Bronx, uscito nel 1993 con il titolo originale di A Bronx Tale, è una storia di formazione che racconta un percorso di crescita su cui agiscono, nel più classico degli scontri, le forze del bene e del male, incarnate rispettivamente da Robert De Niro, alla sua prima regia, e da Chazz Palminteri, che ha sceneggiato il film basandosi sulla propria vita. Al centro della contesa si trova il protagonista, Calogero “C” Aniello, interpretato da Francis Capra per le parti da bambino e da Lillo Brancato per le parti da diciassettenne.
Siamo nel Bronx durante l’estate del 1960. Calogero è un bambino di origini italiane, figlio di Lorenzo (De Niro), uomo onesto, conducente di autobus, che porta il piccolo alle partite di baseball e gli proibisce categoricamente di avvicinarsi al “Bippy”, luogo di ritrovo dei malavitosi del quartiere. Si tratta di criminalità caratterizzata da elementi di senso di appartenenza, potere e prestigio, e Calogero, pur molto legato al padre, non può evitare di subire il fascino di Sonny (Palminteri), il boss – o meglio, il “Dio” – del quartiere, e dei suoi ragazzi – in realtà uomini fatti e cresciuti – tutti noti con un soprannome: Tony Toupè, Eddie Muffa, Frankie Cartavetrata, Jimmy Bisbiglio (per cui tutto è un segreto), Denny Ko (a causa della rissosità), Bobby Sbarre (per i lunghi periodi trascorsi in carcere).
Un giorno, Calogero vede Sonny compiere un omicidio per strada. Poco dopo, interrogato dalla polizia in una scena di grande tensione, testimonierà il falso, facendo, come gli dirà il padre, timoroso di eventuali ripercussioni, “la cosa giusta per la persona sbagliata”.
La seconda parte di Bronx sposta la narrazione avanti fino al 1968. Calogero è più distante del padre, e più vicino a Sonny, di cui è diventato il figlioccio. Proprio Sonny, come spesso capita ai cattivi, è il personaggio più interessante di Bronx: il film, coerentemente, ci ricorda che si tratta di un criminale che vive di violenza, instillando la paura negli altri, ma mostra anche un uomo che riconosce il valore altrui, ha letto Machiavelli, e impartisce al protagonista lezioni contrastanti, da “Chi lavora è un fesso” a “Fare del male non è mai una soluzione”.
Nel frattempo Lorenzo, ormai diciassettenne, e i suoi amici sono concentrati soprattutto su due argomenti: le ragazze e i contrasti con gli abitanti di colore degli altri quartieri. Mentre la questione razziale degenera, proprio Sonny proporrà un punto di vista saggio e progressista, ma questo non impedirà – altro classico – l’intrecciarsi di amore e violenza che condurrà a un finale non privo di sorprese.
Il cameo: nel finale – e ancora più brevemente all’inizio – del film appare Joe Pesci, che ha lavorato con De Niro sia in Toro scatenato che in Quei bravi ragazzi.
Il test di Sonny: tra le altre lezioni di Sonny a Calogero, ne troviamo una sul riconoscere la ragazza giusta; “Allora, senti bene. Tu fermi la macchina davanti a lei, ok? Prima di scendere metti la sicura alle portiere… Scendi con calma, vai verso di lei, la accompagni alla macchina, tiri fuori la chiave, la infili e le apri lo sportello. Poi fai salire lei e le richiudi lo sportello, fai il giro passando dietro la macchina e guardi verso di lei. Se lei non si allunga a togliere la sicura per farti entrare, mollala, significa che è una grande egoista, e quello è solo la punta dell’iceberg. Mollala, e mollala alla svelta”. La citazione, diventata poi di culto, è naturalmente stata resa desueta dall’apertura centralizzata delle automobili.
La citazione: ancora più nota della precedente, una frase detta al protagonista del padre: “Non c’è cosa peggiore nella vita del talento sprecato”.
Il triste destino di Lillo Brancato: l’attore (di lontane origini messinesi riscontrabili anche nel nome tipicamente legato alla Madonna della Lettera) che ha interpretato Calogero diciassettenne ha avuto numerosi guai con la legge. Nel 2005 partecipò a una rapina durante la quale rimase ucciso un poliziotto; assolto dall’accusa di omicidio, venne invece condannato per la rapina. Tentò il suicidio in carcere, da cui uscì poi nel 2013, dopo quasi dieci anni di detenzione. In seguito dichiarò che gli sarebbe piaciuto tornare a lavorare con Robert De Niro e Chazz Palminteri per dimostrare di essere cambiato, ma proprio Palminteri rispose ufficialmente di non essere interessato e definì criminale il modo in cui Brancato abbia sprecato il proprio talento (richiamando proprio la citazione di cui sopra).
Perché vederlo: perché Bronx dimostra ancora una volta come la buona narrativa vive di sfumature ricordandoci che nella vita non è tutto o bianco o nero.
Link agli altri suggerimenti de “I film da (ri)vedere”:
“La grande fuga” e il volo verso la libertà di Steve McQueen
Il fascino senza tempo di “Casablanca“
“Il lungo addio” e il giallo che non passa mai di moda
“Le iene” di Tarantino, da opera semi-amatoriale a successo planetario
“Il grande freddo” e la continua ricerca di qualcosa
“L’uomo dei sogni”, quando lo sport incontra la magia
“Via col vento” e i suoi mille conflitti
La disperazione e i tabù di “Un tram che si chiama Desiderio”
“Un mercoledì da leoni”, il surf, il Vietnam e lo scorrere del tempo
“Un anno vissuto pericolosamente”, il fascino di Giacarta e delle domande pericolose