlare di accoglienza piuttosto che di opposizione al Sindaco o al Presidente della Regione.

L’Ufficio diocesano Migrantes è, infatti, l’organismo pastorale costituito dall’Arcidiocesi di Messina, Lipari, S. Lucia del Mela, per accompagnare e sostenere le comunità parrocchiali nella cura dei migranti.

Ne abbiamo parlato con Santino Tornesi.

“Non è il luogo fisico il problema”

“È una situazione critica che abbiamo evidenziato da sempre, però, è peggiorata molto negli ultimi tempi. Il problema non è il luogo fisico, è l’approccio, il sistema di protezione e accoglienza, condizionato dall’Agenda Europea 2015. L’Europa ci ha dettato questo tipo di approccio con gli hotspots, ma sin dall’inizio non è stato rispondente alle necessità delle persone che arrivavano da noi, non ha tutelato i loro diritti di esseri umani” dichiara Tornesi.

Tornesi ci spiega che il sistema degli Hotspot, la sua organizzazione e divisione, viene basato sulla provenienza dei migranti e non sulla persona. “Tiene in considerazione soltanto il Paese di appartenenza, ma la protezione del singolo deve dipendere dalla sua esperienza personale, dalla storia che si porta dietro. Funziona così per accelerare le pratiche di riconoscimento ma calpesta le persone e i loro diritti. E non rispetta la Convenzione di Ginevra”.

Il Decreto Sicurezza di Salvini ha, poi, soltanto peggiorato la situazione, smantellando lo Sprar, il sistema di protezione e accoglienza per i richiedenti asilo e rifugiati che Migrantes appoggiava. “I problemi di sicurezza sociale si verificano non per colpa degli immigrati ma per una politica che ha eliminato la protezione diffusa“ precisa Tornesi.

Contro De Luca e Musumeci

La polemica non è diretta solo contro il Sindaco De Luca, ciò che interessa a Migrantes è che venga fatta chiarezza, che venga conosciuto realmente il fenomeno prima di attaccarlo. “Abbiamo bisogno di informazione e comunicazione, non di lotte politiche e strumentalizzazione del sistema cavalcando l’onda”.

“È un problema complesso – continua Tornesi – che l’ordinanza Musumeci ha ridotto troppo semplicisticamente. Se poi lo colleghiamo pure all’emergenza sanitaria diventa una bomba ad orologeria. Ma i numeri dicono altro, non sono i migranti a portare il Covid”.

Allora quale può essere la soluzione?

Un’accoglienza diffusa

“C’è colpevolezza sia dietro le rivendicazioni urlate sia dietro il silenzio, per questo abbiamo cercato di dirlo con chiarezza” dichiara Tornesi.

Secondo Migrantes vanno eliminati i Decreti Sicurezza e difesa un’accoglienza diffusa. “In un Paese con 60 milioni di abitanti, i numeri che arrivano non sono poi così allarmanti per niente. Se ogni comune accogliesse gli immigrati, ne avremmo davvero 2 per ciascuno, dal piu grande al più piccolo. Non c’è invasione, solo la volontà politica di non creare un vero sistema di protezione. Migliaia di persone vengono bloccate a Lampedusa perché manca la capacità di ridistribuirle sul territorio nazionale.

Non possiamo togliere i fondi ad un sistema di accoglienza virtuosa come lo Sprar, va alimentare l’accoglienza diffusa per un percorso reale di integrazione in cui la persona possa essere ascoltata e riceva la protezione di cui ha diritto” conclude.

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