I sovrani di Troia a Messina? La storia di Astianatte

I sovrani di Troia a Messina? La storia di Astianatte

Daniele Ferrara

I sovrani di Troia a Messina? La storia di Astianatte

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sabato 25 Gennaio 2020 - 07:45

C'è un filo che potrebbe unire i Dardaniti, fondatori di Troia a Messina. Ecco quale....

Che cosa lega la Casata dei Dardanidi, i sovrani di Troia, a Messina?

Innanzitutto parliamo di questa illustre dinastia leggendaria. I Dardanidi – così detti dal capostipite Dardano, figlio nato in Arcadia di Zeus e della pleiade Elettra – regnarono dapprima nell’omonima Dardanio, poi fondarono Troia e la governarono in qualità di Re dei Teucri fino alla sua distruzione; sopravvissuti nella persona di Enea trasferendosi in Italia, si divisero in due rami, uno dei quali fu quello dei Re Latini di Alba Longa dai quali venne Romolo, fondatore e primo Re di Roma; l’altro ramo fu la gens Giulia, che diede a Roma molti personaggi illustri e i suoi più grandi imperatori, nonché i primi sovrani dei Britanni (attraverso Bruto figlio di Silvio, si dice). Una casata apparentemente estinta, in Anatolia, in Italia e in Britannia.

Astianatte, l’erede al trono

Nella storia nota, la loro sopravvivenza attraverso i momenti critici avvenne quasi sempre per rami cadetti, in principio perché l’erede diretto di Dardano era Astianatte figlio dell’impavido e piissimo Ettore, figlio di Priamo – l’ultimo Re dell’opulenta Troia –, ancora infante durante la guerra. Il vero nome del nipote di Priamo era Scamandrio ma gli fu imposto dalla popolazione a motivo della gloria di suo padre il nome di Astianatte (Astyanax, cioè “Re della città”), nulla presagendo del suo fato. La maggior parte delle fonti antiche racconta la terribile morte di Astianatte: quando la città fu espugnata dagli Achei (tra il 1260 e il 1180 a.C.), il piccolo fu preso da Neottolemo figlio d’Achille con la complicità di Ulisse e lanciato dalle mura di Troia. Una sorte orribile per chiunque, a ragion maggiore per un bambino, colpevole solo d’essere l’erede al trono.

Qui inizia la nostra storia

Eppure c’è una tradizione, apparentemente sorta dal nulla non si sa quando, per la quale Astianatte non morì a Troia. Lo scenario sarebbe plausibile anche senza le teorie elaborate in seguito, tutte diverse: Neottolemo non aveva mai visto il bambino, dunque non poteva riconoscerlo come figlio di Ettore e ucciderlo in quanto tale, perciò l’implacabile acheo credette d’avere ucciso il principino e così disse, ma dalle mura aveva precipitato un altro innocente; già ne Le troiane di Euripide, mamma Andromaca veniva messa al corrente del piano di Ulisse per uccidere il figlioletto, ed ecco come avrebbe potuto provvedere a dargli scampo. E qua inizierebbe la nostra storia: seguiremo la versione data prima da Matteo Maria Boiardo nell’Orlando innamorato e poi da Ludovido Ariosto nell’Orlando furioso.

Astianatte a Messina

O perché nascosto dalla madre in un sepolcro e poi recuperato da un amico di Ettore, o perché risparmiato in extremis da Ulisse, Astianatte giunse a Messina, che già esisteva – com’è noto – da quasi seicento anni. Il giovane principe riuscì a prenderne il controllo e ne diventò il re. In terra di Sicilia, la sua prima impresa fu la guerra contro Agrigento, governata dal gigantesco Agranore, che riuscì a sconfiggere e a uccidere in battaglia. Così il Re di Messina liberò dalle oltraggiose avances la bella Regina di Siracusa, e la sposò.

Divenuto un re potente, Astianatte assalì con la sua flotta la Grecia per vendicarsi di quanto patito e assediò Argo e Corinto devastandone le terra, pieno d’impeto e d’orgoglio; ma Egisto, l’usurpatore miceneo, lo uccise a tradimento.

L’assedio di Messina

Svincolato il Peloponneso dall’attacco, gli Achei portarono la guerra in Sicilia e assediarono Messina da ogni parte. I Messinesi, che si erano rifiutati di consegnare la Regina, incinta, patirono massacri da parte degli invasori, ma ella riuscì ad attraversare lo Stretto e a partorire a Reggio un figlio che chiamò Polidoro. Si narra poi che la linea di Polidoro si trasferì a Roma, dove si scisse in due case che migrarono ulteriormente: dall’una sarebbero discesi i Costantiniani e poi i Carolingi, dall’altra Ruggiero e dunque gli Estensi, il cui stemma – aquila bianca in campo blu – si diceva fosse lo stesso emblema dei Dardanidi.

Se Astianatte prima della dipartita avesse dell’altra prole rimasta a Messina i poemi non ce lo dicono; ma non è impossibile. Si comprenda l’importanza, almeno nella tradizione, d’un lignaggio fra i più nobili e che il pianeta raramente ha ripetuto, destinato a espandersi in tutte le direzioni e reggere le nazioni; l’orgoglio che ne deriva non si può misurare.

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Un commento

  1. Alessandro Fumia 26 Gennaio 2020 02:49

    L’articolo dell’ottimo Daniele Ferrara apre un velo nella storia. Questo argomento non è campato in aria. Gli antiquari messinesi nel seicento l’hanno già trattato, e il punto di domanda finale all’articolo, mi sa che prevede una continuazione. Aspettiamo fiduciosi il seguito.

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