Strepitosa perfomance al Palacultura di Messina per la stagione musicale dell’Accademia Filarmonica
MESSINA – Sabato al Palacultura, per la stagione musicale dell’Accademia Filarmonica, il pianista ucraino Alexander Romanovsky si è reso protagonista di un concerto che ha entusiasmato il numerosissimo pubblico presente, presentando un programma dedicato alla musica di Chopin e Rachmaninov. Una strepitosa performance per l’ultimo concerto dell’Accademia intitolato “Buon compleanno Rach!”, dedicato al 150° anniversario della nascita di Sergei Rachmaninov.
La prima parte è stata dedicata interamente a Chopin, del quale il giovane pianista ha eseguito alcuni fra i più celebri capolavori.
Romanovsky ha iniziato la sua performance con la Polonaise-Fantasie op. 61. È l’ultima polacca, l’ultimo monumento eretto alla propria patria da Chopin. Si tratta di una composizione al di fuori di ogni schema, di una tale libertà formale che lo stesso musicista fu a lungo indeciso sul titolo da assegnarle. Nella Polacca Fantasia, ricca di temi, alcuni fra i più belli e toccanti di Chopin, rispetto alle precedenti polacche prevale nettamente l’elemento lirico su quello eroico, e anche lo splendido finale, in cui uno dei temi fondamentali del brano si fa finalmente eroico e liberatorio, alla fine ripiega sommessamente decrescendo, salvo il fortissimo dell’ultimo accordo.
Il pianista ha continuato con due celebri Valzer, il n. 1 e il n. 2 dell’Op. 34. Il primo, in la bemolle maggiore, ha un carattere frizzante, in forma di rondò; il secondo, in la minore, è un brano lento e malinconico, il valzer preferito da Chopin stesso, sicuramente una delle composizioni più intense ed ispirate del musicista polacco.
È stata la volta dello Scherzo n. 2 in si bemolle minore Op. 31. Paragonato da Schumann ad una poesia di Byron, “così tenero, così ardito così pieno d’amore come di disprezzo”, è sicuramente il più popolare dei quattro, molto eseguito, con quel celebre incipit, una terzina che nell’intenzione di Chopin doveva costituire una lugubre domanda, “una casa di morti: è la chiave dell’intera composizione”, affermava, mai soddisfatto dell’esecuzione dei suoi allievi.
La prima parte del concerto si è conclusa con la famosissima “Polacca in la bemolle maggiore op. 53”.
Soprannominata “Eroica”, titolo apocrifo come accade per tutte le composizioni di Chopin, in realtà non sappiamo se e a quale episodio eroico legato alla propria patria si sia ispirato il musicista polacco nel creare un siffatto brano, di straordinaria potenza epica. Cosa si può scrivere ancora della Polacca Eroica? Mi limiterò a ribadire che la grandezza e la fama del brano, sicuramente una delle vette del pianismo romantico, sono dovute, oltre che alla bellezza e l’incisività dei temi, che rimangono scolpiti indelebilmente nella memoria di ognuno, soprattutto alla presenza contemporanea nello stesso capolavoro del sentimento eroico e patriottico e di quello malinconico e nostalgico, le due fondamentali anime della poetica pianistica di Chopin. In particolare, la lunga divagazione melodica, dolcissima, accorata, che precede il gran finale, con il ritorno del tema eroico, costituisce sicuramente uno dei momenti più alti di tutta la letteratura pianistica.
Eccellente e molto equilibrata l’interpretazione di Romanovsky nei brani chopiniani, eseguiti in maniera impeccabile, con padronanza assoluta della tastiera, facendo un uso corretto e misurato del “rubato” chopiniano. Forse un po’ troppo rapida l’esecuzione della Polacca Eroica, in particolare nella parte centrale, con le quartine di ottave ripetute della mano sinistra, mentre Chopin esigeva che il brano fosse eseguito “né troppo veloce né troppo forte” , ma sul “né troppo forte” il pianista ha ottemperato magistralmente alle intenzioni di Chopin.
La seconda parte del concerto ha visto protagonista la musica di Sergei Rachmaninov, omaggiandone il 150° anniversario della nascita.
Il pianista ucraino ha dapprima eseguito tre Preludi dall’Op. 23, forse la raccolta più felice di preludi del compositore russo. Rachmaninov, a differenza dei suoi coetanei russi Stravinsky e Prokofiev, non seguì le strade moderniste delle dissonanze e dei ritmi forsennati, ma si mantenne nell’ambito del filone tardo romantico, epigono quindi di Caikovskij, ma ancor prima di Chopin. Nei Preludi op. 23 troviamo presenti, oltre gli aspetti virtuosistici, soprattutto quelli più lirici propri del pianismo tardo romantico di questo autore, in ragione dei quali è ancora così amato dal pubblico. Romanovsky ha eseguito il n. 2, dal carattere maestoso, di difficile esecuzione dal punto di vista tecnico, il n. 3, dai temi tipicamente russi, e il n. 5, probabilmente il più celebre dei Preludi di Rachmaninov, insieme al n.2 dell’Op. 3.: al primo tema in forma di marcia, in sol minore, dall’irresistibile ritmo un po’ sinistro, segue un dolce tema di carattere lirico e cantabile, per poi tornare al ritmo iniziale con un mirabile crescendo.
Due brevi brani, “Lilacs” Op. 21, n.5, dal carattere etereo e leggero, e “Vocalise” Op. 34, n.14, dall’andamento lamentoso e desolato, hanno preceduto l’ultimo brano in programma, la Sonata op. 36. Si tratta della seconda e più riuscita delle sonate di Rachmaninov. In essa non si riscontrano progressi stilistici nell’ambito delle sonate pianistiche, pertanto il brano non riveste particolare importanza storico/musicale, tanto da meritarsi la definizione da parte di Rattalino, di “Sonata-Studio”, per la presenza di elementi virtuosistici un po’ fine a se stessi.
Straordinaria l’esecuzione del pianista dei capolavori di Rachmaninov, interpretati esibendo una tecnica sbalorditiva, perfettamente a suo agio anche nei passaggi più ardui e rapidi, ma anche una raffinata sensibilità artistica.
Acclamato dal pubblico, Romanovsky ha regalato due meravigliosi bis, due pagine di Chopin fra le più celebri e amate: il Notturno in do diesis minore op. postuma (in realtà il brano reca come titolo “Lento con gran espressione”), un’elegantissima pagina del romanticismo musicale, e il celeberrimo Studio n. 12 dell’op. 10, dal titolo (non attribuibile a Chopin) “La caduta di Varsavia”, brano che ha concluso questo indimenticabile concerto.