Si sapeva da qualche giorno, ma oggi arriva la notizia ufficiale delle nuove disposizioni che vedranno lo svolgimento di esami esclusivamente in presenza dall’appello di Giugno. Gli studenti non ci stanno e chiedono di essere ascoltati.
Da giorno 17 maggio entreranno in vigore le nuove disposizioni di svolgimento delle attività accademiche dell’Università degli Studi di Messina. In seguito al confronto tra il Senato Accademico ed il Rettore e prorettore dell’Ateneo peloritano, sono emerse le novità a cui attenersi per i prossimi mesi. Conformandosi alle ultime direttive del decreto legge n 52 del 2021, nella giornata del 04/05/2021, l’ultimo decreto rettorale prevede il rientro in presenza per esami, sedute di laurea, attività di tirocinio, e tutto ciò che concerne la ripresa della vita universitaria.
Ciononostante, il problema che viene evidenziato in queste ore tra gli studenti è la questione degli esami, ossia l’esclusività della presenza dall’appello di giugno per tutta la sessione estiva. Una sorta di rivolta si sta alzando nei vari punti di contatto online degli studenti, i quali tra opinioni contrastanti intasano le linee del Rettorato per essere ascoltati, ricevere maggiori informazioni.
La richiesta d’incontro
Nel frattempo i componenti del Senato Accademico hanno richiesto un ulteriore incontro che si è tenuto in data odierna per ribadire nuovamente la necessità di svolgere gli esami in modalità blended (sia in presenza che da remoto). In realtà quello di lunedì è stato un appuntamento senza compromesso. È avvenuto attraverso specifica richiesta degli stessi rappresentati, perché erano a conoscenza che nello stesso giorno si sarebbe tenuta una riunione del CRUS – Comitato Regionale delle Università Siciliane – ed a seguito sarebbero state comunicate le decisioni prese durante la riunione, ossia ciò che attualmente prevede il decreto rettorale.
Il malcontento degli studenti
D’altra parte anche le associazioni studentesche – Atreju, Chirone, Gea Universitas, MUST, Sud – autonomamente hanno avviato una petizione per dimostrare il diffuso malcontento studentesco, raccogliendo più di 5500 firme ed allegandole ad una richiesta congiunta inoltrata al Magnifico con il fine di fissare un incontro per discutere e ritrattare tale provvedimento, che citando anche l’articolo 4 del d.l. 52/2021, sottolineano che non vi è alcuna obbligatorietà, essendo scritto “salva diversa valutazione delle università”.
Cosa pensano gli studenti
Facendo un confronto di opinioni tra gli universitari, è emersa grande confusione e preoccupazione, che siano in sede o fuorisede, che siano prossimi alla laurea o matricole. Tutti nella stessa aleatoria condizione di non capire come affrontare serenamente gli esami di profitto.
Una laureanda di medicina spiega: “Sono una laureanda di medicina e come tutti i colleghi, ho vissuto la pandemia con un forte impatto emotivo, tale che ha inciso molto sulla carriera universitaria, ormai resa piatta, apatica e con mancanza di empatia da parte di ognuno di noi. Io appartengo a quella categoria che si è abilitata online e che non ha frequentato alcun reparto, se non da tesista. Nonostante ciò, ritengo che la strategia blended, per quanto riguarda gli esami, sia l’unica possibile per dare ampio spazio a ciascuno studente di potersi organizzare al meglio, considerando anche eventuali pazienti fragili presenti nelle loro case o nei reparti. Gli esami sono molto più complessi da organizzare in presenza rispetto alle lauree, in cui con una presenza di 5 persone per candidato può essere garantito il colloquio in presenza.”
