La scelta per motivi di rischio sismico, lodata dal commissario governativo alla Sanità, fin qui non si riflette in atti formali. E tutti restano 'sospesi'
SCILLA – Chiude o non chiude? Difficile dire quale sia con precisione la situazione di queste ore dell’ospedale territoriale “Scillesi d’America”.
La premessa
Due giorni fa, il commissario straordinario dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria Lucia Di Furia ha fatto sapere d’urgenza che le risultanze dei carotaggi Invitalia sulla tenuta antisismica, propedeutici alla trasformazione del nosocomio della Tirrenica reggina in Casa della salute vera e propria, avevano fornito un esito disastroso per l’80-85% dell’intera struttura sanitaria.
I corpi A, B e C andavano perciò chiusi fin da venerdì 23 settembre per via dei gravi rischi per l’incolumità di pazienti e operatori.
Aveva aggiunto, la Di Furia, che entro le 24 ore il reggente di presidio Ernesto Giordano avrebbe fornito tutti i particolari riguardo l’operazione-chiusura (che si sarebbe svolta nelle ulteriori, successiva 24 ore), specie quanto ai reparti da trasferire negli undici locali dell’ “ospedale vecchio” – unica porzione della struttura risultata agibile – o in non meglio precisati siti «limitrofi».
…Sorpresa!
Ieri siamo stati sul posto. E – fin qui – nulla di tutto questo è accaduto.
Gli utenti prenotati tramite Cup (Centro unico prenotazioni) hanno avuto regolarmente erogate le proprie prestazioni, e come sempre decine d’altri pazienti sono affluiti senza passare per il Cup e ugualmente, con alterna fortuna, i sanitari hanno tentato di prestar loro le cure necessarie.
Soprattutto, in atto lo “Scillesi d’America” non ha affatto chiuso; anche se a quanto pare è solo questione di giorni, se non di ore.
Diciamo che manca, allo stato quantomeno, un atto autoritativo di chiusura della struttura, una delibera specifica: come da foto, c’è più che altro una “lettera d’intenti” inviata a un’articolata pluralità di destinatari da parte del commissario dell’Asp reggina.
Secondo autorevoli addetti ai lavori, «non basta assolutamente una nota del commissario per chiudere un ospedale di territorio». Ma, aggiungono altri, «la delibera arriverà».
Contraddizioni
D’accordo, «arriverà»: resta curioso che già vengano trasferiti arredi, attrezzature sanitarie, computer, suppellettili varie nei famigerati undici locali dell’ospedale “vecchio” senza che l’indispensabile atto sia già arrivato. D’altra parte, non c’è nessuno così folle da ritenere che possa restare aperto un presidio ospedaliero sostanzialmente a rischio-crollo in caso di scosse sismiche…
“Scuole di pensiero” diverse, personale non informato
Tra i sanitari c’è chi è convintissimo che il presidio ospedaliero scillese non chiuderà, neppure per un’ora, visto che ci sono gli 11 locali del “vecchio” ospedale nei quali s’alterneranno i vari specialisti per le prestazioni ambulatoriali.
Poi c’è chi invece è sicuro che per forza di cose occorrerà chiudere i battenti, anche perché la nota diramata dalla stessa Lucia Di Furia parla chiaro: chiusura, e chiusura per lunghi mesi volti a riqualificazione e messa a norma. E poi riapertura, sì, ma direttamente come Casa della salute e non più come ospedale di territorio.
Da ultimo, c’è chi dovrebbe dare informazioni al pubblico: e tra questi, a sentire proprio gli utenti, alcuni dicono d’attendere il momento propizio per essere ricevuti a fine visite programmate, altri dicono di tornare magari il giorno dopo, altri ancora di non tornare più perché «tanto, ormai, l’ospedale chiuderà».
Tre “scuole di pensiero” che, in loco, convivono più o meno pacificamente. Ovviamente, tutte informali, visto che il commissario Di Furia non parla né tantomeno autorizza nessuno dei suoi a parlare; e questo ha significato anche non poter documentare (!) il trasloco dei reparti in corso nelle stesse ore in cui ci siamo recati sul posto.
