Come ti spalmo i dati in ritardo per evitare che gli indici schizzino. Nelle intercettazioni il paradosso tutto siciliano della risposta della Regione agli errori nella gestione dell'emergenza covid
Spalmare, aggiungere, diminuire. Far quadrare i dati per recuperare i ritardi nelle comunicazioni, per attutire il peso degli errori nel caricamento dei dati sulla costruzione degli indici. Evitare, per esempio, che 27 morti “dimenticati” in un anno vadano a incidere sul rapporto coi positivi e il numero dei tamponi effettuati in un solo giorno, facendo così schizzare il rapporto tra positività e decessi.
Sono tutte di questo tenore le operazioni compiute nel centro di elaborazione dati regionali che la Procura di Trapani ha intercettato alla Regione nell’inchiesta che ha portato alle dimissioni dell’assessore alla Salute Razza.
A leggere le conversazioni della Di Liberti (nella foto, da InSanitas) intercettate in sei mesi, emerge la difficoltà degli uffici centrali della Regione di ottenere dati rispondenti al vero, e di caricarli evitando che i ritardi e le omissioni incidano sulle elaborazioni finali distorcendo il dato reale. In alcuni casi infatti la Di Liberti chiede di caricare dati in eccesso, altre volte di diminuirli. Insomma calmierarli, tenendo conto del fatto che i dati che arrivano non sono quasi mai aggiornati.
In alcuni casi, i ritardi sono atavici, e i numeri che si accumulano, siano essi positivi, tamponi o deceduti, diventano un numero rilevante. Così, la dirigente si ritrova col problema di dover caricare casi di fatto “dimenticati” fino a quel momento, ma con la preoccupazione di non farli incidere sui rapporti. Da qui la scelta di “spalmarli” nel corso dei giorni successivi. Nell’impossibilità di poter correggere i dati dei giorni passati, la regione Siciliana sembra aver scelto la strategia di correggerli poco per volta, giorno dopo giorno.
“Allora una domanda… siccome abbiamo pochi deceduti a domicilio, deceduti di oggi ne abbiamo 4, vuol dire che se diamo quelli che abbiamo a domicilio non ne abbiamo più da parte, siccome ne abbiamo una sfilza… ne abbiamo 27, che sono vecchi deceduti che non abbiamo mai comunicato eh.. noi aspettiamo autorizzazione se li possiamo comunicarli o meno.”, dice Giuseppe Rappa alla dirigente, che gli risponde di comunicarli, ma gli chiede quanti ce ne sono di effettivi quel giorno.
“Eh.. cominciate a metterne qualche altro per arrivare a 15.. e recuperiamo qualcuno dei vecchi.“, dice la dirigente al collaboratore, che le fa notare: “Ma sono vecchi nel senso che risalgono a marzo – aprile dell’anno scorso (marzo aprile 2020 ndr). Lei trasecola, ma guarda ancora la differenza tra il dato regionale e le tabelle dell’Istituto superiore di Sanità: ” Addirittura! Ma scusa se sono 180 che mancano… non sono 10 o 25!”
“Si ora quelli ora li sto vedendo, perché sto facendo il confronto tra tutti quelli della piattaforma ISS e tutti quelli che abbiamo noi, ma quello è un lavoro che richiede un po’ di tempo, io ho già iniziato con la Provincia di Palermo e devo controllarmi tutte le altre Province.”, ribatte Rappa.
La conversazione è recentissima, risale a qualche settimana fa, ed è probabilmente una di quelle che ha fatto scattare i campanelli in procura a Trapani, convincendo gli inquirenti a procedere con le misure cautelari.
Il giudice per le indagini preliminari di Trapani scrive infatti che non ci sono elementi per attribuire un preciso fine all’abitudine dei dirigenti regionali a “spalmare” i dati, ma c’è comunque la strumentale e costante pratica a farlo, alterando di fatto i dati, fosse anche per far fronte all’esigenza, paradossale, di dare un quadro reale dell’andamento dell’epidemia.
Un paradosso tutto siciliano, insomma, quello che emerge dall’inchiesta trapanese: alterare i dati per far emergere il reale, inquinato ab origine da dati raccolti in maniera inesatta. Per la magistratura di Trapani non è una giustificazione: le tabelle regionali sono falsificate e false, mentre trattandosi di atto informatico ad evidenza pubblica la dirigente avrebbe dovuto caricarli così come arrivavano, tutt’al più allegando una tabella esplicativa.
Anche il caso dei contagi messinesi che a dicembre imbarazzavano l’assessorato – stretto nella morsa mediatica del fuoco acceso da Cateno De Luca e i ritardi nei tamponi delle Asp dovuti all’approssimarsi delle festività natalizie – sembra ascritto a questa logica. La dirigente si rifiuta letteralmente di comunicare 700 tamponi rilevati in un sol giorno, sa benissimo che sono dati cumulati riferiti ad un periodo più lungo, trasmessi in ritardo.
“Però Messina.. il problema Messina è che noi non lo prendiamo da qualche giorno, capisci che succede? Io non so nei giorni precedenti cosa è successo, perché non lo prendiamo più da quando abbiamo iniziato Qualità Sicilia”, spiega Salvatore Cusimano alla Di Liberti.
I ritardi, i difetti nel caricamento e comunicazione dei dati, sono i più diversi, a sentire la dirigente. Un esempio? I rapidi positivi effettuati in qualche comune nei drive in o nelle aree fieristiche, trasmessi alla Regione dalle Asp e conteggiati come positivi. Alla Regione arrivano però anche i tamponi molecolari di conferma, effettuati nei laboratori privati successivamente. La Di Liberti si accorge subito che si tratta di positivi duplicati. Ma quando chiede chiarimenti alle Asp, spiega lei stessa in una conversazione, le viene risposto che l’Asp non è tenuta a caricare dati che i laboratori trasmettono autonomamente.
A dicembre, in corrispondenza delle festività natalizie, nel fine settimana, i tamponi non vengono effettuati, e i dati vengono poi comunicati tutti insieme i giorni successivi.