Lucalberto, studente di giurisprudenza, evidenzia il fatto che la sola presenza a partire da giugno, sarebbe stata fattibile se effettivamente il piano vaccinale avesse rispettato i tempi che erano stati prestabiliti. Lui, come molti altri ritiene che “le lezioni in telematica sono deleterie, è diventato insopportabile questo modus vivendi. Studiare, lavorare, seguire le lezioni sempre e solo davanti al computer tolgono la concentrazione e la voglia di fare, di riuscire. Sicuramente la modalità blended è la soluzione più democratica che si possa prendere, in questo momento. Poi non è detto che da settembre, se tutti dovessimo essere vaccinati, o quantomeno la maggior parte della popolazione studentesca, si possa riprendere completamente in presenza.”
Inoltre emergono incognite e desiderio di chiarimenti tra gli studenti “Sono vaccinata, ma vivo in una famiglia in cui il resto dei membri non lo è: se uno di loro dovesse prendere il COVID, anche io dovrei stare in quarantena/isolamento fiduciario; a questo punto chi mi garantirebbe il diritto di dare i miei esami universitari? Poi: molti dei miei colleghi fuorisede, a causa della pandemia, hanno dovuto lasciare casa; dobbiamo ricordarci che l’emergenza non è solo sanitaria, ma anche economica e c’è chi non può permettersi adesso di affittare una camera o una stanza anche solo per una notte. È giusto mettere questi studenti in difficoltà? È giusto dover “proporre” loro dei viaggi (anche costosi) da chissà dove per sostenere un esame in presenza? È giusto che non si vada incontro alle esigenze di queste persone?” Dichiara Jessica, studentessa di medicina.
E una studentessa di giurisprudenza, Jessica sottolinea la difficoltà negli spostamenti e delle risorse economiche che per molti in questo periodo hanno subito drastici cambiamenti “Io ad esempio adesso abito in Friuli e ogni volta che devo tornare in Sicilia devo sottopormi a tampone. Visto che è obbligatorio, provenendo da un’altra regione, se dovessi arrivare all’aeroporto di Catania e risultare positiva, il dispendio economico ed energetico sarebbe vano. Oppure io potrei anche avere sintomi influenzali e non aver fatto alcun tampone, in quel caso in base alla normativa nazionale vigente non potrei neanche uscire di casa. Cosa si fa in questo caso? Che inizino a fioccare certificati falsi? Durante questa crisi, molti sono stati costretti a cercare lavoro e a trasferirsi fuori regione per mantenersi gli studi. Obbligare le persone in questo momento a tornare di presenza comporta anche un sacrificio economico, che non tutti riescono a sostenere visto che molti hanno i genitori in cassa integrazione.”
Gli studenti stessi si sono mobilitati inviando mail agli uffici del Rettorato ed al Rettore, come Rosella, studentessa di giurisprudenza fuorisede, la quale ha preso il Covid e non è riuscita a sviluppare anticorpi. Lei fa appello alla comprensione dei difficili passaggi che – dalla sua residenza nell’entroterra calabrese – dovrebbe affrontare per raggiungere la sede del dipartimento, aggiungendo le condizioni climatiche e fisiche, che inevitabilmente si presenteranno nel mese di giugno.
Cosa sarà?
Il pensiero, quindi, degli studenti va soprattutto agli studenti fuorisede, i quali si ritrovano a dover riprendere una vita che è stata messa in pausa, ripartendo in una condizione sanitaria ancora critica e senza una concreta possibilità di organizzare viaggio, spese, paure personali. Nessuno critica o toglie la gioia e soddisfazione di celebrare il traguardo tanto atteso della laurea da svolgere in presenza – come già si è fatto la scorsa estate – ma la minaccia di vedere compromesso il proprio percorso, con l’incognita delle eventuali eccezioni dovute alla situazione che potrebbero palesarsi, accresce il malcontento degli stessi che in tutto il periodo di pandemia non rientravano tra le priorità governative. Come d’altronde tutto l’apparato scolastico e culturale del Paese. Parti di una società che sono state trascurate e accantonate.
Ci sarà un cambio di rotta? Rimarrà tutto così com’è? Sicuramente lo sapremo a breve, consapevoli che le richieste degli studenti sono state e sempre saranno al primo posto dell’operato del prof. Cuzzocrea.
quando capirete che l’università di messina va chiusa sarà troppo tardi