"Il caso Sindona" in scena: da Patti al potere tra finanza e Vaticano

“Il caso Sindona” in scena: da Patti al potere tra finanza e Vaticano

Tosi Siragusa

“Il caso Sindona” in scena: da Patti al potere tra finanza e Vaticano

sabato 27 Luglio 2024 - 06:30

Regia e drammaturgia di Paolo Gazzarra, è stato apprezzato al Teatro di Tindari

TINDARI – “Il caso Sindona“. Il 23 luglio nel Teatro di Tindari gremito per l’occasione questa densa rappresentazione, ove in forma di racconto drammatizzato è andata in scena, dallo script di Paolo Gazzara, che ne è stato altresì magistrale regista, la narrazione su un noto pattese non proprio senza macchia, venuto agli onori della ribalta per la spregiudicata gestione affaristica, non scevra di connessioni con gli ambienti politici, massoni, religiosi e malavitosi.

“Il caso Sindona da Patti”: un’intricata parabola fra tavoli da bar e ricostruzioni d’epoca

E riecheggiano il nome, la personalità e gli accadimenti intorno a Michele Sindona, che da figlio del migliore fiorista locale, si fece strada mantenendosi, prima quale dattilografo e poi da contabile all’ufficio imposte messinese, e, dopo la laurea in giurisprudenza, in quel di Milano quale avvocato e consulente tributarista.

La scalata lo rese popolare negli ambienti bene, assai richiesto nel campo della pianificazione fiscale e delle esportazioni di capitali.

La rapidissima ascesa, favorita dalla forte ambizione, lo condussero dagli ambienti milanesi che contano alla finanza vaticana.

Il faccendiere intraprese contatti con la mafia, e segnatamente con uno dei capi della cupola, Joe Adonis, che voleva stabilire connessioni tra il gangsterismo vecchio stampo e il mondo affaristico e politico. Sistemò poi l’attività fiscale e contabile del malavitoso Vito Genovese e instaurò legami con il mafioso Daniel Anthony Porco. Nel 1962 Sindona entrò nella Privata Finanziaria, allora un piccolo istituto di credito, che godrà però della partecipazione al proprio capitale sociale della “Continental International Finance Co”, sussidiaria della “Continental Illinois Nation Bank” di Chicago, presieduta da David Kennedy.

Proprio per il tramite di quest’ultimo prese contatti con Paul Marcinkus, alto prelato americano, entrato a far parte della Segreteria di Stato. Lo IOR (Istituto Opere di Religione), banca del Vaticano, era socio della Banca Privata Finanziaria. Con Nixon Presidente, D. Kennedy divenne Ministro del Tesoro e Marcinkus, pur se digiuno di tecnica bancaria e economia, Presidente dell’Ufficio Centrale dello IOR. Una congiuntura esplosiva davvero, che iniziò ad essere captata dagli organi di stampa. Poi la P2, e nei primi anni 70, ecco altri piani di espansione di Sindona, attraverso il venerabile Maestro di quella Loggia, Licio Gelli.

L’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli

Continuò l’epopea, ma connotandosi di tragiche cadute, culminate nella condanna all’ergastolo, il 18/3/1986, pronunciata dalla Corte d’Assise di Milano per l’omicidio, l ‘11-7-1979, dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, servitore dello Stato, nominato commissario liquidatore delle banche di Sindona, che non aveva ceduto a pressioni e minacce…con esecutore degli ordini del mandante il sicario William J. Aricò.

Quattro giorni dopo la condanna venne trovato avvelenato nel super carcere di Voghera, dopo l’ingerimento di caffè al cianuro di potassio, e mai è stato chiarito definitivamente se si trattò di omicidio o suicidio. Tanti potenti avevano provato in tempi pregressi a salvarlo, da Giulio Andreotti a Licio Gelli, passando per il procuratore Generale della Corte d’Appello a Roma: le autorità americane, si disse, non avrebbero dovuto consegnare Sindona allo Stato italiano, in quanto dallo stesso perseguitato per essere un anticomunista. E poi il finto rapimento in Sicilia, con i boss volatilizzati.

La pugna fra l’onesto Ambrosoli e il criminale Sindona è stata al centro della miniserie televisiva “Qualunque cosa succeda”, dall’opera letteraria di Umberto Ambrosoli e dei lungometraggi “Un eroe borghese” e “Giorgio Ambrosoli. Il prezzo del coraggio”, a carattere documentaristico.

Famose ancora le interviste a Sindona di Giovanni Minoli ed Enzo Biagi.

Nella pièce ben congegnata gli snodi intricati vengono via via portati alla luce, attraverso chiacchiere da bar, che partendo dal funerale del padre fiorista, con intermezzo solenne della Banda musicale del Paese “Silvio Grillo”, diretta dal M° Lorenzo Scolaro, che lo omaggia al suono della Marcia Funebre di Chopin, mano a mano  ricompongono il mosaico della esistenza del pattese Michele Sindona, le cui vicende vengono ricostruite a mezzo scambi di battute al  locale Circolo dei Notabili, fra caffè, giochi da tavolo e di carte e amene solitarie letture.

Due figure emergono in particolare, un avvocato e un appartenente all’elite nobiliare pattese, che duettano amabilmente con fine ironia, poi ecco riecheggiare notizie giornalistiche di dettaglio, attraverso comunicati via radio e lo scorrere di proiezioni di filmati d’epoca.

Un concittadino del quale non essere di certo orgogliosi, diversamente dal limpido e specchiato modo di essere dell’avvocato Ambrosoli.

A tal riguardo si evidenzia che si è dovuto posticipare, a causa di disservizi al traffico aereo causati dalla eruzione dell’Etna, il conferimento della cittadinanza onoraria, prefissata per il 24 luglio a Umberto Ambrosoli, a data successiva.

Dai vertici all’abisso, in questa drammaturgia che affascina e intriga, pescando nel torbido delle vicende italiane, segnatamente indagando il percorso esistenziale in definitiva miserrimo di Sindona, in una valida “mise en scene”, alla quale avrebbe dovuto presenziare anche il già richiamato figlio di Giorgio Ambrosoli, divenuto avvocato, politico e saggista, al quale ben si attaglia l’onorificenza preannunciata per l’impegno profuso a livello nazionale nella divulgazione dei valori di legalità.

Tra gli interpreti, la maggior parte non professionisti, spiccano gli assai valenti Marco Conti Gallenti, Angelo Napoli, Claudio Di Blasi e Tommaso Greco.

Ottimo teatro in scena a Tindari

Un plauso anche al direttore delle luci Giovanni Privitera e alla resa dei costumi d’epoca, messa a punto con creatività da Daniele Greco. Le musiche originali e il sound design si sono attestati a Francesco Gazzara.

In conclusione, questa rappresentazione ambientata fra complessi meccanismi di una delle storie più arcinote del nostro Paese, trae la sua forza dalla ben riuscita esplorazione dei fatti, commentati vivacemente anche da parte di persone comuni, che non parlano il linguaggio degli addetti ai lavori ma si mostrano ben addentro rispetto alla conoscenza di luoghi e persone del territorio. Encomiabile, giova ribadire, Paolo Gazzara, che ha firmato drammaturgia e direzione ed è autorevole regista teatrale, con impegno a tutto tondo, e autore televisivo, con fulgida carriera in Rai.

E non si può che lodare, allora, questa ulteriore serata di ottimo teatro -nel solco della Rassegna di pregio, appellata “Umanità” -approntata dal magistrale e creativo direttore artistico Tindaro Granata, unitamente all’Aciap, il cui rappresentante, prima dello spettacolo, ne ha illustrato gli intenti.

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