Il neo europarlamentare Pietro Bartolo a Messina, tra applausi ed emozioni

Il neo europarlamentare Pietro Bartolo a Messina, tra applausi ed emozioni

Emanuela Giorgianni

Il neo europarlamentare Pietro Bartolo a Messina, tra applausi ed emozioni

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giovedì 30 Maggio 2019 - 08:00

Pietro Bartolo ha incontrato i messinesi per raccontare il suo libro “Le stelle di Lampedusa”. Nella mattina, gli studenti delle scuole, nel pomeriggio, tutto il pubblico.

“L’orrore, anzi l’Orrore, quello che solo Conrad ha descritto, io l’ho visto, l’ho toccato, ci ho camminato sopra, l’ho dissezionato, ho sentito il suo respiro e ascoltato la sua voce. Me lo sono portato a casa, ogni sera”.

Queste parole dure, aspre, dirette, come pugni nello stomaco, sono al centro di “Le stelle di Lampedusa” di Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, neo Europarlamentare, con grande successo. È il racconto dell’Orrore con la maiuscola, di un tragico destino che nessuno di noi riesce realmente ad immaginare, di un dolore atroce dinanzi al quale non si può fare altro che sentirsi impotenti, l’impotenza è, infatti, altra tematica costante tra le pagine. Ma un Orrore nel mezzo del quale è possibile incontrare anche spiragli di bene, di forza, di grande umanità. Tante figure positive e coraggiose, a partire dall’amatissima moglie Rita, sempre rifugio e porto sicuro, fino alle 4 grandi eroine della storia: Suor Letizia, Suor Teresa, Luisa e Monique. Stelle di Lampedusa. Vere stelle, insieme ai bambini protagonisti della storia, per i quali il cielo brillerà sempre.

Bartolo, votato da oltre 135 mila persone, 115640 provenienti dalla Sicilia, dopo meno di una settimana dalle europee presenta il suo libro proprio a Messina, con due incontri, organizzati molto prima del solo pensiero stesso della candidatura. Sarà al Salone degli Specchi al Palazzo dei Leoni di Messina; nella mattina, con gli studenti dell’Istituto Nautico “Duilio”, del Collegio Sant’Ignazio, del Liceo Classico “La Farina” e della scuola media Mazzini e, nel pomeriggio, in un evento aperto a tutti. La presentazione al Salone, gremito di gente, con i primi posti tutti occupati da giovani immigrati, è organizzata dalla libreria “La casa di Giulia”.

Uno degli impegni di Bartolo è proprio quello di parlare ai giovani, verso i quali le sue parole arrivano immediatamente e vanno a fondo, molto più che negli adulti. Per raccontare la verità, la verità di un viaggio attraverso l’inferno, per cercare la pace, perché, come scrive nel libro, “la gente deve capire e io ho il dovere di raccontare”, una storia troppo spesso disconosciuta nella realtà dei fatti, poiché è più facile esasperare i problemi che l’immigrazione comporta per noi, renderla un’invasione che non esiste, un’epidemia del tutto inventata, piuttosto che attenzionare i problemi che i migranti affrontano per arrivare qui, i loro dolori e le atrocità che vivono. Le uniche malattie che portano sono i segni delle violenze che subiscono, gli stupri, le torture, la loro malattia del gommone, così definita da Bartolo per indicare le ustioni dovute al contatto, sui gommoni, con la benzina che si unisce all’acqua salata.

Insieme a Bartolo, Davide Dinicola, giovane messinese diplomato al nautico, racconta quello con cui convive quotidianamente, dopo aver scelto di abbandonare il lavoro sullo yacht di Briatore per diventare primo ufficiale della nave Mare Jonio. “Mi sono innamorato di una donna incinta di 7 mesi distrutta dalle violenze di quelle bestie, mi sono innamorato di un ragazzo di 17 anni che ha visto morire tutta la famiglia dinanzi ai suoi occhi, di tutti i bambini e gli indifesi che ho visto e accolto, ai quali se chiedi ‘da dove vieni?’ rispondono ‘dall’inferno’. Non voglio raccontare la mia storia ma quella di tutti, siamo tutti migranti, nessuna porta ci può essere chiusa, ma abbiamo perso la capacità di amare, dobbiamo ritrovare l’amore per l’umanità”.

