Una pellicola che ripropone la Chicago degli anni '20, con sottofondo di blues.
Approda su Netflix Ma Rainey’s Black Bottom, un film corale destinato ad essere ricordato. Perché sì, è uno di quei film che lasciano il segno. Animato dallo spirito insieme euforico e triste del blues, la pellicola è uno scorcio significativo della Chicago degli anni ’20 ambientato in una sala di registrazione. L’arrivo della band nello studio è l’avvio di un concitato dialogo fra i vari musicisti, nella costante attesa che arrivi Ma Rainey, la cantante, diva del blues.
Ed è proprio il blues ad essere il protagonista della pellicola. «Il blues lo devi sentire», dice Ma Rainey ad un certo punto. È una critica all’industria musicale che vende quel genere musicale senza comprenderlo. Ecco dunque che tutto il film, dall’inizio alla fine, lascia intendere che quella nota di tristezza mescolata all’eccitazione ed entusiasmo – carattere tipico dei brani della tradizione blues – sia comprensibile solo alla luce dell’esperienza dei neri d’America, con il loro bagaglio di sofferenza, discriminazione e desiderio di ricreare quella comunità dalla quale furono inesorabilmente strappati.
Il regista George C. Wolfe ha sapientemente saputo ricreare gli ambienti dell’America di un secolo fa, e gli attori hanno fatto il resto, in particolare Viola Davis come interprete di Ma Rainey (che ha ottenuto la candidatura agli Oscar come migliore attrice protagonista) e Chadwick Boseman, al suo ultimo ruolo cinematografico, come interprete del cornettista Levee (anche lui candidato agli Oscar come miglior attore protagonista). Interpretazioni degne di un grande film, all’insegna del miglior cast afroamericano.
Il film è l’adattamento cinematografico dell’omonima opera teatrale del 1984 di August Wilson, in cui viene affrontato – e il film fedelmente lo propone – il tema dello sfruttamento economico e artistico di cantanti e musicisti di colore da parte dei produttori discografici bianchi. Come riportato nella scheda su Mymovies, «tanto nel Sud della violenza razzista che nel Nord dell’astuto sfruttamento, l’afroamericano è una mucca da mungere o un pollo da spennare. Delle lotte intestine che avvengono nel suo mondo allo yankee del Capitale dal volto “umano” interessa ben poco».
Numerosi i premi ottenuti dalla pellicola: 5 candidature e 2 vittorie ai Premi Oscar (migliori costumi e miglior trucco), 2 candidature e un premio ai Golden Globes, 3 candidature e due vittorie ai BAFTA, 5 candidature a Satellite Awards, 8 candidature e 3 vittorie ai Critics Choice Award, 3 candidature e 2 vittorie ai SAG Awards, 4 candidature a Spirit Awards e 1 candidatura a Writers Guild Awards. Un risultato invidiabile per un film delicato e frenetico, dove tutto è in perfetto equilibrio e niente sembra essere fuori posto.