Lo zio di Sandra ha confessato il delitto ma non il movente. Il dolore della comunità italiana ad Albstadt
MESSINA – Quando il Fato si impegna a tingere bizzarre coincidenze, i toni sfumano subito al nero più fosco e le bizzarrie diventano tragedie. Come per le famiglie di Nino e Francesca, anche per i familiari di Christian Zoda la Vigilia è amara e spenta, lontana dalle luci della festa e della rinascita. Ad Albstadt, la cittadina tedesca dove viveva, le luci sono quelle fioche delle candele, poste a terra sotto un alberello dagli amici di Christian, del padre e delle sorelle, che all’Ansa hanno chiesto il rispetto del loro dolore, pregando di poterlo vivere in silenzio.
A parlare è invece la madre, Maria Cannarozzo, unica rimasta a Messina e che oggi sarà in Germania anche lei. “Voglio la verità – dice ai microfoni di una testata locale – e voglio riportare il corpo di mio figlio a casa, dichiara tramite altri canali”.
Maria racconta di un’amicizia decennale tra il figlio e Sandra Quarta, anzi una fratellanza profonda. Da domenica, giorno in cui Sandra è sparita, Christian si era impegnato nelle ricerche per avere sue notizie. Poi, quella tragica mattina, anche lui è morto. Attorno a loro, in Germania, c’è la comunità italo-tedesca che li ha cresciuti, stretta nel lutto insieme ai familiari.
Dietro entrambi i delitti ci sarebbe Michele Quarta, zio della ragazza, che lo ha confessato alla Polizia, il giorno dell’arresto. Poche parole, solo l’ammissione della colpevolezza, senza spiegarne il movente, prima di chiudersi nel silenzio più duro.