Il clima più estremo riduce i tempi di ritorno delle grandi alluvioni, cosa rischia Messina?

Il clima più estremo riduce i tempi di ritorno delle grandi alluvioni, cosa rischia Messina?

Daniele Ingemi

Il clima più estremo riduce i tempi di ritorno delle grandi alluvioni, cosa rischia Messina?

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mercoledì 19 Marzo 2025 - 17:35

Questi episodi non sono solo tragedie isolate ma segnali di un cambiamento climatico che sta riducendo i tempi di ritorno di eventi simili

Negli ultimi mesi, l’Europa è stata colpita da una serie di alluvioni devastanti, eventi che hanno messo in luce la crescente vulnerabilità del continente ai fenomeni meteorologici estremi. Dalla tempesta Boris nell’Europa centrale, a Valencia, all’alluvione in Andalusia di oggi (si conta 1 vittima), questi episodi non sono solo tragedie isolate ma segnali di un cambiamento climatico che sta riducendo i tempi di ritorno delle alluvioni, con implicazioni profonde anche per aree come Messina, in Sicilia.

Le recenti alluvioni in Europa

L’autunno e l’inverno 2024-2025 hanno visto un susseguirsi di eventi alluvionali in diverse regioni europee. A settembre 2024, la tempesta Boris ha devastato l’Europa centrale, colpendo Polonia, Repubblica Ceca, Austria, Romania e Slovacchia con piogge eccezionali che hanno causato almeno 24 morti e danni per miliardi di euro. Le precipitazioni, in alcune aree le più intense mai registrate, sono state amplificate dal cambiamento climatico, che ha reso questi eventi circa il doppio più probabili rispetto all’era pre-industriale.

In ottobre, l’Italia ha subito gravi inondazioni, con l’Emilia-Romagna nuovamente sott’acqua per la quarta volta in meno di un anno e mezzo. Uno studio di ClimaMeter ha evidenziato che le tempeste di ottobre 2024 hanno portato fino a 10 mm di pioggia in più al giorno (+25%) rispetto a 40 anni fa, un incremento legato all’atmosfera più calda e umida indotta dal riscaldamento globale.

A novembre, la Spagna sud-orientale, in particolare la Comunità Valenciana, è stata travolta da un’alluvione catastrofica iniziata il 29 ottobre, con oltre 229 vittime e danni incalcolabili. Questo evento, causato da una goccia fredda, ha seguito un’estate di siccità estrema, mostrando le due facce opposte del cambiamento climatico.

alluvioni

Oggi, 19 marzo 2025, l’Andalusia è l’ultima regione colpita. Dopo mesi di condizioni meteorologiche instabili, piogge intense hanno causato esondazioni e disagi, con fiumi come il Guadalquivir sotto pressione. Sebbene i dettagli siano ancora in fase di valutazione, questo evento si inserisce in un pattern di crescente frequenza e intensità delle alluvioni nel Mediterraneo.

Perché il cambiamento climatico riduce i tempi di ritorno?

Il tempo di ritorno di un’alluvione, ovvero il periodo medio stimato tra due eventi di simile intensità, si basa su dati storici e modelli statistici. Tradizionalmente, un’alluvione con tempo di ritorno di 100 anni aveva l’1% di probabilità di verificarsi in un dato anno. Tuttavia, il cambiamento climatico sta alterando questa stazionarietà, riducendo drasticamente tali intervalli.

Il riscaldamento globale, con un aumento della temperatura media di oltre +1,1°C rispetto al periodo pre-industriale (i cambiamenti climatici del passato avvenivano in spazi temporali di millenni, oggi avviene in meno di un secolo), ha intensificato il ciclo idrologico. Un’atmosfera più calda può trattenere più vapore acqueo (circa il 7% in più per ogni grado Celsius), portando a precipitazioni più intense e concentrate.

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Nel Mediterraneo, definito un “hotspot” climatico, le alte temperature marine post-estive alimentano tempeste più energetiche, come dimostrato dagli eventi di Valencia e Andalusia. Inoltre, l’alternanza tra siccità prolungate e piogge torrenziali rende i terreni meno capaci di assorbire l’acqua, aumentando il deflusso e il rischio di inondazioni.

In regioni come l’Europa centrale, l’aumento delle precipitazioni e dell’umidità del suolo ha reso le alluvioni più frequenti, mentre nel sud, nonostante una riduzione media delle piogge annuali, gli eventi estremi si verificano con maggiore intensità. Studi come quello del World Weather Attribution confermano che, con un ulteriore riscaldamento di +2°C, eventi come la tempesta Boris potrebbero diventare il 50% più probabili e il 5% più intensi. Questo trend è evidente anche in Italia, dove l’Emilia-Romagna ha visto tre alluvioni in 18 mesi, un intervallo ben al di sotto dei tempi di ritorno storici di 60-100 anni.

Le implicazioni per Messina

Messina, situata nella Sicilia orientale, è un caso emblematico di vulnerabilità agli eventi alluvionali, resa ancora più critica dal cambiamento climatico. La zona sud della città, tra Scaletta Zanclea, Giampilieri e Santa Margherita, è nota per la sua esposizione a piogge intense, amplificate dall’orografia dei Peloritani e dalla morfologia delle fiumare. L’alluvione di Giampilieri del 1° ottobre 2009, con 37 vittime, è un tragico precedente: un temporale autorigenerante scaricò oltre 350 mm di pioggia (ma potrebbero essere anche più) in poche ore, travolgendo l’area con fiumi di fango.

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Prima del 2000, studi storici stimavano tempi di ritorno di 20-50 anni per precipitazioni di 150-200 mm in 24 ore nella zona di Messina. Oggi, eventi significativi si sono verificati nel 2009, 2015 e il 2 febbraio 2025, suggerendo un intervallo reale di 5-15 anni, ben inferiore ai 100 anni teorici (con i quali vengono realizzate opere infrastrutturali facendo riferimento al vecchio clima). Applicando un fattore di riduzione del 50%, compatibile con le osservazioni mediterranee, un evento da 300 mm potrebbe avere ora un tempo di ritorno di 20-50 anni, mentre per piogge meno estreme (150 mm) si è scesi a 5-10 anni.

Le implicazioni sono molteplici. L’urbanizzazione incontrollata e la fragilità dei terreni alluvionali aumentano il rischio di esondazioni e frane, mentre le infrastrutture obsolete, realizzate per tenere ai vecchi regimi pluviometrici, faticano a gestire volumi d’acqua crescenti.

Il cambiamento climatico, riducendo i tempi di ritorno, non dà tregua per interventi di mitigazione efficaci. A Messina, ciò significa che eventi come quello del 2009 potrebbero ripetersi con maggiore regolarità, con tutte le conseguenze per il suo territorio.

Un commento

  1. Anonimo tranquillo tra un paio di mesi tutti i messinesi si salvano sul ponte 🤣..o forse no?

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