"A mani giunte, sommessamente dico consentiteci di fare le autopsie. E' importante per la prevenzione e per la scienza". Così il prof. Cristoforo Pomara
“Dalla morte si impara. La fisiopatologia della morte è importante per capire cosa è successo, ed anche, me lo faccia dire, per prevenire. Invece, in Italia, che è la patria dello studio autoptico, sono state emesse ben due circolari che hanno di fatto scoraggiato l’esecuzione di autopsie e riscontri diagnostici per i casi di Covid. Lei lo sa che in Sicilia negli istituti universitari su 270 decessi non è stato fatto un solo riscontro diagnostico? E nell’isola ci sono ben 3 istituti di medicina legale…..Lo dico a mani giunte, sommessamente, fateci fare le autopsie, così come avvenuto per l’Ebola, per la Sars, l’Hiv. Solo così potremo dare il nostro contributo”.
Ogni morte ha una storia a sè
Cristoforo Pomara professore ordinario di medicina legale all’Università di Catania, 46 anni, 20 dei quali dedicati con passione e tenacia alla sua opera instancabile di ricercatore, è orgoglioso di un lavoro che “racconta” le storie di chi non c’è più. Ogni morte ha una storia a sé e se non la interroghi non potrai mai trovare l’inizio della fine. La causa del decesso. Insieme ad altri 30 medici legali, anestesisti, anatomopatologi e biochimici delle Università Catania, Foggia, Trieste, Messina Palermo e Catanzaro hanno formato il gruppo dei “ribelli”.
Il divieto di autopsie
Sono medici che hanno letto sbigottiti la circolare del ministero della salute del 2 maggio che confermava la precedente (quella del 1 aprile), impedendo autopsie e riscontri diagnostici sui casi di Covid. Addirittura si invitava l’autorità giudiziaria a limitare le richieste di esami alla sola ispezione cadaverica esterna. Pomara, con alle spalle 115 pubblicazioni di natura scientifica, 4 libri, articoli pubblicati nelle più importanti riviste scientifiche del mondo, non si rassegna al fatto che l’Italia si è fatta un autogol, non usando uno strumento che invece avrebbe potuto dare tante risposte ed essere di supporto al mondo medico che combatte in frontiera il virus. Peraltro la stessa Oms ha evidenziato l’importanza dell’obbligatorietà degli esami autoptici.
Il lockdown della scienza
“In guerra si usano tante armi- prosegue Pomara– non capisco come non sia stato possibile usare anche questa. Invece ci hanno lasciato ai box. C’è stato il lockdown della scienza a livello internazionale. In Italia poi se con una circolare scoraggi le autopsie e consenti solo un esame esterno di fatto entri addirittura a gamba tesa. Se non fai indagini post mortem non puoi avere la causa esatta del decesso che invece è utile per determinare il percorso dell’infezione. Senza dati non abbiamo neanche modo di avere la possibilità come comunità scientifica di dare il nostro contributo. Invece è proprio dalla ricerca e dai dati che nascono le risposte. Mettendo in rete, come stiamo facendo oggi, sette, otto, nove istituti di medicina legale per confrontare i singoli risultati avremmo potuto creare una banca dati, studiare un numero significativo di casi.
Dagli errori s’impara
“Adesso ci stiamo riuscendo- prosegue-, sia pure in misura minima ma devo dire veramente grazie alla magistratura italiana che ha deciso di autorizzare i primi esami autoptici. Nel frattempo ad Amburgo le autopsie per i casi di covid sono obbligatorie e c’è uno studio in corso di grande rilevanza, peraltro finanziato dallo Stato. Io dico, dagli errori si impara. Ripeto, il nostro Paese ha compiuto uno sforzo grandioso e lodevole contro il virus ma è stato un errore scoraggiare fino ad ora la pratica autoptica, ma possiamo cambiare direzione. Fare come ad Amburgo e rendere obbligatorie le autopsie per i casi sospetti. Si chiama prevenzione, le pare poco? Si può fare prevenzione ed epidemiologia. Invece in Italia è stato come se improvvisamente si dicesse ai radiologi di non fare TAC”.
I cadaveri non tossiscono
Le motivazioni che hanno spinto il ministero a non autorizzare gli esami autoptici sarebbero legate alle esigenze di sicurezza per i medici legali. Ma, come chiarisce il professor Pomara, ogni autopsia prevede protocolli di sicurezza. I cadaveri peraltro non tossiscono e non emettono saliva. Ad effettuare gli esami sarebbero potuti essere solo gruppi ristretti o medici più esperti ed infine si sarebbero potute creare sale attrezzate esattamente come avvenuto con le strutture covid, con costi minori.
L’autopsia è una fotografia
Il professor Pomara insieme al gruppo di colleghi “ribelli” hanno pubblicato un interessante articolo sul “Journal of clinical medicine” su quella che, correttamente, definiscono un’opportunità mancata. “Su 9.709 articoli scientifici redatti, solo 7 hanno riportato indagini istologiche. Di questi 7 sono state descritte solo due autopsie complete e la causa della morte è stata elencata come Covid-19 in una sola di esse. La morte per Covid 19 – o con Covid 19 – è ancora un’incognita legata a quadri variabili. In tale contesto l‘autopsia è una ‘fotografia’ di quanto accaduto nell’organismo umano e di quali siano state le effettive cause del decesso, ed è proprio l’autopsia, partendo dall’accertamento delle cause, a fornire elementi per poter poi definire quali siano le terapie migliori in caso di malattia“, sostiene Cristoforo Pomara, dell’università etnea, che ha coordinato il lavoro dei medici Monica Salerno, Francesco Sessa, Amalia Piscopo, Angelo Montana, Marco Torrisi, Federico Patanè, Paolo Murabito e Giovanni Li Volti.
Lo dobbiamo ai nostri defunti
“Sia chiaro, io non vorrei fare neanche un’autopsia perché questo vorrebbe dire che non ci sono più morti per il virus. Ma se non sai nulla sull’evento finale come fai a prevenirlo? C’è stata una mortalità incredibile, proprio per questo, sommessamente dico, ripensate questa circolare, perché, dio non voglia, dobbiamo essere preparati a capire come prevenire, come incidere. Lo dobbiamo ai nostri defunti e alle loro famiglie. Ripensiamoci. L’autopsia è uno strumento d’individuazione precoce di malattie non note. Sfido chiunque nel mondo a contraddire questa mia affermazione. Il mio Paese ha una grande tradizione in questo settore e deve mantenerla, per questo il mio è un appello”
Dalla morte s’impara
L’emergenza è globale e proprio per questo tutte le “armi” in campo devono essere utilizzate, la comunità scientifica non può permettersi di fare a meno di nessuno strumento utile alla ricerca. Non a caso nell’articolo pubblicato sul si ricorda che dalla morte s’impara e “questa lezione ereditata da pionieri della medicina non dovrebbe mai essere dimenticata. È giunto il momento di gridare contro questo terribile lockdown della scienza: autopsia, autopsia, autopsia!”.