Si potrebbe dire, diversamente, un personale complessivamente “allo sbando” senza sbagliare di molto; anche perché i vari addetti ai lavori, fin qui, non hanno ricevuto alcuna comunicazione ufficiale riguardo a spostamenti e/o chiusure “temporanee” (a parte quanto reso noto dalla Di Furia durante la sua visita allo ‘Scillesi d’America’ di mercoledì mattina).
Adeguare i corpi a rischio? …Quindici milioni, prego
In tutto ciò, sempre “sulla parola” l’amministrazione Ciccone già nel pomeriggio di giovedì scorso s’è mossa. Perché nelle stesse ore in cui il commissario Di Furia divulgava le prime notizie alla stampa, trapelavano robuste indiscrezioni sul possibile dirottamento di alcuni servizi all’ex carcere di Villa San Giovanni (Centro di salute mentale) o all’ospedale territoriale di Gioia Tauro (Radiologia?).
Questo perché la famosa ‘lettera’ del commissario straordinario dell’Azienda sanitaria provinciale (protocollo n. 47241 del 21 settembre) elencava reparto per reparto quelli da riallocare, dalla A di Allergologia alla R di Radiologia.
E del resto, Francesco Valentini – ingegnere del torinese Studio Settanta7, che aveva ricevuto mandato da Invitalia – ha scritto puntualmente, nella sua relazione tecnica, che «l’intervento d’adeguamento sismico su una struttura fortemente ammalorata e perturbata» come i tre corpi di fabbrica A, B e C «avrebbe un esito assimilabile a un ‘accanimento terapeutico’» che sui 10mila metri quadri d’impalcato «restituirebbe, dopo un cantiere lungo e colmo d’incertezze, una struttura obsoleta, sovradimensionata e poco flessibile, con un importo lavori che supererebbe i 15 milioni di euro».
Per cui, «con l’avallo del commissario straordinario questo scenario è quindi immediatamente scartato».
I sopralluoghi del consigliere delegato alla Sanità
Così, il consigliere comunale scillese delegato alla Sanità Mario Patafio – professione, medico di base – «dietro invito del direttore sanitario Ernesto Giordano» ha preso parte alla riunione-sopralluogo coi dirigenti dell’Asp di Reggio Roberto Mittiga e Salvatore Barillaro per individuare nell’ospedale “vecchio”, edificato in muratura, i locali utili per trasferirvi i servizi in atto sistemati nei corpi A, B e C (in cemento armato) dichiarati pericolosi, verificando l’«insufficienza numerica di locali utili rispetto alle necessità».
Tra le ipotesi emerse, quella di spostare fuori dal territorio comunale di Scilla alcuni servizi: a quel punto però – come avrebbe poi fatto lo stesso sindaco Pasqualino Ciccone, che però martedì prossimo, dopo le Politiche, si dimetterà insieme ai suoi assessori e a tutti i consiglieri della sua maggioranza in relazione al nuovo accesso antimafia e alla sua stessa iscrizione nel registro degli indagati nel contesto dell’operazione Nuova Linea – Patafio, previa autorizzazione del primo cittadino, ha effettuato «una serie di sopralluoghi» in siti cittadini con Mittiga, Barillaro, Giordano e il dipendente comunale scillese Salvatore De Marco.
Nelle ex scuole di via Tripi potrebbe essere allocata la Guardia medica notturna festiva e prefestiva; all’ex scuola di Favazzina, il “118” con le ambulanze; all’ex Mattatoio alla Villetta comunale potrebbe essere spostato il Centro di salute mentale. Inidonea invece l’ex scuola elementare di via Marina, per la difficoltà di operare la messa a norma in tempi rapidi.
Le decisioni della Di Furia «cervellotiche e senza confronto»
«Lavoreremo e c’impegneremo per mantenere a Scilla tutti i servizi esistenti», ha scritto Patafio; che però, se tutto andrà come programmato, da martedì 27 non sarà più in carica, così come il sindaco e tutti gli altri amministratori del borgo tirrenico del Reggino.
Nella nota diffusa alla stampa, questo non ha però impedito al fin qui delegato alla Sanità di bollare le scelte operate come «decisioni cervellotiche e adottate senza confronto». Mentre il previsto ‘stop’ allo “Scillesi d’America” risulterebbe «una pagina amara per la Sanità del nostro comprensorio».