Lampedusa è “l’isola che sta in mezzo a due continenti, troppo lontana da entrambi, frontiera pericolosa di un Mediterraneo in cui, dopo la caduta del muro di Berlino, abbiamo posto un nuovo muro” dichiara Abrano, responsabile regionale della Comunità Sant’Egidio. Emblematica per Lampedusa è la Porta d’Europa, l’opera commissionata a Mimmo Paladino, dove Bartolo si reca spesso, una porta aperta sull’Africa. Ma una porta senza uscio. “Nulla meglio di una porta hai il potere di evocare con tanta chiarezza l’inizio e insieme la fine di ogni viaggio. Nulla meglio di una porta avrebbe potuto ricordare degnamente la fine eroica di tanti esseri umani, neri e bianchi, islamici e cattolici, vecchi e bambini”. Queste parole, tratte dal libro, evocano a pieno quello che Lampedusa è, quello che Lampedusa vive, grandi dolori ma anche grandi meriti. Una terra speciale, colpita da un duro destino ma da un ben più forte valore e Pietro Bartolo è l’uomo che di quella terra ha ascoltato tutte le urla e delle persone che vi cercano rifugio i dolori.

Perché, tiene a sottolineare il medico, “sono persone, non cose, persone con sogni e speranze. La migrazione è un fenomeno da sempre connaturato nell’uomo, è una necessità fisiologica, nasce con lui, non è un problema, l’hanno reso tale. I migranti sono persone, esattamente come noi, desiderose di vivere, di sopravvivere, senza fare del male a nessuno. Il nostro mare, meraviglioso, mare di vita e sostentamento, costituisce l’unica speranza, ma è anche un mare crudele e senza perdono, si prende le loro vite, ma non possiamo permettere che diventi un cimitero” asserisce con vigore.

È vergognoso come un tempo chi salvava vite fosse un eroe, oggi invece deve pagare una sanzione di 5000 euro, deve nascondersi, “ma quei pescatori, a costo di pagare mutui di 80 anni, non verrebbero mai meno al loro dovere umanitario. Sono loro i veri malati, affetti da una malattia che dovrebbe contagiare tutti, l’accoglienza, il rispetto, la cura” continua.

Bartolo vuole far aprire gli occhi, guardare in faccia la realtà, e lo fa con immagini forti, l’ha fatto col film Fuocoammare, riesce a farlo brillantemente con le parole, grazie a “Le stelle di Lampedusa”, e lo fa durante l’incontro, con la semplicità e l’umiltà che lo contraddistinguono, e con le sue foto, fedeli compagne di viaggio. Foto che, come afferma Elena de Pasquale, giornalista operatrice Sprar, “non vogliono urtare la sensibilità ma risvegliarla”.

“Vogliono zittirmi, censurare i progetti cui lavoro, per questo giro l’Italia, per questo sono voluto entrare in politica, devo raccontare la verità e cambiare le cose”. E, per questo, mostra foto di giovani uccisi per asfissia, delle loro infinite bare, dei sacchi che nascondono corpi di bambini, dei loro massacri, di un giovane scuoiato vivo, di un altro ustionato dalla malattia del gommone, “tante volte ho voluto fuggire dinanzi a quell’Orrore, ho voluto dire basta, perché non cambia nulla, non posso farcela più, ma poi torno sempre, sono i figli e i fratelli di ciascuno di noi”. Non mancano neanche, però , immagini capaci di dare forza e speranza, i visi dei tanti bimbi, una di soli 4 anni attenta a proteggere la mamma in tutti i modi, riceve dei biscotti, li sbriciola e consegna a lei; un parto miracoloso per cui Bartolo fu costretto ad usare un laccio della scarpe per legare il cordone ombelicale di una donna, lei non fece neanche un lamento, non disse neanche ‘ah’, solo grazie; una mamma che partorisce da sola e si strappa i capelli per legare il suo di cordone, e dà al figlioletto il nome Pietro; l’abbraccio con una giovane donna, che il medico aveva dato per morta e, invece, è incredibilmente viva e riesce a costruirsi una vita, facendolo sentire veramente, per una volta, un eroe. “Immagini di uomini esattamente come noi, in cui scorre lo stesso sangue rosso” difende con forza Bartolo, “se uscite da qui e andate a raccontarlo agli altri, a chi la pensa diversamente da noi, fate un grande favore all’umanità”.

