Dopo la proroga dei giudici di pace, i civilisti chiedono al Ministro misure incisive. Mentre gli avvocati disegnano la riforma della professione. Filloramo: "Governare il cambiamento"
Urgono investimenti immediati nel settore giustizia per una riforma concreta, investimenti in termini di risorse economiche, gestionali, organizzative. Parola dell’Unione nazionale delle Camere Civili che dopo l’apertura del ministro Nordio all’allargamento delle competenze ai giudici di pace e la proroga al giugno 2026, chiede interventi più incisivi per concretizzare la misura.
Investimenti più incisivi per i giudici di pace
“Plaudiamo alla decisione del ministro di concedere la proroga, che è stata una delle principali richieste da noi avanzate in audizione col Guardasigilli. Ma se non vogliamo vanificare l’intervento dobbiamo concretizzare lo sforzo. Allargare le competenze dei giudici di pace, anche a settori con alto grado di contenzioso come le liti condominiali o i sinistri stradali, serve a poco se poi i giudici di pace non hanno aulee adeguate, materiale di cancelleria o cancellieri. Rischiamo cioè soltanto di “spostare” il contenzioso sulla giustizia di prossimità senza abbatterlo concretamente e trovarci di fronte paradossi come quello che, proprio nei giorni del sì del ministro alla proroga, il giudice di pace di Aversa chiude perché i pochi cancellieri rimasti sono in malattia”.
Dove va la professione forense
L’appello è dell’avvocata Rosaria Filloramo, segretaria dell’Unione nazionale delle camere civili, che apre inoltre una riflessione sul futuro della professione forense. E’ di questi giorni infatti l’esame della bozza della riforma della professione, sottoposta agli organi di categoria dal Consiglio nazionale forense.
“La direzione in cui sembra andare la giustizia è chiara: la risposta alla domanda di giustizia da parte dei cittadini deve essere data “fuori dal palazzo”, prima di diventare contenzioso. Questo per rispondere alle esigenze poste dal Pnrr di abbattere il contenzioso e perché non sembra si voglia intervenire in termini di investimenti, che invece ancora sono essenziali. I palazzi si svuotano: i concorsi per i magistrati sono fermi, i reclutamenti di personale anche e il ricorso a risorse aggiuntive, come quelle dell’ufficio del processo e l’implementazione della mediazione, da sole non bastano”.
I numeri della mediazione
Il Ministero della Giustizia ha recentemente diffuso dati che spiegano bene in che direzione sta andando la giustizia, tra aumento dei costi di accesso da un lato e lungaggini dall’altro: nel 2023 le mediazioni iscritte sono 178.182 solo nel 74% dei casi si tratta di mediazione obbligatoria. “Sempre più gente sceglie questa strada ed è comprensibile – spiega Filloramo, già presidente della Camera Civile di Messina – anche se rari, abbiamo in piedi contenziosi anche risalenti al 2011″.
Messina va bene, altrove si arranca
A Messina la situazione non può dirsi critica, chi iscrive una causa può vedersi fissare la prima udienza o ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo tra i 15 giorni e i 2 mesi, comunque in tempi ragionevoli per non fare danno a chi chiede giustizia. Ma ci sono altre zone del paese, per non dire Milano, dove per una udienza bisogna attendere anche un anno. E i costi dei contributi per cominciare una causa sono alti. “Davanti a questo quadro è ovvio che chi abbisogna di far valere un diritto punti alla mediazione, anche se anche in questo settore i costi aumentano”, prosegue la componente del direttivo dell’Unione.
Il futuro dell’avvocatura
“Questo pone una seria riflessione anche alla categoria, nel momento in cui si discute di riforma della professione – affonda la segretaria della sigla che raccoglie le camere dei civilisti di tutta Italia – Sono la prima a credere fermamente nel nostro ruolo nel contraddittorio e nelle aule,non mi piace la direzione in cui si sta andando, con le udienze a trattazione scritta, questo restare sempre più fuori dai palazzi di giustizia. Ma è questo il cambiamento in atto e dobbiamo cambiare pelle se vogliamo governarlo e non lasciarci fagocitare. Dobbiamo aprirci ai nuovi strumenti come quello dell’intelligenza artificiale, dobbiamo andare verso la specializzazione dell’avvocato, alla sua sempre più operatività a livello stragiudiziale, se non vogliamo restare fuori dal mercato. Se queste trasformazioni saranno efficaci o meno, in termini di garanzia del diritto di difesa, lo vedremo col tempo. Intanto, però, è questa la realtà con la quale dobbiamo fare i conti e non possiamo restare arroccati alla sacralità della nostra professione e della toga”.
