Un testo lucido e affilato come una lama veicola le amare confessioni di un Caino dei nostri tempi, per rendere il suo mondo interiore e le drammatiche contraddizioni che lo permeano. Un uomo di mafia, freddo, ironico e crudele, ma anche- a suo modo- umano e sensibile, in uno carnefice e vittima, in un universo stratificato, ove il livello più “semplice” e “immediato”, quello della spietata manovalanza, non è di certo quello peggiore. Lo script, di Claudio Fava, nella originaria composizione romanzata del 1997, ha avuto una nuova veste nel 2014 e un adattamento per il teatro in forma monologante, ove il killer protagonista offre agli astanti i suoi pensieri e il suo vissuto in uno scenario che pare davvero esagerato anche per essere rivissuto. Arrangiamenti classici (il Requiem di Mozart) jazzistici e popolari (Vitti ‘na crozza), composti ed eseguiti dal vivo al piano da una prodigiosa Cettina Donato, sorreggono al meglio il testamento di Caino, e quella partitura complessa riesce a delineare con geometrica precisione i paradossi della mafia di Sicilia, rendendoli per noi” inclusivi”. Se il focus è su Caino/Bruschetta, personaggio archetipico, di encomiabile resa, il flusso artistico ben si propaga a mezzo di una regia di Laura Giacobbe silente quanto ben architettata. E così la piece si dipana in una densa rappresentazione che, mano a mano, restituisce la valenza psicologica, con le sue totalizzanti regole, di un mafioso tipizzato e insieme unico. La speranza non ha diritto di cittadinanza nel mondo di Caino, quanto albergano la disillusione e la rassegnazione alla cieca necessità di infrangere anche i propri più segreti sogni amicali e quei rari frangenti di purezza. In fondo Caino è tragicamente solo a ricomporre con chirurgica precisione, dal proprio punto di vista, le brutture ove è totalmente immerso, tratteggiando sapientemente gli squallidi personaggi di contorno. Noi spettatori non possiamo far altro che sospendere il giudizio, comprendendo appieno ancora una volta quanto errata sia la manichea differenziazione fra bene e male e quanto invece i Caino abbiano in sé piccole particelle degli Abele dell’universo tutto che, a loro volta, non possono certo dirsi incontaminati. Ogni ulteriore tassello, dall’allestimento di Mariella Bellantone, ben congegnato nel suo semplice rigore, ai costumi di Cinzia Preitano, essenziali e caratterizzanti, alle luci di Renzo Di Chio, davvero di ottimo utilizzo a sottolineare le scansioni preponderanti, ai suoni di Patrick Fisichella, fino al progetto grafico di Riccardo Bonaventura, può dirsi abbia al meglio concorso a questa encomiabile produzione di Maurizio Puglisi per “Nutrimenti Terrestri”, definita da Ninni Bruschetta “Monologo con connotati di un western”. Dopo il felice debutto dello scorso anno al Teatro Savio, la partecipazione al Jazzit Fest di Pompei e alle Orestiadi di Gibellina, e questa fortunata e apprezzata anteprima messinese del giorno 7/11 u.s. alla Sala Laudamo, giustamente gremita, lo spettacolo è già in tournee a Catania e andrà poi a Palermo ai Cantieri Culturali alla Zisa e poi a Polistena (RC) e Avola, e nel 2020 a Milano, Roma, Torino, Comiso (RG), Corciano (PG) e Canicattì (AG). E noi messinesi non possiamo che esserne fieri.
Il mio nome è Caino (ma tutti voi non siete certo degli Abele)
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sabato 09 Novembre 2019 - 13:21
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