Bene e male insieme, forza e debolezza, coraggio e paura, speranza e disperazione, di questo parlano le immagini e di questo parla anche il libro “Le stelle di Lampedusa”. La storia di Anila, alla quale si intrecciano le storie di tantissimi altri bambini, Alì, Anaur, Mustafà e la piccola Favour, la cui foto con Bartolo fece il giro del mondo.

Anila è la grande protagonista, arrivata da sola, a 9 anni, per cercare la mamma, ricordando confusamente soltanto le probabili cifre del suo numero di cellulare. La sua storia è ricca di vicende, di alti e bassi, di gioie e dolori, il miracolo di trovare la mamma davvero, ma le infinite difficoltà burocratiche che impediscono il loro incontro. L’amore di Suor Letizia, di Suor Teresa e dell’educatrice Luisa che l’accolgono nella loro casa-famiglia, i successi a scuola, ma poi le crisi, gli incubi del passato, i tentativi di suicido, le paure e la sfiducia verso tutti finché quel sogno riesce davvero a realizzarsi. Una storia a lieto fine, rarissima, quasi unica, ma che serve, in mezzo all’Orrore totale, a dar forza e coraggio. Perché, in fin dei conti, le dice Bartolo, “l’Europa non è poi così grande… almeno per una ragazzina coraggiosa come te”.

A metà tra un romanzo di formazione e un documentario, la storia di Anila fa gioire il lettore con lei, lo fa soffrire con lei, fa venire i brividi e le lacrime agli occhi. L’inspiegabile crudeltà degli eventi stenta a credersi, ma fa fermare a riflettere, lo stile nudo e crudo dell’autore, d’impatto immediato, ma profondo, sensibile, capace di entrare nell’animo umano e scuoterlo, pone il lettore dinanzi la vera faccia dell’allarme migrazione, dinanzi al suo dovere di testimone e agli errori creati dall’ignoranza.

Bartolo, in 30 anni di lavoro, da quando si è diffusa la parola ‘vucumprà’ ad oggi, in cui 7 mila bambini non accompagnati giungono in Italia, ha assistito a tutto come medico, ma prima ancora come essere umano, ascoltando racconti e vedendo immagini che un uomo non dovrebbe vedere mai; ha visto cambiare tante cose, ma mai venire meno il desiderio di libertà. I migranti non sono stupidi, né nemici, né ladri, né assassini, né prostitute, sono semplicemente disperati.

Scrive dei suoi bambini: “autentici, coraggiosissimi eroi, capaci di sopportare il dolore e la paura pur di giungere a destinazione, con il sogno di vedere i loro cari e vivere felici da qualche parte, in un paese senza guerre o persecuzioni. […] Le stelle di Lampedusa sono lì per loro”.

Ma, insieme a loro, grande eroe è lui, è lui la stella più luminosa di Lampedusa. Non ama questo appellativo, si ritiene solo un uomo che fa il suo lavoro, ma la sua eroicità sta proprio in questo, nella grandiosità del suo essere umano.

Indipendentemente da qualsiasi orientamento politico, averlo a Messina, a parlare a grandi e piccini, è un momento di estremo valore, di estrema cultura e di estrema soddisfazione che ci auguriamo sia di buon augurio per il suo sbarco a Strasburgo e, soprattutto, lasci forte in tutti noi il suo insegnamento: “La fratellanza, la solidarietà, abbiamo perso la strada verso questi valori e dobbiamo ritrovarla, per poter tornare ad essere un’Europa forte, partendo proprio qui, da Lampedusa, dalla Sicilia, dall’orgoglio per ciò che abbiamo fatto e per ciò che dobbiamo fare per dare onore all’umanità”.

E l’incontro termina così, tra le lacrime, gli applausi e la sentita ovazione di tutti i presenti e, poi, delle urla: “viva i lampedusani”, “grazie di esistere”.

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Un commento

  1. Io c’ero col dott. Bartolo…sono una sua infermiera e con lui ho toccato con mano questi orrori….c’ero e ci sono ancora e testimonio queste atrocità che lasciano nel cuore cicatrici indelebili.. ..forza dott.Bartolo…tu sai che non sei solo

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