Condanne più leggere e diverse assoluzioni al processo Beta sulla cellula dei Santapaola, il così detto "mondo di mezzo" di Messina
MESSINA – L’impianto accusatorio di base resta, ma le condanne cambiano, sono più leggere, e tante presunte complicità vengono cassate o cancellate. Si chiude così a Messina il processo di secondo grado dell’operazione Beta, una delle più importanti messe a segno negli ultimi anni, di là dello stretto dato processuale, perché fa luce sugli interessi dei nipoti messinesi del boss catanese Nitto Santapaola e gli intrecci col mondo professionale e istituzionali.
Ecco il verdetto della Corte d’Appello (presidente Tripodi), che vede ridimensionate le condanne rispetto alla sentenza di primo grado (consultabile A QUESTO LINK): Processo da rifare per Vincenzo e Pietro Santapaola: il fatto è diverso da quello contestato, scrivono i giudici, il fascicolo torna quindi alla Procura perché riformuli il reato da contestare in Accusa.
Due anni e 8 mesi con una parziale assoluzione per il patron di Demoter, Carlo Borella, già presidente dell’Ance Messina, l’associazione dei costruttori; 8 anni di reclusione e assoluzione parziale a Stefano Barbera; scende a 9 anni, contro i 14 del primo grado, la condanna per l’avvocato d’affari Andrea Lo Castro, per il quale non viene riconosciuta provata l’aggravante del concorso in associazione mafiosa per il periodo precedente al 2015. Dallo stesso periodo viene riconosciuta l’aggravante a Michele Spina, anche lui parzialmente assolto, che “se la cava” con 8 anni di reclusione. Assoluzione e riqualificazione del reato contestato con “sconto” finale anche per il tecnico del Comune di Messina Raffaele Cucinotta, condannato a 2 anni, come Gaetano Lombardo.
Sono diverse anche le assoluzioni totali, tutte condanne in primo grado, anche pesanti: Ivan Soraci, Fabio Lo Turco, Giuseppe Amenta, Salvatore Piccolo sono scagionati, escono dal processo e da oggi sono uomini liberi se non detenuti per altra causa.
Non doversi procedere per prescrizione, invece, per Salvatore Galvagno, Carmelo Laudani, Salvatore Boninelli, Silvia Gentile, Franco Lo Presti e Domenico Bertucelli. Conferme integrali solo per Alfonso Rescinti e Guido Vasta.
No della Corte alle richieste di risarcimento alle sigle antiracket parti civili, mentre i condannati dovranno pagare le spese legali al Comune di Messina, assistito dall’avvocato Giovanni Mannuccia.
In buona sostanza i giudici di secondo grado non hanno accolto in pieno la richiesta della Procura Generale, che lo scorso 6 maggio aveva invocato in buona sostanza la conferma del primo verdetto per tutti quanti, ma ha “limato” parecchio le varie responsabilità, i ruoli effettivamente avuti nelle vicende contestate e quindi le accuse contestate ai vari personaggi coinvolti, travolti dalla retata del Ros dei Carabinieri del luglio 2017. Alla base dell’inchiesta, insieme ai pedinamenti e le intercettazioni telefoniche, le rivelazioni del pentito Biagio Grasso, il “geometra” di Borella che entra in contatto con i Romeo-Santapaola, già attivi nel settore del gioco d’azzardo, e li convince a investire nell’immobiliare.
Hanno difeso gli avvocati Nunzio Rosso, Franco Rosso, Salvatore Silvestro, Nino Favazzo, Nino De Francesco, Tino Celi e Antonello Scordo.