“Il delitto Mattarella”: la memoria come viatico del futuro. Al MuMe il film tutto siciliano

“Il delitto Mattarella”: la memoria come viatico del futuro. Al MuMe il film tutto siciliano

Emanuela Giorgianni

“Il delitto Mattarella”: la memoria come viatico del futuro. Al MuMe il film tutto siciliano

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venerdì 24 Luglio 2020 - 08:00

“Il delitto Mattarella”, primo film italiano nelle sale post Covid, arriva al MuMe. Presentato insieme al regista Aurelio Grimaldi, agli attori David Coco e Antonio Alveario e allo storico del cinema Nino Genovese.

L’ennesimo sold out per la rassegna cinematografica sotto le stelle dell’Apollo e del Mume, Museo Interdisciplinare Regionale di Messina. “Restate al MuMe. Cinema 2020 e non solo” è un successo assoluto. A dimostrare, ancora una volta, il grande apprezzamento del pubblico è la proiezione del film “Il delitto Mattarella” (oggi in replica), anticipata dall’incontro con il regista Aurelio Grimaldi, il protagonista David Coco, l’attore messinese Antonio Alveario e lo storico del cinema Nino Genovese.

Tutto siciliano

Nino Genovese presenta il regista siciliano Aurelio Grimaldi, scrittore, sceneggiatore e regista di diciotto film. Finanziato dalla Sicilia Film Commission, “Il delitto Mattarella” fa del suo centro la sicilianità, con un cast ed una troupe interamente siciliana.

Aurelio Grimaldi è nato a Modica da genitori siciliani, ha vissuto a Luino, in provincia di Varese dai 2 ai 20 anni, per poi tornare in Sicilia, a Messina, dove si è laureato in Lettere con curriculum Storico, correndo ogni volta, dopo le lezioni, come racconta, al cineforum del Don Orione.

“Il momento di lasciare o di tornare in Sicilia è sempre particolare, ha una storia tutta sua, figuriamoci dopo 6 mesi di lontananza. Mi trovavo a Roma a febbraio, per la presentazione del film che sarebbe dovuto uscire a Marzo. Sembrava che le sale potessero restare aperte con il dovuto distanziamento ma due giorni prima della conferenza stampa viene decisa la loro chiusura. Stamattina tornavo a casa contento per l’accoglienza positiva del film, sperando che proprio Messina non mi tradisse, ma non mi aspettavo tutto questo, non mi aspettavo così tanto” ha detto dinanzi all’arena piena del Museo. “Il delitto Mattarella” è il primo film inedito ad arrivare nella sale italiane, dopo la chiusura a causa dell’emergenza Coronavirus.

Un’opera di memoria

Forza motrice del film di Grimaldi è l’amore per la sua terra, accanto alla passione smisurata per quei studi che qui svolgeva: l’amore per la Storia. “Da questo nasce il mio film, senza memoria, senza Storia, nessuna comunità può costruire un futuro. La memoria è il viatico per affrontare con ottimismo e consapevolezza il divenire” dichiara il regista.

Ed, infatti, l’opera di Grimaldi è un grande tributo alla memoria di un uomo troppo a lungo ingiustamente dimenticato, dove la fiction fa posto alla Storia, che si fa immagine e ripresa, delineandosi in precisi dettagli.

“Non pensate a questo film, sebbene drammatico, – continua – come ad una rappresentazione del lato nero della nostra comunità; Piersanti Mattarella ha vinto, perché siamo qui, 40 anni dopo, a parlare di lui e di chi come lui ha cambiato qualcosa. Il suo non è un omicidio enigmatico, sappiamo cosa è successo, adesso dobbiamo svolgere un’opera di memoria”.

Uomo, non eroe

La narrazione si concentra sugli eventi che hanno anticipato l’omicidio a colpi di pistola, il 6 gennaio 1980, a Palermo in Via della Libertà, del Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, appena entrato in auto insieme alla moglie, i due figli e la suocera per andare a Messa.

Il delitto apparve da subito anomalo per le sue modalità, Leonardo Sciascia scrisse di “confortevoli ipotesi”, alludendo ad un legame dell’omicidio con la mafia siciliana.

Il Presidente democristiano godeva a Roma dell’appoggio del Presidente della Repubblica Pertini, ma in Sicilia ostacolava fortemente gli interessi del partito, interferiva sugli affari, svelando gli accordi tra la politica e la mafia che si appoggia, infatti, all’estrema destra romana neofascista per la sua uccisione.

L’obiettivo del film non è celebrare un eroe. Mattarella è stato un grande esempio di politico cui la società di oggi dovrebbe riuscire a prendere esempio, a lui deve tanto il nostro presente, ma il film vuole essere, prima di tutto, un tributo alla memoria dell’uomo Piersanti Mattarella.

Non esiste un uomo buono e un uomo cattivo, questa complessità è presente tanto nella caratterizzazione del protagonista quanto in quella dei suoi nemici. Tocca a noi estrapolare la memoria della sua lezione, dei suoi valori e dei suoi principi, come di quelli di tutte le famiglie delle vittime riuscite a perdonare gli assassini“ spiega il regista.

