Antonio continua a far parte della compagnia "Il teatro per sognare" e fa un appello al Comune: "Serve un progetto lavorativo per reinserirci nella società"
MESSINA – Antonio ama recitare e grazie al teatro, in carcere, ha scoperto la libertà. Quella autentica. Ha cominciato all’interno della Casa circondariale di Gazzi con il progetto “Il teatro per sognare”, ideato e organizzato da Daniela Ursino, presidente di D’aRteventi, dal 2017. E ha continuato anche quando è uscito. Antonio è ora tra gli interpreti principali di “InCanti sacri” (nella foto in basso la presentazione in Curia) e si esibirà stasera in cattedrale, alle 20.30.
Ora gli preme evidenziare un tema centrale, legato al reinserimento in società di chi è stato dentro: “Da un anno e mezzo sono fuori. Frequento i laboratori teatrali e partecipo alle attività di volontariato della Caritas. Io credo molto nell’inclusione sociale dopo il carcere. Ma qui a Messina è davvero dura. La nostra categoria, quella degli ex detenuti, è lasciata ai margini. Non possiamo partecipare ai concorsi perché abbiamo carichi pendenti”.
Continua Antonio: “Mi domando: se tutti i progetti comunali, a Messina, hanno questa barriera, noi come dobbiamo essere inseriti? Si dovrebbe fare un progetto lavorativo specifico per noi, allora, per farci lavorare e rendere compiuto il reinserimento nella società. L’imprenditore privato, se non ti conosce, difficilmente ti dà fiducia. Devono essere le istituzioni pubbliche, il Comune, a creare le condizioni perché noi ex detenuti possiamo godere di una nuova possibilità. Perché, con le attuali restrizioni, non abbiamo nessuna opportunità. Non possiamo lavorare. Gli assessori, i servizi sociali lasciano in disparte la nostra categoria. È molto importante, invece, offrire una possibilità a chi vuole reinserirsi. A chi vuole cambiare vita”.
Antonio ha ragione anche se trovare lavoro al Sud è difficilissimo per tutti. Sarebbe opportuno che i politici proponessero una riforma dei divieti contenuti nei concorsi pubblici per chi ha scontato la pena e ha diritto al reinserimento, quello effettivo. In merito il Comune può fare ben poco se non che attivare iniziative sociali per le quali immaginare una sorta di rimborso spese.
Purtroppo in Italia chi e’ stato giudicato colpevole di qualsiasi reato, non riesce a trovare un lavoro onesto perche’ la societa’ e le istituzioni non danno la possibilita’ di riscattarsi,il condannato resta marchiato a vita anche se ha delle capacita’ professionali che altre persone non hanno,purtroppo in altri paesi come la Germania questo non avviene,si spera che queste problematiche col tempo vengano risolte….