Origini delle antiche tradizioni di Carnevale in Sicilia
Non è una sua tradizione peculiare, né ha marcati caratteri di peculiarità, ma il Carnevale in Sicilia ha da sempre una certa importanza. Retaggio di feste ancestrali comuni a tutto il bacino del Mediterraneo (e non solo), il Carnevale è collegato al cominciamento della Quaresima: esso, per sette giorni (di solito), impazza fino al Martedì Grasso che precede il Mercoledì della Ceneri con cui inizia il periodo di digiuno e raccoglimento che prepara alla Pasqua di Resurrezione.
Bisogna rammentare che anticamente l’anno si concludeva con Febbraio e che quindi la celebrazione che oggi è fatta l’ultimo di Dicembre (il decimo mese) aveva luogo in questi giorni, ma con una valenza diversa l’arcaico uso si perpetua ancora: è il Carnevale. Il transito fra un anno e l’altro, come ogni momento di passaggio, è capace di ripristinare le forze ancestrali e dimenticate del Chaos, poiché l’ordine sacro che le frenava è venuto meno, anche se gradualmente si ripristinerà. Un’aggiunta importante proviene dalle Antesterie, che si celebravano fra Febbraio e Marzo per onorare Dioniso, dio della forza vitale e della primavera. Nell’ambiente cristiano il Carnevale si carica anche di un altro significato: esso è lo sfogo preventivo, l’ultimo momento di svago disponibile prima di chiudersi in penitenza per accompagnare gli ultimi quaranta giorni della vita mortale del Cristo.
È interessante un rituale particolare, non esclusivo ma che avviene anche in Sicilia: quello del Re di Carnevale. Normalmente si tratta di un fantoccio che viene riccamente vestito, portato in processione e osannato, poi processato e ucciso. In molte città della Sicilia questo rituale si perpetua da secoli, multiforme proprio come Bacco, ma sempre con uno stesso schema: la figura sfila come maschera portata da un misterioso figurante, poi viene ucciso sotto forma di fantoccio inanimato.
A Termini Imerese la festa è dominata da lu Nannu câ Nanna, coppia anziana di maschere elegantemente vestite, venendo poi lo sposo bruciato; lo stesso Nannu, a Corleone, legge il proprio testamento nella piazza centrale, poi gli viene messa una collana di salsicce ed è arso sul rogo; a Francavilla Re Burlone è prima omaggiato dalla sua corte e poi accompagnato in un corteo funebre per essere sepolto a conclusione della festa fra licenziose allusioni erotiche; ad Avola il colosso schernevole Re Carnevale viene portato in giro con la banda all’inizio della settimana e alla fine viene arso in piazza fra canti e balli, pianto dai Micheli dal volto coperto; a Cinisi ancora arriva lu Nannu, un ometto di paglia che giunge il Sabato, viene vestito e trasportato in un carro allegorico, in seguito muore ed omaggiato con una veglia funebre, quindi se ne legge il testamento e il Martedì Grasso viene bruciato sul rogo e pianto da figuranti vestiti a lutto; a Santa Lucia del Mela il Carnevale, bianco di pelle e di vesti, è sottoposto a un processo burlesco per il suo libertinaggio, e muore, pianto dalle prefiche, poi viene condotto in corteo da Babbaluci bianchi e da loro ignito sul rogo; a Sciacca invece un grande Peppe Nappa incoronato, dopo avere aperto le sfilate, l’ultimo giorno viene dato alle fiamme sul proprio carro mentre la folla danzando lancia martelletti sul rogo.
Queste elencate sono tutte usanze che curiosamente, in maniera dissacrante e parodistica, anticipano gli avvenimenti della Settimana Santa. Il dio primaverile, Dioniso-Bacco, risulta sdoppiato in una versione sacra, cioè il Cristo, e in una profana, il Re di Carnevale: entrambi muoiono ciclicamente e vivificano la natura. La tradizione inoltre rimanda chiaramente all’epoca obliata dei sacrifici umani, quand’era uso che un individuo in carne e ossa venisse vezzeggiato e riverito in ogni modo per un certo periodo, per poi essere immolato come atto di purificazione e propiziazione. È probabile che, quando i soldati di Pilato misero a Gesù un manto rosso e una canna come scettro e lo incoronarono di spine, volessero “renderlo un Re di Carnevale” che presto sarebbe stato ucciso.
Il Re di Carnevale è l’anno trascorso che si congeda, vecchio e grasso; è il dio primaverile che ciclicamente muore per poi risorgere portando nuova vita.
Daniele Ferrara