La storia presenta i fatti, allo spettatore lascia, poi, i giudizi morali. “Nessun uomo ha mai un colore solo, ne può rappresentare uno, ma ne ha smisurati” sottolinea il protagonista siciliano David Coco.

L’onore di farne parte

E precisa: “quando Aurelio mi propose di interpretare Mattarella, non nego ebbi molta ansia per il forte senso di responsabilità verso una figura così carismatica e competente. Ma non potevo non cogliere l’opportunità di far parte di una storia davvero importante per la nostra terra”.

L’attore messinese Antonio Alverario conferma l’onore e la soddisfazione di aver dato voce e volto alla storia, “per la quale sono stato convocato solo due giorni prima di girare, perché David Coco ha consigliato il mio nome, sollevandomi da ogni responsabilità nei confronti di Aurelio Grimaldi che ha detto: “se vai bene sono contento, se vai male me la prendo con David”. Dopo aver ripassato insieme la notte prima, siamo andati a Corleone a girare e spero di sì, che alla fine sia andata bene!” scherza.

Ha, così, inizio la proiezione del film, a tal punto coinvolgente da far continuare, al suo termine, domande e interventi del pubblico.

L’incontro con la famiglia

Tante le domande sui personaggi, dalla complessità della figura di Rosario Nicoletti che, tormentato, si toglie la vita, a quella di Vito Ciancimino e la sua presa di coscienza con la frase “io andrò all’inferno”, o ancora il silenzio di Andreotti, che agisce durante tutta la storia senza proferire parola; ma l’interrogativo più gettonato riguarda la famiglia Mattarella, le sue opinioni sul film, i contatti. 

“Ho incontrato il figlio Bernardo, cui ho posto innumerevoli domande e grazie al confronto con il quale ho modificato due scene. Una su Nicoletti che muore suicida e cui solo Leo Gullotta poteva dare i giusti contorni. E un’altra su tutta la seguenza di Sindona e Spatola, dopo che Bernardo Mattarella mi suggerì semplicemente: “fossi in te farei una riflessione aggiuntiva”.

Il fratello Sergio Mattarella, invece, è il Presidente di tutti gli italiani, non ha mai accettato il ruolo di “fratello di”, non ha mai nominato Piersanti, eccetto per un’occasione in cui ha letto i tanti nomi delle vittime del terrorismo. La figlia Maria Mattarella è segretaria generale della Regione Sicilia, e sono molto felice l’abbia nominata Musumeci, che io non ho votato e probabilmente neanche lei, per la sua garanzia di trasparenza assoluta nonostante gli orientamenti politici diversi. Loro rappresentano le istituzioni, ammesso ci siano stati contatti tra noi, non ne parlerò. Va separata la parte personale da quella politica” risponde il regista.

La questione sul padre

Un altro interrogativo posto al regista è quello sul padre dei fratelli Mattarella, Bernardo, tra i fondatori della Democrazia Cristiana e Ministro del Governo De Gasperi e successivi. Nel film aspettano a Sergio le parole riguardo l’accusa fatta al padre di collusione con la mafia da parte di Danilo Dolci, condannato però in tutti i gradi di giudizio.

“L’impegno di Bernardo Mattarella in contrasto alla mafia è noto e documentato, nonostante ciò le persone hanno ancora dubbi. Non ne parlo nel film, ma ho dedicato lui tutto un capitolo nel mio libro omonimo, raccolgo dati, documenti che testimoniano tutto, non c’è una singola prova di un eventuale gesto in favore della mafia. Fu tra i pochi a votare per la creazione della Commissione parlamentare Antimafia che il partito non voleva. Il problema nasce unicamente dal suo essere stato eletto a Castellammare del Golfo, Comune colluso con la mafia, per cui, sicuramente, parte dei suoi voti saranno stati anche di mafiosi”.

Le tante questioni testimoniano il riuscito obiettivo dell’opera: esercitare la memoria, spingere a ricordare e, ricordando, a pensare. Un grande successo, ma la rassegna non si ferma.

Il programma continua

Il 25 luglio è in programma “Gli anni più belli” di Gabriele Muccino; il 26 luglio “Cena con delitto” e il 30 luglio “Martin Eden”. Il 31 ritorna il regista Paolo Licata per presentare di nuovo il film “Picciridda”, dal romanzo di Catena Fiorello, fresco di Globo d’oro come migliore opera prima.

1 e 2 agosto “La dea fortuna”; il 6 agosto la commedia “TuttAPPosto” con il comico palermitano Roberto Lipari; il 7 agosto “Piccole donne”; 8 e 9 il “Pinocchio” di Matteo Garrone, con Roberto Benigni nei panni di Geppetto.

Il 13 agosto Tutto il mio folle amore”; il 14 “Parasite”; 15 e 16 “Volevo nascondermi”.

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